…non è facile districarsi nel panorama delle tante organizzazioni ed ordini che si occupano della crescita iniziatica… e se guardo ad esempio ai massoni, che più di altri dovrebbero esprimere certe prerogative legate all’iniziazione, con difficoltà riconosco quanto viene descritto…
D: …non è facile districarsi nel panorama delle tante organizzazioni ed ordini che si occupano della crescita iniziatica… e se guardo ad esempio ai massoni, che più di altri dovrebbero esprimere certe prerogative legate all’iniziazione, con difficoltà riconosco quanto viene descritto… G. R: Cara Amica, l’esperienza mi suggerisce che i tanti Ordini exoterici, che servono ad “agghindare” di Patenti tanti piccoli ego, hanno valore sopratutto per chi ha mal compreso il valore dell’ essenzialità che, come ben saprai, è un valore incondizionato. Per questo, chi ha raggiunto questa prerogativa, non abbisogna di titoli roboanti, né di decorazioni ed orpelli per dimostrarne la validità di principio. Per tanto, è mio profondo convincimento, che le tante “forme exoteriche” con cui è stato “ammantato” il Principio iniziatico (unico ad ogni latitudine e longitudine della sfera umana), servono più al lustro dei loro ideatori, che a trasmettere i dettami della ri-conoscenza iniziatica. Ovvero, alla facoltà di ri-conoscere ciò che, interiormente, era una realtà oggettiva a sé stante già nota. Questo, torno a ripetere, è ciò che ho imparato. Seppur nei limiti di questa vita. In linea generale, considero le rappresentazioni exoteriche di Ordini e Chiese più che altro come affari dell’umano interesse. E, se come tu dici, in molti massoni non riesci ad intravedere molto di ciò che viene descritto, questo, probabilmente, è dovuto al fatto che quel Principio iniziatico molti non sanno ancora né cosa sia, né dove sia. Per rivestire di dignità questa grossa lacuna, i burocrati dell’iniziazione ricorrono al paradosso d’immaginare segreti anche dove tutto dovrebbe essere solare. E invece di valutare con sana modestia una prevedibile impreparazione, preferiscono ricorrere all’immodesto “mistero indicibile” al pari dei devozionali, che per mascherare la propria cecità spirituale, ne giustificano la condizione con l’idea di “peccato e punizione”. Tra le frange educate exotericamente di ogni Ordine e Chiesa, si ripete la favola: la Conoscenza della Parola è andata perduta. Appellandosi, così, ad un presunto mistero che invece tanto segreto non è. Se non nella misura in cui si è incapaci di riconoscerne i segni disseminati in ogni dove: tra gli insegnamenti occultati nelle frasi rituali, nei simboli, nelle forme e nei colori degli arredi e dei paramenti e, soprattutto, in ciò che è stato “invisibilmente trasmesso” nelle forme della Volta Stellata, delle Cupole e dei Templi. Va detto, però, che nemmeno i segni sono di fondamentale importanza. Perché, tutte le testimonianze tracciate “attorno a noi” non sono altro che ombre di risposte che ognuno, Uomo e Donna, ha già “dentro di Sé”. E questo vale anche se la presunzione non permette a molti occhi (della mente) di vederle. Quello che impedisce all’osservatore di ri-conoscere certi significati, è il presumere di capire dall’esterno quei significati che sono velati, proprio dalle forme usate per contenerli. Un detto della saggezza ricorda: tra dire e il fare c’è di mezzo il mare! Ed è proprio così. Tanto si parla di iniziazione, ma poco o nulla si fa per comprenderne fini e significati. Di norma i dettami iniziatici vengono vissuti “tutti all’esterno”. Magari impoverendoli di significato, sottoponendoli a graduazioni e riconoscimenti “reciproci”. Ma cosa può contare tra pari “riconoscersi” l’un l’altro una qualche patente iniziatica? Allora non è questa la via. Credo che la via della conoscenza e la via iniziatica siano sinonimi di un illimitato sviluppo interiore che, dalla fallacità della ragione fisica, conduca ad un più ampio orizzonte dato dall’intelligenza empatica ed intuitiva: e questa è solo la soglia che conduce alla cosiddetta Ragion pura. Una via fatta di acquisizioni (espansioni di coscienza) di valori interiori già preesistenti. Tutto ciò che ne risulta al di fuori è solo un riflesso, un’immagine spesso distorta, un’ombra di una realtà coscienziale che, sola, può far travalicare all’essere umano la mediocrità della mente fisica. Attraverso questo dettame bisogna riconoscere ad ogni elemento di sé stessi le giuste proporzioni. Può un ombra valere più dell’essere umano che la riflette? E può esservi un riflesso senza il sole che lo consenta? Rispondere correttamente a questi semplici quesiti, dovrebbe indurre ogni ricercatore (di Sé) a quella sana modestia che nasce dal comprendere le giuste proporzioni d’ogni aspetto di sé stessi e della vita che ci anima. Soprattutto perché senza la vita che vuole animarci, noi, personalità, saremmo solo fantocci di materia inerte. Fraternamente |