Il fatto che il linguaggio sia complesso e ricercato oppure semplice, alla portata anche di chi conosce meno bene l’italiano è una cosa che riguarda il sapere, le nozioni, la scuola. Insomma, si tratta di un qualcosa che sta al livello del cervello, della ragione, mentre la Conoscenza e la Saggezza possono trovarsi anche nelle persone che non sanno leggere, e ci sono tanti esempi di autentici Saggi analfabeti. Usare un “linguaggio colto” non rischia di escludere le persone in base alla loro conoscenza dell’italiano?
D: …quando parlo di “linguaggio colto”…non intendo dire che si debba parlare di ovvie materialità. R: Cara amica, non credo che la “Semplicità” sia parente della pochezza: di linguaggio, di cognizioni, di sapere o di quant’ altro possa essere trasformato in conoscenza. La semplicità è analoga alla Sintesi (vedi). La Sintesi non è mai riduttiva, ma conserva distintamente ogni significato che attrae in un comune centro concettuale. Un concetto complesso, quindi, che per essere rivisitato, deve essere “riaperto” in tutti i significati (ed idee) che ne compongono struttura e sostanza. Questo è quello che mi hanno insegnato ed è a questo a cui mi sono applicato indefessamente prima di poter concepire domande sensate da porre al mio Istruttore. Ed è proprio su queste domande che si è sviluppata gran parte della mia educazione personale. Questo è un buon sistema: domanda-risposta, ancora domanda-risposta e così via fino a esaurimento. Il M. Morya, che citi, ha detto che se essere vegetariani fosse una condizione per diventare iniziati, tutti gli elefanti lo sarebbero. Se la semplicità (che non è una forma d’ingenuità devozionale) poggia sull’ignorare le cognizioni basilari del comprendere, allora, questa semplicità è puro “nulla”. Ma il vuoto-nulla non è il niente. Il vuoto-nulla è una dimensione di coscienza (risultato della rinuncia alle idee profane) di chi è andato “oltre sé stesso”. Il niente, invece, appartiene a quanti sono ancora concentrati nel buio della mente. La mente illuminata è semplice, ma quanti sanno concepirla? Quanti sono nelle condizioni di capire il punto di vista di un buddhi ? Io no. Qualcuno ritiene che per essere accettato da un Maestro, basta nominarlo, adorarlo, bruciando bastoncini d’incenso o cantando litanie. Nulla di più errato. Per essere accettato da una Scuola iniziatica, non bastano le “mani vuote”. Per capirlo, bisognerebbe comprendere il senso delle “prove” a cui è sottoposto un Postulante, o per meglio dire, un Probando. Per nulla semplici, perché sulla “Via del Ritorno” nulla è regalato ed ogni riconoscimento deve essere “guadagnato” con fatti che costano fatica e determinazione. Ed i risultati non sono le chiacchiere o le buone intenzioni di un buonismo solo “parlato”. Conta il superamento degli “ostacoli” che ognuno di noi ha posto sul proprio cammino. Se bastasse “parlarne”, magari quando se ne ha voglia o tempo, perché mai sono così pochi quelli “Toccati” da un Maestro? Dunque, la posizione della semplicità “attendista” non mi trova d’accordo. Credo, piuttosto, in un impegno personale, costante, cosciente, determinato e consapevole. Nulla avviene per caso. Tutto è prodotto da una causa. E la causa maggiore del karma individuale sono i debiti e i crediti dei “tanti noi stessi”. Quindi, sui “tanti noi stessi” dobbiamo agire. Con coscienza, intelligenza: sapendo cosa fare, dove farlo e come farlo. Evitando d’avanzare a casaccio o come se si disponesse di un credito infinito: perché così non è. Ecco perché serve molta consapevolezza. Le condizioni migliori per attraversare “il Labirinto” costruito dai “tanti noi stessi” è sapere dove bisogna andare e cosa fare per raggiungerne il “centro”, ch’è dentro noi stessi, non fuori o altrove. Perciò, credo, come per valicare un passo montano, chi è “meglio attrezzato”, anche nella ragione, abbia maggiori possibilità di accelerare le “fasi” del trapasso verso la libertà. Ma se non si sa, ed è ragionevole pensare che ogni “ultimo sé” non sa un bel niente né del (proprio) prima, né del (proprio) dopo, ecco allora, l’utilità di una Scuola, di un Istruttore o di un Maestro. Che aiutino a “crescere” nell’applicazione costante dell’intelligenza, per aprire mente e coscienza. Semplice! Vero? Fraternamente |