La formazione arabo-islamica di Christian Rosencreutz

Letture d'EsoterismoSono tre le opere che narrano della vita di Christian Rosencreutz e dell’ordine da lui fondato: la Fama Fraternitatis, deß Löblichen Ordens des Rosencreutzes, la Confessio Fraternitatis, oder Bekandtnuß der löblichen Bruderschafft deß hochgelehrten Rosen Creutzes e le Nozze Chimiche, la Chymische Hochzeit: Christiani Rosencreutz, anno 1459. Solo dell’ultima Johann Valentin Andreae (1586-1654) riconobbe la paternità nella sua autobiografia dal titolo Vita ab ipso conscripta. Delle altre due Fama e Confessio, come per brevità le citiamo, Andreae viene ormai ritenuto l’autore, o meglio, uno degli autori.

La formazione arabo-islamica di Christian Rosencreutz

di Maria Franca Frola

Sono tre le opere che narrano della vita di Christian Rosencreutz e dell’ordine da lui fondato: la Fama Fraternitatis, deß Löblichen Ordens des Rosencreutzes, la Confessio Fraternitatis, oder Bekandtnuß der löblichen Bruderschafft deß hochgelehrten Rosen Creutzes e le Nozze Chimiche, la Chymische Hochzeit: Christiani Rosencreutz, anno 1459. Solo dell’ultima Johann Valentin Andreae (1586-1654) riconobbe la paternità nella sua autobiografia dal titolo Vita ab ipso conscripta. Delle altre due Fama e Confessio, come per brevità le citiamo, Andreae viene ormai ritenuto l’autore, o meglio, uno degli autori.

In questa sede il problema della paternità è irrilevante, così come lo è quello della effettiva esistenza della confraternita rosicruciana. Nella introduzione alla edizione italiana della Storia dei Rosacroce di Paul Arnold, Umberto Eco si diletta nello stilare una casistica degli atteggiamenti normalmente tenuti da parte di chi scrive un libro sui Rosacroce, identificandone ben cinque. 1) Chi crede fermamente che esistono, ma non essendo riuscito ad individuarli, pensa che si tratti di una metafora spirituale; 2) chi asserisce di averli conosciuti; 3) chi ne dimostra l’esistenza fisica; 4) chi, sapendo che non ci sono prove della loro esistenza, cerca di documentare la nascita della leggenda; 5) chi dimostra che le quattro categorie precedenti, col loro comportamento, violano le più elementari leggi della filologia. [1]

Per il nostro contributo è sufficiente constatare che le tre opere esistono e su di esse fondiamo il nostro commento. Prescinderemo perciò da ogni tipo di diatriba sull’attribuzione della paternità, da ogni illazione sulla fondazione, lo sviluppo e il vero o presunto valore di una eventuale confraternita e delle sue numerose, e spesso discutibili, filiazioni, che a distanza di quattrocento anni tuttora si autoproclamano sue eredi. Le posizioni intorno al rosicrucianesimo sono infatti le più disparate. Accanto a coloro che negano qualunque valore al fenomeno, del quale pur tuttavia si parla, coesistono posizioni come quella di Rudolf Steiner, che considera Christian Rosencreutz una individualità spirituale, apparecchiata nei mondi sottili, affinché si palesasse al limitare di un’epoca, che stava per scivolare nel più buio materialismo, onde aiutarla a non perdere il contatto con i misteri dell’antichità.

Le tre opere esistono e tanto ci basta.

La Fama (1614), la Confessio (1615) e le Nozze Chimiche (1616) descrivono e sviluppano l’iter iniziatico di Christian Rosencreutz. Le Nozze, nell’arco di sette giorni, che si estendono verosimilmente dal giovedì santo al mercoledì successivo, illustrano simbolicamente il cammino compiuto da Christian dal momento della difficile scelta del sentiero da percorrere, fino alla partecipazione alle nozze del Re e della Regina, ossia alla realizzazione della pietra filosofale. Le Nozze Chimiche sono la descrizione dell’Opus alchemico in sette sue fasi.

La rosa e la croce del nome condensano due archetipi esoterici, la cui spiegazione esula da questo spazio, ma che possono essere, pur brevemente, così identificati: la rosa sta per il cambiamento del colore bianco della materia filosofica al rosso, passando per il citrino, che prende il nome di Venere. (La quinta giornata delle Nozze è infatti dedicata alla visita alla Venere giacente su un letto ordinatissimo e circondato da tende).

La croce sta per il crogiuolo, ma soprattutto per i quattro elementi. La similitudine fra pietra filosofale e resurrezione è in uso in Alchimia. John Dee vi si diffonde nella Monade Jeroglyphica, opera il cui emblema suggella la lettera d’invito alle nozze che Christian riceve nella prima giornata. (Giovanni di Rupescissa e Arnaldo da Villanova usano l’immagine dell’innalzamento del figlio dell’uomo sulla croce per indicare la volatilizzazione della materia).

La Confessio è l’approfondimento dei principi della confraternita, la Fama, il primo manifesto, narra la biografia del fondatore e gli scopi dell’organismo. Organismo e non istituzione, in quanto non se ne è mai reperita una traccia fisica; non solo, i suoi aderenti si proclamavano invisibili. Alla Fama e limitatamente alla Confessio attingiamo dunque gli elementi che descrivono la formazione dell’infanzia e della giovinezza di Christian [2]. Formazione anche grazie alla quale egli poté concepire e diffondere il suo programma di riforma universale.

Iniziamo dal momento della narrazione in cui nella Fama si dice che, dopo molti anni di viaggi, Christian Rosencreutz fece ritorno in Germania. Avrebbe potuto usufruire delle sue conoscenze intorno alla trasformazione dei metalli per ottenere facilmente del denaro, ma prese casa, continuò gli studi di matematica, e poi, dopo cinque anni, si dedicò alla fondazione di un ordine, il cui intento era quello di riformare per intero scienza e filosofia. Prese con sé tre confratelli particolarmente ben preparati, cui diede l’incarico di scrivere con totale fedeltà ciò che egli avrebbe loro comunicato, affinché i posteri potessero venire in possesso delle splendide conoscenze delle quali egli disponeva.

La confraternita era dunque composta da 4 persone di grande saggezza, le quali scrissero un dizionario della lingua magica e la prima parte del Liber Mysterium. Ai primi quattro vennero poi aggiunti altri quattro fratelli, i quali dopo essere stati formati nelle arti e nelle scienze palesi ed occulte si sparsero in tutte le terre. Essi erano collegati fra di loro solo da sei principi fondamentali ed irrinunciabili:

1. Non dovevano avere altro ufficio, se non quello di curare i malati, senza compenso alcuno.

2. Non avere una divisa che li distinguesse, bensì portare l’abito del paese nel quale vivevano.

3. Riunirsi una volta l’anno nel giorno C. presso lo Santo Spirito e giustificare l’assenza in caso di impossibilità a presentarsi.

4. Cercare ciascuno un successore nell’opera, che raccogliesse l’eredità intellettuale.

5. Avere R.C. come unico contrassegno.

6. Tenere la confraternita segreta per cento anni.

La confraternita proseguì i suoi lavori, guarendo malati e scrivendo libri. Un giorno un fratello, che era un buon architetto, prima di partire per la sua missione, compiendo alcune opere di ristrutturazione della sede, scoprì la tomba del fondatore, rimasta segreta per 120 anni. Come si apprende dalla Confessio Christian Rosencreutz era nato nel 1378 ed aveva vissuto 106 anni. Ne deduciamo che egli muore nel 1484 e che la sua tomba torna alla luce nel 1604. Quest’ultima data passa di norma per quella dell’inizio della stesura dei documenti rosicruciani, la cui pubblicazione avvenne più tardi senza il beneplacito degli autori.

La descrizione della cripta presenta un vero rompicapo di architettura esoterica: sette lati, sette angoli. Ogni lato è lungo cinque piedi e alto otto. La volta è divisa in triangoli che dai sette lati convergono al centro. Ogni lato della cripta ha una porta verso un armadio, nel quale sono conservati esemplari di tutti i libri della confraternita. Se per una qualunque ragione l’intero ordine fosse andato distrutto, grazie ai documenti contenuti nella cripta, lo si sarebbe potuto facilmente ricostruire.

I confratelli rimuovono una pesante lastra di ottone e rinvengono, incorrotto ed intatto il corpo di Christian Rosencreutz. Tiene in mano un libricino in oro e pergamena, che si intitola T., e che, dopo la Bibbia , è il loro tesoro più grande. Non è cosa buona sottoporlo al giudizio del mondo. L’ultima pagina contiene una laudatio del fratello e una sua breve biografia. Christian Rosencreutz è un grande del suo secolo, un faro per il futuro e per rivelazione divina e per la sua capacità di indagine e scoperta e per indefessa attività è giunto in possesso di conoscenze umane e celesti di misteri ed arcani, accumulati durante i suoi viaggi in Arabia e in Africa, che non possono ancora essere resi noti. Dopo aver trascorso una vita di più di cento anni al servizio della conoscenza e dell’insegnamento e dopo aver salutato i suoi fratelli C.R. rende l’anima al suo creatore, senza avere mai patito alcuna malattia.

I Rosacroce sono dunque per prima cosa medici e il loro compito è quello di guarire, nel corpo e nello spirito. La confraternita rimane segreta per cento anni. Solo ora che la tomba è stata scoperta si può rendere noto l’ordine e i suoi intenti. C.R. conosce l’arte del trasformare i metalli, ossia l’Alchimia, ma non se ne serve per un uso concreto, bensì unicamente per operare una trasformazione, una riforma delle scienze, delle arti e della filosofia, senza tuttavia comunicare il nocciolo più interno delle conoscenze arcane. Più di una volta nella Fama e nella Confessio gli autori metteranno in guardia dall’alchimia dei ciarlatani e dai libri che offendono la gloria di Dio.

Il punto che a noi interessa è quello in cui l’ultima pagina del librino, scritto a caratteri d’oro, cita i viaggi in Arabia e in Africa che C.R. ha fatto nella sua giovinezza. Torniamo allora all’inizio della Fama, che illustra i luoghi in cui C.R. ha vissuto acquisendovi preziose conoscenze.

Poiché, sebbene nobile, la famiglia era povera, i genitori misero Christian all’età di cinque anni in convento, dove egli apprese il greco e il latino. Dietro sua insistente richiesta fu affidato, giovanissimo al fratello P.a.L., che stava per intraprendere un pellegrinaggio al Santo Sepolcro. Ma il fratello morì a Cipro, senza poter mai giungere a Gerusalemme. Christian anziché tornare indietro si imbarcò per Damasco, con l’intento di continuare poi il viaggio e visitare Gerusalemme. Qui per la filologia si apre un dilemma, che può considerarsi risolto, ma del quale diamo ugualmente notizia, perché importante per il nostro tema. L’edizione della Fama del 1617 scrive:

Obwol aber dieser Bruder in Cypern gestorben/ und also Jerusalem nicht gesehen/ kehret doch unser Fr. C.R. nicht umb/ sondern schiffet vollend hinüber/ und zohe auff Damascum zu/ willens von dannen Jerusalem zu besuchen/ als er aber wegen Leibes Beschwerligkeit alldar verharret/ und wegen deß Artzeneyens (dessen er nicht ohnbericht war) der Türcken Gunst erhielte/ wurde man ohngefehr der Weysen zu Damasco in Arabia zu rede/ was Wunders die selben trieben/ unnd wie ihnen die gantze Natur entdeckt were/ hierdurch wurd das hohe unnd edle Ingenium Fr. C.R. erweckt/ daß ihme JERusalem nicht mehr so hoch/ als Damasco im Sinn lage/ konte auch seine Begierde nicht mehr meistern/ sondern verdinget sich den Arabern/ jn umb sein gewisses Geld zu liefern. [3]

C.R. non tornò indietro, ma continuò il viaggio, si recò a Damascum, per continuare poi per Gerusalemme, ma a causa di una indisposizione fisica si fermò lì e, siccome egli non era senza conoscenze di medicina, si guadagnò il favore dei Turchi. Per caso si venne a parlare dei saggi di Damasco in Arabia e dei prodigi che essi facevano e di come l’intera Natura fosse loro nota. L’alto e nobile ingegno del Fratello C.R. fu così risvegliato che non Gerusalemme, ma Damasco occupava ora i suoi pensieri. Non riuscì più a contenere il desiderio, si accordò con gli Arabi affinché per una somma di denaro ve lo conducessero.

L’edizione della Fama ricostruita da Pleun van der Kooij è la seguente:

Als er aber wegen Leibes beschwerlichkeit alldar verharren, und wegen des Artzneyens (dessen er nicht unbericht war) der Türcken Gunst erhielte, wurde man ungefehr der Weysen zu Damcar in Arabia zu Rede, was Wunders dieselben trieben und wie ihnen die gantze Natur entdeckt were. Hiedurch wurde das hohe und edle Ingenium Frat. C.R. erweckt, daß ihme Jerusalem nicht mehr so hoch als Damcar im sinn lage. Kondte auch seine Begierde nicht mehr meistern, sondern verdinget sich den Arabern, ihn umb gewisses Geld nach Damcar zu lieffern. [4]

Van der Kooij annota che i manoscritti Salisburgo 1610-1613, Gessler 1612 e Wolfenbüttel 1613-1614, per la città in cui Christian si vuole recare scrivono per l’appunto Damcar. La prima edizione (1614) scrive Damasco, ma pone Damcar nella errata corrige. La corretta lettura sarà dunque:

A causa di una indisposizione fisica C.R. dovette sostare a Damasco e grazie alle sue conoscenze mediche si guadagnò il favore dei Turchi. Per caso il discorso cadde sui saggi di Damcar in Arabia, sui prodigi che essi compivano e sul come tutti i segreti della Natura fossero loro disvelati. Il suo ingegno fu a tal punto risvegliato e il suo desiderio così grande, che ormai il suo interesse era rivolto, non più a Gerusalemme, bensì a Damcar. Pattuì una somma di denaro e vi si fece condurre.

D’altro canto nella edizione della Confessio del 1617, contigua a quella della Fama che abbiamo citata per prima, al quinto capitolo si dice che la Confraternita verrà suddivisa in gradi wie die jenigen/ so in der statt DAMCAR in Arabia wohnen/ [5] come coloro che abitano nella città di Damcar.

Il problema sembra essere ormai risolto. Cliccando in Internet su Damcar si può trovare un sito che riproduce [6] la mappa dal titolo Africae Tabula Nova di Abraham Ortelius (1527-1598). Vi si può vedere come nella regione dell’attuale Yemen del Sud vi è luogo chiamato Damcar. Esso corrisponde alla odierna città di Dhamar (al Sud di Sana) sede di un’antica università islamica.

Christian Rosencreutz aveva sedici anni quando giunse a Damcar. Venne accolto dai saggi di quel paese come se lo avessero atteso da molto tempo, tanto che lo chiamarono per nome. Essi erano al corrente anche di molte notizie segrete riguardanti il suo convento. A Damcar Christian studiò l’arabo, e così bene, da poter tradurre l’anno successivo in buon latino il libro M, che poi portò con sé. A Damcar apprese anche fisica e matematica, conoscenze delle quali il mondo potrebbe gioire se in esso regnassero l’amore e non la discordia. Diß ist der Ort/ da er seine Physic und Mathematic geholet/ deren sich billich die Welt hette zu erfreuwen/ wann die Liebe groesser und deß Mißgunstes weniger were. [7]

Dopo tre anni, schiffet er aus dem sinu Arabico in Egypten [8], attraversò il golfo arabico (probabilmente la Penisola del Sinai) e si recò in Egitto dove non si fermò a lungo, ma dove pose grande attenzione alle piante e alle creature. Da lì poi attraversò l’intero Mare Mediterraneo, si recò a Fez, come gli Arabi gli avevano indicato. Ed è una vera vergogna per tutti noi, che i saggi che abitano così lontano l’uno dall’altro non solo siano d’accordo fra loro e alieni da ogni litigio, ma anche siano disposti a rivelarsi i proprio segreti. Infatti gli Arabi e gli Africani si riuniscono ogni anno e si comunicano le loro indagini, per vedere se siano state fatte nuove scoperte, tramite ulteriori esperienze. Tutti gli anni matematica, fisica e magia vengono migliorate. Per la magia i nativi di Fez sono i più preparati. Nemmeno in Germania mancano i maghi, i cabalisti e i medici e i filosofi, ma purtroppo sono in disaccordo fra loro.

A Fez Christian Rosencreutz fa la conoscenza con gli abitanti degli elementi, zu den Inwohnern/ die er Elementaristen zu nennen pfleget [9], i quali gli comunicano molte cose intorno alla loro essenza. C. R. soleva dire che la magia dei nativi di Fez non era pura e che la cabala era inficiata dalla loro religione, ma questo non gli impedì di farne tesoro e di trovare migliori fondamenta per la propria fede, che concorda pienamente con l’armonia dell’intero mondo e su tutte le epoche ha inciso il proprio sigillo. Religione, politica, salute, organizzazione, Natura, lingua, parole e opere sono infatti nello stesso tono e nella stessa melodia di Dio, del cielo e della terra, in gleichem tono und Melodey mit Gott, Himmel und Erde [10], perché come nel nocciolo è contenuto l’albero, così il grande mondo è contenuto nel piccolo uomo, nel piccolo mondo.

Dopo due anni di permanenza a Fez C.R. si recò in Spagna per portarvi le sue nuove conoscenze, e narrò quanto aveva appreso, ma essi trovarono tutto ciò ridicolo e lo ricusarono. Avevano paura che la loro fama dalle nuove scoperte venisse diminuita. Egli allora passò ad altre nazioni, ma ovunque ebbe la stessa accoglienza. Eppure se quelle conoscenze fossero state adottate avrebbero immensamente contribuito allo sviluppo economico e spirituale. Il mondo ebbe comunque fin da allora grandi spiriti che hanno squarciato le tenebre e la barbarie. Erano le punte di un triangolo di fuoco, Trigono igneo, le cui fiamme appiccheranno al mondo l’ultimo incendio. Uno di questi grandi fu Paracelso.

L’itinerario seguito da C.R. parte dunque da un convento sito in un luogo imprecisato della Germania, tocca Cipro, Damasco, Damcar, l’Egitto, Fez, la Spagna, altre nazioni non specificate, per concludersi nuovamente in un luogo non precisato della Germania. C.R. parte molto giovane, giunge sedicenne a Damcar, dove rimane per tre anni. La sosta egiziana è breve. Due gli anni di permanenza a Fez, nell’attuale Marocco. Poco più di cinque anni dura la sua preparazione prima di tornare giovane uomo adulto, dotto e intraprendente nella sua patria, ove stabilirà un punto focale energetico fondando l’ordine dei Rosacroce. Alla partenza per Cipro esce da un convento tedesco, non più specificato da vicino, conosce greco e latino, ha quindi una classica preparazione occidentale.

Preferisce andare a Damcar e non a Gerusalemme, non perché gli interessi maggiormente l’Islam, piuttosto che il Cristianesimo, come comunemente si vuol superficialmente presumere, bensì perché a Damcar incontra la medicina e i Rosacroce saranno per prima cosa medici, come si evince dalla loro regola.

I saggi di Damcar conoscono i segreti del convento di C.R. e attendono da tempo la sua visita. Egli non ha neppure bisogno di presentarsi, perché essi sanno benissimo chi egli sia. Ciò significa che sono collegati nel pensiero, potremmo addirittura dire che pensano telepaticamente, e a quel livello non vi sono diatribe teologiche, ma solo reciproco riconoscimento e conseguente accettazione. Il fatto che la religione dei nativi di Fez, la islamica evidentemente, sia di nocumento alla magia e alla cabala non impedisce a C.R. di fare tesoro senza pregiudizi degli insegnamenti di ambedue, conservando per altro la propria fede.

A Damcar Christian completa la sua formazione con l’apprendimento dell’arabo, che è indispensabile per le acquisizioni delle ultime scoperte in fatto di fisica e di matematica. L’arabo risulta essere la terza lingua irrinunciabile, accanto al greco e al latino. Tutte e tre insieme formano forse quella lingua e quella magica scrittura, per le quali i Rosacroce hanno composto un dizionario?

A Damcar egli viene in possesso del libro M che traduce in latino. Il libro M, probabilmente lo stesso che viene citato più volte nel corso della Fama e una volta come Buch Mysterium, risulta essere la fonte di ogni altra conoscenza.

Di particolare interesse l’incontro di C.R. con gli Elementarischen Inwohnern [11]. È molto probabile che Andreae, o chi per lui, si riferisca alle forze elementari della Natura, sulle quali Paracelso (1493-1541) scrive il trattato, uscito postumo nel 1566, dal titolo Liber de nymphis, sylphis, pigmaeis et salamandris et de caeteris spiritibus . Al testo di Paracelso ne faranno seguito altri come ad esempio il famoso trattato francese: Le comte de Gabalis ou entretiens sur les sciences secretes, edito a Parigi nel 1670. L’Opus mago-cabbalisticum et theosophicum di Georg von Welling (1784) contiene al suo interno, dalle pagine 473 alle pagine 485 un lungo escursus dal titolo Von denen uns unsichtbaren Creaturen in den Elementen . Goethe ai versi 1277-1282 del Faust scriverà:

Wer sie nicht kennte,

Die Elemente,

Ihre Kraft

Und Eigenschaft,

Wäre kein Meister

Über die Geister. [12]

Il concetto parafrasa Agrippa di Nettesheim che in De Occulta Philosophia (1531) scrive:

Atque haec est radix et fundamentum omnium corporum, naturarum, virtutum et operum mirabilium et qui has elementorum qualitates et eorundem mixtiones cognoverit facile perficiet opera miranda atque stupenda eritque consummatus in magia naturali [13].

Ossia: “Questa è la radice e il fondamento di tutti i corpi, delle nature, delle virtù e delle opere prodigiose; e chi conoscerà queste qualità degli elementi e le loro mescolanze, facilmente compirà, porterà a termine opere mirabili e stupende e sarà esperto nella Magia naturale”.

Troviamo fra le righe della Fama, anche se solo accennata la conoscenza dell’armonia delle sfere, concetto di origine pitagorica, che condurrà Keplero a pubblicare nel 1619 il suo Harmonices mundi libri V.

Le nuove conoscenze non vengono accettate né in Spagna, né nelle altre nazioni, non nominate, nelle quali C.R. si reca.

Andreae si diffonde a più riprese nella esecrazione della mancanza da parte dei dotti europei di unione, comunicazione delle loro scoperte, generosità nello scambio dei risultati. Se vi fosse questo reciproco dono non solo si riempirebbero i forzieri di oro e pietre preziose, ma si addiverrebbe anche ad una pacificazione spirituale. Sono qui già in nuce i concetti che impronteranno di sé i successivi tentativi da parte di Andreae di fondare una società cristiana, Fraternitas Christi (1616), Societas Christiana (1619), Unio Christiana (1627). Nella stessa scia è da classificare la Reipublicae Christianopolitanae Descriptio, che uscirà a Strasburgo nel 1616.

Le conoscenze di Christian Rosencreutz al suo ritorno abbracciano non solo la fisica e la matematica, bensì anche i segreti della natura sotto il profilo alchemico. Sono dunque conoscenze di due tipi: essoteriche ed esoteriche. Esse si collocano tutte nell’ambito della scienza e della scienza della natura. Ciò significa anche che, come per Bacone nella Nuova Atlantide (1627) l’armonia tra le nazioni è da ricercarsi nella scienza di ogni tipo e nel suo progredire.

Il viaggio di formazione che C.R. intraprende nelle regioni arabo-islamiche innesta le conoscenze medio-orientali su quelle classiche dell’occidente. Un’utopia, non ancora recepita, 400 anni dopo.

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Note

1. Paul Arnold, Storia dei Rosacroce, Prefazione di Umberto Eco, Bompiani, Bologna 2000 5, pp. 9-10. (torna al testo)

2. Per quel che riguarda le edizioni, per la Fama e la Confessio ci serviamo dell’ultima edizione che le contiene entrambe: Fama Fraternitatis oder Entdeckung der Bruderschafft deß löblichen Ordens deß Rosen Creutzes, Beneben der Confesison oder Bekanntnuß der selben Fraternitet/ an alle Gelehrte und Häupter in Europa geschrieben. Jetzo von mehrern Erraten/ als hiebevorn geschehen/ entlediget/ sensui genuino restituiret, und zum andernmalen druck verfertiget. Sampt dem Sendtschreiben Iuliani de Campis, und Georgii Moltheri Med. D. und Ordinarii zu Wetzlar Relation/ von einer diß Ordens gewissen Person, Franckfurt am Mayn/ bey Joh. Bringern und Johann Bernern zu finden, M. DC. XVII. Per la Fama teniamo conto anche della edizione olandese del 1998 che contiene anche la descrizione dei primi quattro manoscritti precedenti la prima pubblicazione: Fama Fraternitatis, Das Urmanifest der Rosenkreuzer Bruderschaft zum ersten Mal nach den zeitgeneössischen Manuskripten bearbeitet durch Pleun van der Kooij. Mit einer Einführung über die Entstehung und Überlieferung der Manifeste der Rosenkreuzer von Carlos Gilly , Rosenkruis Per, Haarlem 1998. (torna al testo)

3. Fama Fratenitatis oder Entdeckung der Bruderschaft, cit, 1617, p. 11. (torna al testo)

4. Fama Fraternitatis, cit, 1998, p. 74. (torna al testo)

5. Fama Fraternitatis, oder Entdeckung der Bruderschaft, cit, 1617, pp. 43-44. (torna al testo)

6. http://www.antiqillum.com/texts/bg/Qadosh/qadosh043.htm (torna al testo)

7. Fama Fraternitatis, cit, 1617, p. 12. (torna al testo)

8. Fama Fraternitatis, cit, 1617, p. 12. (torna al testo)

9. Fama Fraternitatis, cit, 1617, p. 13 (torna al testo)

10. Fama Fraternitatis, 1617, p. 13 (torna al testo)

11. Fama Fraternitatis, cit, 1998, p. 76. (torna al testo)

12. Chi non conoscesse gli elementi, la loro forza e qualità, non avrebbe mai potere sugli spiriti. (Traduzione mia). (torna al testo)

13. HEINRICH CORNELIUS AGRIPPA VON NETTESHEIM, De Occulta Philosophia, libri tres, edited by V. Perrone Compagni, E.J. Brill, Leiden, New York, 1992, p. 90. (torna al testo)

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