La rivisitazione di un periodo molto importante non solo nella storia della Massoneria, ma in quella europea, deve avere una sua necessità legata all’attualità del momento storico attuale, altrimenti avrebbe soltanto una valenza erudita e specialistica.
La Massoneria europea nella restaurazione
di Vittorio Vanni
La massoneria e la restaurazione europea
La Massoneria europea fra Martinisti, Cristosofi ed Illuminati
La rivisitazione di un periodo molto importante non solo nella storia della Massoneria, ma in quella europea, deve avere una sua necessità legata all’attualità del momento storico attuale, altrimenti avrebbe soltanto una valenza erudita e specialistica.
Noi viviamo oggi in una sorta di tentativo di restaurazione di una società obsoleta precedente al quella che si può definire la rivoluzione mancata del 1968. Il 1° marzo del 1968 a Valle Giulia era presente una volontà di rinnovamento di una società bigotta ed immobile che non aveva artificiosi confini di destra/sinistra. La pericolosità di questa rivolta, proprio per queste caratteristiche, era evidente e l’establishement riuscì immediatamente a politicizzare la tensione evolutiva. Da parte si stabilì che la destra non poteva partecipare a fatti eversivi, dall’altra la radicalizzazione delle Brigate Rosse incanalò in modo criminale le spinte evolutive e spontanee della parte più intelligente della sinistra italiana.
Purtuttavia alcune conquiste civili si affermarono, e sono le stesse che in questo momento politico sono contestate dalla politica clericale.
Per coloro che non l’hanno conosciuta: come era la società prima di queste conquiste? Immaginiamo che non vi fossero ora queste leggi:
- Quanto all’ordinamento penale italiano, la prima innovazione venne dalla Corte Costituzionale, la quale aveva sancito l’incostituzionalità dell’art. 559 c.p., che prevedeva la punizione del solo adulterio della moglie e non anche del marito e del concubinato del marito (sentenze n.126 del 19 dicembre 1968 e n.147 del 3 dicembre 1969, ma in precedenza, nel 1961 si era già espressa in senso opposto). La prima sentenza era seguita, almeno temporalmente, ad un disegno di legge (n.4849, presentato alla Camera dei Deputati il 6 febbraio 1968) dell’on. Oronzo Reale,
- L’istituto del divorzio è stato introdotto nell’ordinamento giuridico italiano con la Legge n.898 del 1970. Tale normativa fu grandemente avversata da parte della componente cattolica della società italiana (in particolar modo dalla gerarchia cattolica) la quale si batté per l’indissolubilità del vincolo coniugale. Infatti, contro questa legge venne presentato un referendum abrogativo, votato il 12 e 13 maggio 1974, che vide la partecipazione dell’87.7% degli aventi diritto al voto. Il NO all’abrogazione vinse con il 59.3% dei consensi.
- Prima del 1978, l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), in qualsiasi sua forma, era considerata dal codice penale italiano un reato (art. 545 e segg. cod. pen., abrogati nel 1978).
Ma le velleità di riportare indietro l’evoluzione civile, sono sempre state sconfitte dalla storia del pensiero e da quella degli avvenimenti.
La restaurazione europea (1815-1830)
Con la denominazione “Restaurazione” si intende un periodo della storia d’Europa successivo alla sconfitta militare di Napoleone Bonaparte, subita a Waterloo il 18 giugno 1815. Nel Congresso di Vienna si tenta di azzerare il sistema politico e sociale costruito dall’Imperatore fin dal 1796, e di ristabilire i principi dell’Ancien Régime. I principi sono ristabiliti sui loro troni, iniziando dal ritorno dei Borboni in Francia.
Nonostante questo tentativo di far indietreggiare l’evoluzione sociale e politica europea, l’Illuminismo era ormai penetrato anche nelle classi dirigenti che appoggiavano la restaurazione monarchica. Il giurisdizionalismo, cioè la dottrina che intendeva far prevalere gli interessi dello stato su quelli religiosi, tipica dell’assolutismo illuminato, già precedente alla Rivoluzione francese, permaneva, in quanto ritenuta utile all’interesse dei troni. Fu riaffermato il principio di legittimità, monarchica, per cui i territori conquistati da Napoleone ritornavano ai sovrani, ignorando il principio della sovranità popolare affermato dalla Rivoluzione francese.
Il Congresso di Vienna, tenuto dal 22 settembre 1814 al 10 giugno 1815, vede la predominanza delle quattro potenze che erano state sconfitte a suo tempo da Napoleone, e cioè il regno di Prussia, l’impero austriaco, quello zarista, oltre all’Inghilterra e la Francia, rappresentata al Congresso dall’eterno Talleyrand (1754-1838), che da ex rivoluzionario e bonapartista rappresentava ora Luigi XVIII di Borbone (1755-1824). Oltre alla ripresa dell’antico potere monarchico, l’atto più importante del Congresso fu la cosiddetta Santa Alleanza che cercherà di porre la basi di un sistema politico per lo più improntato alla repressione feroce di ogni tendenza rivoluzionaria o comunque liberale, perseguitando i popoli europei per più di trent’anni, negando le tendenze delle autonomie nazionali, riaffermando il legittimismo dinastico e i privilegi della nobiltà. Questo principio produsse un ulteriore frazionamento politico dell’Europa, che la politica di Napoleone aveva cercato di unificare.
Anche le antiche Repubbliche scompaiono. In Italia Venezia, Genova e Lucca sono annesse a regni e potentati, il regno di Sardegna viene restituito a Vittorio Emanuele I, che si annette la Liguria. I regni delle due Sicilie passano a Ferdinando I di Borbone, mentre Pio VI torna in possesso dello stato pontificio. La Santa Alleanza, su insistente proposta dello Zar, afferma un principio di collaborazione autocratica basato sulle comuni radici cristiane dell’Europa [1]. Rifiutarono di aderire l’Inghilterra, che non vedeva di buon occhio l’ingerenza della Russia sul continente europeo, e lo Stato Pontificio che non poteva accettare legami con un sovrano ortodosso, un imperatore cattolico ed un sovrano protestante. L’Austria tuttavia, essendo una nazione eterogenea con popoli con forti tendenze irredentistiche, fece accettare il principio che ogni stato era autorizzato ad intervenire nel territorio degli alleati contro ogni tendenza nazionalistica e rivoluzionaria.
Inizia così uno dei periodi più oscuri dell’età moderna europea. Nell’Europa legittimista il papato ristabilisce l’Ordine dei Gesuiti, impone che ogni attività culturale fosse soggetta alla preventiva censura ecclesiastica, che delle opere messe all’Indice fosse considerata illegale la stampa e la diffusione, che l’istruzione fosse un monopolio assoluto delle scuole confessionali. Il tribunale dell’Inquisizione viene ricostituito e operò fino al 1854.
Ma i tempi erano irrimediabilmente cambiati, e l’Ancien Règime non poteva essere risuscitato neanche da un potere oppressivo. I principi espressi dalla Rivoluzione francese erano ormai penetrati nel pensiero delle masse, ed il movimento politico rivoluzionario della borghesia trovava conferme ed appoggio dal sistema capitalistico industriale, ormai affermato e progressivo. Napoleone, nonostante il suo tradimento delle idee democratiche, aveva lasciato un sistema amministrativo e giuridico evoluto [2]. Il movimento letterario del Romanticismo diffondeva a tutti i livelli la prevalenza dell’individualità e del sentimento su ogni moralismo religioso, ed il mito del ribelle e dell’Uno.
La Massoneria, dopo il periodo della cortigianeria imperiale, si occulta, formando una miriade, poco riconoscibile e sfuggente all’occhio del potere autocratico, di piccoli gruppi rivoluzionari. È il tempo in cui lo spirito ed il pensiero, fondamento primo dell’Ordine, deve cedere all’azione, poiché senza libertà esteriore non può sussistere quella interiore.
Dopo la caduta dell’Impero, in cui predominò una Massoneria cortigiana di Napoleone, la Massoneria si disperse. Le forze reazionarie avevano soffocato, ma non spento l’incoercibile desiderio e volontà di libertà ed autodeterminazione dei popoli. Non erano più i tempi in cui la serenità e la perfezione del Tempio Massonico potesse prevalere. Alla volta stellata delle Logge si sostituisce il tetto chiuso della baracca carbonara, in cui il pensiero e l’azione non erano più rivolti alla costruzione del Tempio interiore, ma al compito di “cacciare i lupi dal bosco”. I Buoni cugini, così si chiamarono i Carbonari, con evidente riferimento alla “Fratellanza Massonica avevano scopi politici ristretti e definiti. Questi scopi sono ben descritti da un sonetto declamato in una Vendita di Ascoli :
“Figli di Bruto il brando ormai scuotete
Poiché spunta nel ciel di sangue tinta
Stella, che batte il rio tiranno, il prete.”
Oscure origini della carboneria
http://www.triplov.com/Venda_das_Raparigas/carbonaria_italiana/daniele_failli/origini.htm
(paragrafi trovati al seguente indirizzo)
Non è stato ancora possibile stabilire, con precisione, dove, come e quando sorse la Carboneria, né si potrà forse mai, visto le discrepanze delle più autorevoli fonti storiche oggi note. Il capitolo sulle società segrete di Paolo Giudici riporta che, secondo lo storico Giuseppe Ricciardi le origini della Carboneria sono persino poste nel XI secolo. Lo storico scrive:
“Credesi fondatore di essa un Teobaldo, detto poi Santo, e meritevole di essere esaltato, siccome quegli che moriva da martire. Nacque in Francia Teobaldo nel 1017 nella città di Provins. Fattosi prete in Italia, si ritrasse, indi a poco, in Svezia, provincia germanica, ove dicesi nata la setta, alla quale, morto Teobaldo, non vennero meno le forze, ma invece, si accostarono uomini di ogni ceto. Un catechismo, in forma di dialogo, fu compilato sin da quei tempi e, ad accrescere il numero dei proseliti, in un’età di profonda superstizione, ogni cosa fu involta fra le dottrine e le pratiche del Cattolicismo; ma ciò che fa la Carboneria degna di nota, anzi di somma lode, fin dai suoi principi fu questo, che ad essere accolto nel di lei seno condizione primaria ed indispensabile era una vita incontaminata. I buoni cugini, come si chiamavano fin da allora i Carbonari, eran tenuti strettissimamente ad esercitare l’ospitabilità non solo verso i loro consettari, ma a pro di chiunque loro apparisse perseguitato dalla fortuna, col dargli oltre il letto il mangiare e il bere, cinque soldi ed un paio di scarpe. Ben presto le foreste della Germania, della Franca Contea, dell’Ardesia, del Giuria furono piene di Carbonari, denominati così dalla professione esercitata dal maggior numero dei proseliti della setta, e le loro riunioni assunsero il nome di Vendite. A costituire le quali bastavano tre buoni cugini, undici a farle perfette. Affidabili e caritativi, in tempi tutt’altro che caritativi ed affabili, i Carbonari facevansi voler bene e rispettare da tutti. E la setta durò in questi termini fino agli ultimi anni del secolo scorso, cioè allo scoppiare della rivoluzione francese. La quale commoveva siffattamente i popoli tutti d’Europa che ogni più piccola associazione si mutava issofatto in politica: una tale trasformazione, che fu subita anche dalla Carboneria, ebbe luogo segnatamente in Italia, e in specie nel regno di Napoli, dove alcun ramo della setta esisteva da lungo tempo, anzi forse dal tempo in cui dominò quivi la dinastia degli Svevi”.
Altri scrittori affermano l’origine straniera della setta. Le testimonianze sono discordi sul luogo di nascita della Carboneria: chi la vuole francese, chi svizzera, chi magari tedesca come propaggine della Tungendbund, chi magari spagnola o polacca, chi italiana. Ma tutto porta a ritenere la nascita della Carboneria nel mezzogiornovisto la grande floridità, e il veloce propagarsi in pochi anni per tutta l’Italia.
Come è noto la Carboneria sorse dal seno della Massoneria, con riti, simboli e formule pressoché uguali e c’è chi sostiene che avesse origine nei monti Abruzzesi. A questo riguardo G. Pansa scrive nella Rivista I sigilli segreti della Carboneria Abruzzese:
“il seme sparso durante l’occupazione francese di Giuseppe Napoleone non fu però seme infecondo, si radicò in Abruzzo la setta della Carboneria, ritenuta generalmente una riforma del massonismo, allo scopo di educare il popolo e di distruggere l’influenza del regime borbonico, che mirò poi al riscatto nazionale ed ebbe la virtù di non cedere alle lusinghe dei napoleonidi, che ne volevano trar vantaggio, e la forza e la costanza di resistere alla violenza di Antonio Capese Minutolo, principe di Canosa (1763-1838), ministro di polizia di Ferdinando I delle Due Sicilie, che voleva annientarla”.
Il principe di Canosa costituì nel 1813 la setta segreta filoborbonica dei Calderari. Beniamino Costantini sul libro Carbonari e preti in Abruzzo dal 1798 al 1860, riporta:
“la Carboneria sorta con nobili scopi, presto degenerò e le vendite s’inquinarono di spie e di facinorosi. Vi fu anzi un momento, in cui anche Ferdinando IV si fece carbonaro, poi Francesco I di Borbone; però con l’unico intento di apportarvi il disordine e lo sfacelo. E difatti, accresciuto in modo straordinario il numero degli affiliati, furono stampati i catechismi dell’associazione, divulgati i misteri e si giunse persino a vendere i diplomi al migliore offerente. Ma a paralizzare ancor più l’azione della Carboneria, fu dalla moglie di Ferdinando, Maria Carolina, promossa la setta dei “Calderari”, detta anche la “Caroliniana”, di cui fu organizzatore e capo supremo il principe di Canosa”.
Costantini scrive inoltre: La Carboneria prese il nome dal “carbone” il quale purifica l’aria, e, quando arde nelle abitazioni, ne allontana le bestie feroci. “Pulire il bosco dai lupi” significava, infatti, per i nostri carbonari liberare la patria da stranieri e da despoti.
Secondo il P. Dolce il nome di Carbonari, che era così evidentemente connesso ai Charbonniers o ai Fendeurs francesi, sarebbe dovuto “alla eventuale circostanza di essersi uniti i primi settari in un convento di frati detto di S. Carbone”(!). Per il P. Dolce la Carboneria o Lega Nera (come viene chiamata da Lui), è sbocciata nel Mezzogiorno d’Italia durante la spedizione di Russia o poco dopo, come pura diffusione delle Logge massoniche inglesi.
Nel rapporto del 1815 il Dolce dice che gli inglesi si giovarono degli Illuminati di Germania per creare oppositori a Napoleone. Con i regnanti e nei popoli suscitarono sentimenti di sdegno contro l’autore del blocco continentale. Dove gli inglesi non trovavano dei monarchi, si rivolsero alle popolazioni per mezzo delle società segrete, e si servirono degli Illuminati che non mancavano anche a Napoli, per organizzare le vendite carboniche.
Il Dolce non fu mai stanco di ripetere che il fermento carbonico, sfruttato dai preti e dai Borboni in Sicilia, era principalmente acuito dal machiavellismo britannico, dall’onnipotenza della sterlina, con il richiamo alle costituzioni della Guelfia, concordate nell’ottobre 1813. La Guelfia manifesta in quelle prime costituzioni un odio per Napoleone e la sua dinastia. La Guelfia viene indicata come lo “spiritus rector” della Carboneria, come il sinedrio “d’incogniti superiores” cui la setta subordinata obbediva.
L’Illuminismo napoletano era caratterizzato da una rete di logge massoniche, influenti nell’Italia meridionale. Alcune di queste Logge praticavano il rito inglese, altre i rituali templari di stretta osservanza ma nel 1786 diverranno una filiazione degli Illuminati di Baviera (fonte più importante è il diario del viaggio in Italia del vescovo luterano danese Münter, su istruzione degli Illuminati bavaresi e la corrispondenza successiva con illuminati italiani). Fulvio Bramato nel libro Napoli Massonica nel Settecento scrive:
“La tendenza al razionalismo politico e culturale si trasformò in vera e propria deviazione dai principi basici della Massoneria, quando alcune logge accolsero e professarono idee nate al di fuori di esse. Alludiamo soprattutto a quelle de “Gli Illuminati di Baviera”, un associazione segreta fondata il 1 maggio del 1778 ad Ingolstadt (Baviera) da Adam Weishaupt. Gli scopi del giurista bavarese e dei suoi seguaci erano molto diversi da quelli della Massoneria. Il Weishaupt creò l’Ordine Illuminato con lo scopo di rovesciare e distruggere la società del suo tempo, essendo il principale ostacolo dell’umanità nel tentativo che stava compiendo di tornare alla perfezione primordiale. Dopo un inizio stentato, la setta bavarese riuscì a diffondersi, con la connivenza di alcuni massoni, in una loggia di Monaco e da qui a diffondere il suo messaggio in tutta Europa. Divulgatore in Italia della deviazione “illuminata” della Massoneria fu Friedrich Münter, un giovane e colto pastore luterano”.
Altri storici sostengono che intorno al 1810, nel Regno di Napoli, alcuni ufficiali francesi dell’esercito di Murat si staccarono dalla Massoneria dando vita alla Carboneria, un’associazione segreta di tipo settario.
Le origini della Carboneria vanno ricercate in Francia nella seconda metà del 1700 (Charbonniers: società dei Buoni Cugini), come strumento operativo e reazionario della più famosa Filadelphia. I Filadelfi utilizzavano le forme associative dei bons cousins charbonniers per occultare il progetto politico repubblicano e un progetto militare di congiura anti-bonapartista, (attuato dal colonnello Oudet che poi fallirà con le due congiure di Malet). Queste forme associative offriranno alla Carboneria il modello organizzativo piramidale delle cellule a cinque membri e del consiglio centrale ,”Alta Vendita”, senza comunicazione orizzontale.
Alcuni Filadelfi francesi, funzionari e ufficiali massoni arrivati nel Regno di Napoli, insieme alle Logge napoletane illuminate, negli anni 1792-94, daranno vita ad una rete culturale-politica, producendo un’organizzazione di oppositori al regime in nome degli ideali giacobini. L’organizzazione giacobina napoletana era strutturata senza comunicazione orizzontale su quattro livelli: elementari, deputati, elettorali, club centrale. Tra i Filadelfi è probabile che vi fosse Joseph Briot, ex seguace di Babeuf al quale molti storici attribuiscono la nascita della Carboneria.
Uno di questi è Oreste Dito, massimo studioso della Carboneria (è l’autore del libro “Massoneria Carboneria ed altre società segrete nella storia del Risorgimento”), che alla fine dell’800, trattando di statuti carbonarici rilevati nei costituti del Maroncelli, (iniziato carbonaro a Napoli nel 1815), affermò la derivazione massonica di essi: “…essendoci molto contatto fra le due sette, ed anche perché tra i compilatori degli Statuti Massonici, stampati in Napoli nel 1820, ma che risalgono al 1813, era il Briot, uno degli organizzatori della Carboneria in Italia”.
L’organizzazione dei Carbonari napoletani, strinse relazioni con gli inglesi per ricevere aiuti economici nella lotta contro il dominio Murat e del Bonaparte. Nonostante che le radici provengano dalla Francia e gli aiuti economici dall’Inghilterra, la nascita della Carboneria è da ricercarsi nel movimento giacobino napoletano (che a sua volta deriva dai Massoni illuminati). Nella Rivista Pugliese del 1897, 1904 il De Ninno ha pubblicato un materiale utile per la storia della Carboneria. Secondo lui la Carboneria sarebbe stata una “Massoneria popolare” o meglio anche una “Massoneria trasportata dal campo dell’idea in quello dell’azione”; la Carboneria “meglio rispondeva agli interessi della borghesia”, al sentimento d’indipendenza “che nel Napoletano s’era sviluppato sotto i Borboni”. La Massoneria era diventata “alquanto barbogia” e “incomprensibile alla grandissima maggioranza”, per questo l’abbandono delle Logge, per le Vendite, alle quali molti massoni confluirono.
La Carboneria si diffuse rapidamente in Italia, specialmente in Romagna, in Francia e in Spagna, e fu la principale causa di inquietudine dei governi fino al 1831. Gli appartenenti alla Carboneria – liberali e patrioti – erano soprattutto ufficiali, nobili, membri della borghesia illuminata e liberale, possidenti, commercianti, soldati, artigiani e intellettuali come scrittori, magistrati, avvocati, professionisti, giuristi, impiegati, studenti, vecchi giacobini, sacerdoti, ecc., che volevano instaurare regimi liberali e lottare per ottenere dai sovrani una Costituzione che sancisse i diritti dei cittadini. Lo scopo comune dei Carbonari era sostituire dappertutto le monarchie assolute con monarchie costituzionali; in Lombardia aspiravano alla liberazione dal dominio austriaco e all’indipendenza, e in Romagna ambivano alla fine del potere temporale dei papi. L’articolo di un giornale clandestino, il Quaragesimale Italiano, n.10 del 16 marzo 1819, riporta le riforme alle quali aspiravano ad esempio i Carbonari romagnoli:
“Abbiano i principi italiani e i loro ministri in vista le massime principali oramai conosciute e reclamate da ogni nazione: garanzia della libertà civile e personale; tolleranza di tutti i culti ed abolizione dell’inquisizione; uguaglianza di tutti in faccia alla legge e per conseguenza abolizione di ogni privilegio e dei diritti feudali; rappresentanza nazionale liberamente eletta dal popolo, nella emanazione delle leggi e nella votazione delle imposte; libertà di stampa; responsabilità dei ministri e degli impiegati subalterni; persistenza nell’abolizione della tortura; miglioramento della pubblica istruzione; incoraggiamento all’industria nazionale, protezione all’agricoltura; eleggibilità di ogni cittadino a qualunque impiego, carica o dignità, purché sia capace di sostenerli con decoro ed utile dello Stato”.
In contrapposizione alle suddette aspirazioni Carbonare, il Papa Leone XII prima con la “Bolla Quo griaviora” del 13 marzo 1823 scomunica la Massoneria, poi con la “Ecclesiam a Iesu Christo fundatam” condanna la Carboneria, contro la quale attua un’attività persecutoria che viene esercitata in Romagna dal Cardinale Agostino Rivarola. Nel 1825 il Papa Leone XII indisse un nuovo Giubileo, quello che in realtà, non si era potuto celebrare nel 1800, viste le vicende legate al periodo napoleonico. Durante l’Anno Santo, nonostante il clima religioso, a Roma venne eseguita la condanna a morte dei Carbonari Angelo Targhini, bresciano e del romagnolo Leonida Montanari, ghigliottinati in Piazza del Popolo con l’accusa di cospirazione.
L’organizzazione Carbonara era regolata rigidamente dall’alto, il comportamento era ispirato alle regole della massima segretezza. Gli affiliati tenevano adunanze segretissime e si servivano del vocabolario cifrato, di un gergo per non destare sospetti nella polizia:
- il Carbone era l’azione che alimentava il fuoco della libertà;
- la Baracca il locale dove si adunavano i Soci del Primo Grado;
- la Vendita erano le sezioni locali composte di 20 affiliati (equivale al nome di Loggia);
- Pagani i loro avversari;
- un Sole un giorno;
- una Luna un mese;
- Vantaggi sono gli applausi;
- Tronco un tavolino;
- Ordoni le file dei Soci (nome forse derivato da Ordini);
- Lupi i persecutori della Società;
- un Pezzo Di Fornello una composizione qualunque;
- Camera d’Onore l’unione del secondo grado;
- Montagna l’unione al terzo grado;
- San Teobaldo il protettore della Società nei suoi due primi gradi;
- Gran Maestro Dell’Universo è il nome che i Carbonari davano alla divinità;
- Reggente corrisponde al titolo di Venerabile fra i Massoni;
- Patriarca era il capo, o Gran Maestro, della Società;
- Assistente Primo e Secondo Dignitari corrispondente ai Sorveglianti delle Logge;
- Battute sono le Batterie prese dalla Massoneria;
- Liberare la Foresta dai Lupi significava liberare l’Italia dallo straniero e il mondo dai tiranni.
Un misero mestiere del popolo come quello dei carbonari si prestava molto bene come camuffamento per i cospiratori politici, perché chi lo praticava doveva spostarsi di continuo dovunque ci fosse legname da trasformare in carbone. Inoltre si trattava di un’attività piuttosto diffusa in Italia.
Ogni iscritto doveva possedere un fucile, una baionetta, 25 cartucce e versare nella cassa sociale una lira al mese.
L’iniziazione alla Carboneria si compiva, come in tutte le sette, con veri e propri riti simbolici. Il Rituale dei Carbonari è derivato dalla Massoneria. Essi chiamano la loro Società L’Ordine Carbonico. Il principio dell’anno è il Primo di marzo che si chiama Primo Sole della Prima Luna. Così gli altri mesi si chiamano: Secondo, Terzo, Quarto, ecc..
Il calendario Carbonico recupera elementi dal calendario giacobino di Romme e dalle feste decadarie, elementi presenti nella stessa simbologia, dei quadri carbonici (sole, luna, sette stelle, ecc.), che corrispondono ai tappeti di Loggia massonici. Nella Carboneria era in vigore il gradualismo, già presente nella Loggia illuminata, quindi il programma dell’associazione veniva svelato solo gradualmente all’adepto dai superiori (quando era ritenuto degno di essere iniziato ai segreti). La Carboneria era divisa in quattro gradi: Apprendista, Maestro, Gran Maestro e Grande Eletto (anche questi termini derivano dall’organizzazione corporativa del lavoro medievale dei liberi muratori e dalla Massoneria speculativa). In seguito vi saranno diverse riforme dei rituali e dei gradi, con l’introduzione di altri gradi e con una diversa gerarchia di essi. Nell’Italia meridionale i gradi da quattro arriveranno a nove, questo dovuto anche alle divergenze di programma politico.
I gradi carbonari
I grado: Apprendista. Il novizio “pagano”, smarritosi nel buio della foresta, va a cercare la luce nel Tempio della Virtù, dove con diffidenza viene accolto, quindi spogliato dei metalli e accompagnato nel gabinetto di riflessione, dove viene interrogato sulle ragioni della sua richiesta. In seguito viene condotto a fare i tre viaggi simbolici, sottoposto a prove tendenti ad intimorirlo e infine condotto a prestare il giuramento, con il quale si impegna a mantenere il segreto, a soccorrere ed aiutare i Cugini in difficoltà e ad essere sempre a disposizione dell’Ordine. A questo punto l’iniziato può assumere un nuovo nome scelto fra quelli della tradizione greco-romana oppure fra i simboli di lotta contro la tirannide, questo sia per celebrare la morte rituale che per agevolare la lotta politica clandestina. Attraverso questo rituale di morte rinascita e affratellamento simbolico, rituale iniziatico che non può conoscere divisioni sociali o etniche, presenti solo nel mondo profano, si viene a far parte della famiglia Carbonarica, che è una sola su tutta la terra, di cui gli affiliati si chiamano Cugini.
Nel primo grado, “apprendente carbonaro”, le cerimonie rivelano una egemonia simbolica cattolica sia con parole sacre di impronta cristiana (quali fede speranza carità) sia con il culto dei Santi (in particolare San Teobaldo patrono dei carbonari), e inoltre con la presenza di un filone culturale del cristianesimo esoterico (dalla storiografia sugli Illuminati di Baviera il mito di un cristianesimo giovanneo).
Quest’ultimo sostiene l’esistenza di una iniziazione cristiana originaria, fondata su una rivelazione segreta di Gesù trasmessa per via orale ai discepoli e, tramite loro a una catena di iniziati. Nel primo grado si professavano genericamente alcuni principi umanitari e attività filantropiche, impostati sulla morale e sulla religione tradizionale. Nella Carboneria il processo di perfezionamento dell’uomo che consegue alla morte rituale, adotta la simbologia della foresta con al centro la carbonizzazione, che significa combustione e trasformazione del legno attraverso il fuoco della fornace per purificarlo fino a divenire materiale combustibile.
Nella Massoneria la simbologia dei costruttori di cattedrali invece, pone come punto centrale il tema della pietra grezza che deve essere sgrossata e squadrata. Nel rituale del primo grado viene utilizzato un linguaggio massonico con poche trasparenti sostituzioni: Apertura dei travagli = apertura dei lavori, cugini = fratelli, profano = pagano, pezzo di architettura = pezzo di fornello, ecc..
La Carboneria non era un movimento di massa, anche se nel Sud era molto diffusa fra i ranghi dell’esercito borbonico. La sua composizione sociale era minoritaria ed elitaria, come ben descrisse il Cardinal Castiglioni in una lettera a Pio VIII, alla fine del 1821:
“Siamo circondati dalla mala genia massonica, che ci ha rubato quasi tutti gli impiegati e ci toglie la gioventù di talento…”
Per questo motivo i moti degli anni ‘20 del XIX secolo fallirono. Mazzini, che Massone e membro della Carboneria, ne individuò il fondamentale difetto: la mancanza di collegamento con le masse popolari. Così la definiva:
“vasto e potente corpo, ma senza capo; associazione alla quale non erano mancate generose intenzioni, ma idee e priva, non del sentimento nazionale, ma di scienza e logica per ridurlo in atto.”
Per indirizzare meglio pensiero ed azione, creò la Giovane Italia, con soli due gradi, Iniziati ed Iniziatori. Non conosceva, come la Massoneria, profani ma soltanto nemici
La massoneria europea ed il cristianesimo
Secondo il De Maistre, la deviazione storica della Massoneria nell’abbandono della matrice cristiano-cattolica dell’antica massoneria operativa. Il De Maistre, che, come tutti conoscono, fu uno degli ideologhi della Restaurazione europea, vedeva nella visione tollerante e cosmopolita della Massoneria un potente strumento di riunificazione delle varie sette cristiane.
La sua tesi era che la divisione del cristianesimo e la conseguente caduta di autorità del Papa aveva prodotto da una parte il dispotismo dei regnanti, meno legati all’etica cattolica che all’egoismo privato, e dall’altra la reazione rivoluzionaria dei popoli. La proposta del De Maistre di una federazione teocratica dei regnanti attorno al Papa, di cui la Massoneria doveva farsi tramite, non teneva conto dell’ormai irreversibile trasformazione della Massoneria, sempre più lontana dall’adeguamento exoterico ad una religione qualsiasi, e che si presentava ormai essa stessa come spiritualità exoterica rispetto ad un suo specifico esoterismo.
La visione tradizionale, infatti, comportava un’adesione ad un dato contesto religioso locale come base o supporto di un esoterismo che pur trascendendo qualsiasi inferiore connotato religioso, necessitava di un inquadramento etico-sociale, una forma esteriore racchiudente l’essenza interiore. Tuttavia la stragrande maggioranza dei Fratelli era sinceramente cristiana e, nei paesi latini, cattolica. Nell’Inghilterra del ‘700 le Logge sfilavano la domenica mattina, con i loro paramenti, ed i Fratelli andavano tutti assieme alla Messa.
La presenza alle funzioni religiose non era solo raccomandata, ma in alcuni casi obbligatoria. Le prime tendenze vagamente ereticizzanti nascono in Germania, con la prima grande Obbedienza Massonica ispirata al mito templare, la Stretta Osservanza Templare, che si stava diffondendo in tutta Europa, fino a preformare un predominio massonico tedesco. Il loro cristianesimo era dichiaratamente joannita, e cioè il primato di Giovanni su Pietro, una valutazione del messaggio cristiano più millenarista e metafisico, che contrastava con il primato del Papa.
La reazione europea a questo concetto, guidata dalla Massoneria francese, si espresse nel Convento di Wilelmhsbad (1782) in cui il neotemplarismo massonico fu sconfessato in gran parte, e confluì, in maniera minoritaria, nel Rito Scozzese Rettificato, il cui cristianesimo, in reazione all’Illuminismo ed alla protorivoluzione montante sconfinava addirittura nel concetto teocratico. I massimi teorici di questa visione religiosa e cristiana della Massoneria furono Willermoz, De Maistre, e Fran Von Baader, tutti provenienti dall’Ordine dei Cavalieri Massoni dell’Universo Eletti Cohen, la cui radice giudaica cristiana influenzo potentemente le Massonerie latine.
De Maistre
Joseph de Maistre (1753 -1821) massone e martinista, ha la curiosa caratteristica di essere oggi il caposcuola filosofico dei cattolici integralisti, i quali hanno, com’è noto una avversione profonda per tutto ciò che è massonico. La sua filosofia politica si può definire teocratica, conservatrice e retriva, ma è anche un punto di tensione, ma anche di incontro, fra il cristianesimo e la concezione esoterico-iniziatica. Fu discepolo di Louis Claude de Saint Martin, il “Philosophe Inconnu” che ebbe vasta notorietà fra i suoi contemporanei ed anche su molti pensatori del novecento. Il paradosso consiste nell’essere L.C. de Saint Martin, nel campo politico-sociale, un rivoluzionario ed un fautore della Rivoluzione francese. Ma questo paradosso è paradigmatico nella Massoneria europea del tempo della Restaurazione, in quanto confine e limite fra il vecchio mondo e quello che emergeva nei tempi nuovi. Nelle Memorie al Duca di Brunswick (1782) vi è, da questo punto di vista, un’affermazione illuminante:
“esiste una vera religione che ha ben più di diciotto secoli nata il giorno in cui nacque il giorno”.
Da un punto di vista teologico, vi è un superamento della “religione cristiana”, a favore di una religione naturale che comunque comprende la divinità del Cristo come compimento di una “religiosità” non cattolica. In questo documento De Maistre afferma che l’iniziazione massonica sia essenzialmente cristiana, e che questa sia radicalmente legata al primo cristianesimo, che alla luce della Rivelazione ha rinnovato ed ampliato la tradizione primordiale.
Questa affermazione sarà poi rinnegata nell’opera Serate di S. Pietroburgo (scritte fra 1809 e 1820):
“Mentre i discepoli di Saint Martin, guidati dalla dottrina del loro maestro verso criteri di verità, affrontano la traversata dei flutti a nuoto, io dormirò in pace in questa barca [la Chiesa Romana] che veleggia felicemente fra scogli e tempeste da milleottocento anni.”
Il tradizionalismo del De Maistre, assunto poi in epoca moderna da Rène Guénon e Julius Evola è qui nella sua forma “pessimista” in quanto reagisce all’accettazione del concetto di progresso evolutivo costante e progressivo. La realtà politica e sociale, in De Maistre, si trova nell’esistenza e nella coesistenza di un “ordine” della Provvidenza, che si contrappone alla violenza eversiva delle rivoluzioni. I diritti fondamentali dell’umanità in questi termini non sono quelli affermati e garantiti dalla ragione, ma concessioni divine.
Ne la vita ne il diritto sono di proprietà dell’uomo, che non ne può disporre liberamente, ma deve affidarsi alla rivelazione ed alla gerarchia ecclesiastica che la traduce.
Louis Claude de Saint Martin
Nel l792, all’apice della sua influenza, il Circolo Sociale di Parigi iniziò a pubblicare i testi cripto-rivoluzionari del gran sacerdote del misticismo lionese Louis Claude de Saint Martin che aveva creduto di scoprire nel caos della rivoluzione la possibilità di edificare una nuova Gerusalemme, sulla base di forme e numeri pitagorici:
“un sole radioso si è staccato dal firmamento per posarsi sopra Parigi, da cui diffonde una luce universale”.
E ancora:
“L’Uomo Nuovo può cogliere quella luce contemplando i cerchi concentrici che convergono in un punto all’interno della fiamma di una candela accesa; in questo modo, egli si reintegra con gli elementi primi, aria, terra, acqua”
“Nella misura in cui l’uomo sì evolve in puro spirito, la democrazia rivoluzionaria diverrà democrazia” (si veda: Le Crocodile, 1799, pp. 32 e 188 ed il finale del Traité de la Reintegration… ,in R.Amadou, Trésor Martiniste,1969, pp.48 e 50).
Dal Portrait, la previsione della Rivoluzione:
“[…] la notte, vidi un grande animale gettato per terra dall’alto, da un gran colpo di fulmine: vidi in seguito un altare che mi sembrò cristiano e sul quale vidi molta gente passare e ripassare con precipitazione, come se volessero calpestarlo. Mi risvegliai con molta afflizione di ciò che avevo visto, ed il seguito della mia vita mi ha insegnato che gli avvenimenti susseguitesi erano la conferma di questo sogno disgraziato.[…] Fu l’annunzio del rovesciamento della Chiesa”.
È opportuno ricordare qui che una delle opere più rivoluzionaria di Louis Claude Saint Martin, Degli Errori e della Verità, fu pubblicata nelle stamperie del Palais Royal, a cura del Circolo prerivoluzionario di Bonneville e Marechal, comunitaristi pitagorici.
Questo testo scatenò le ire dell’abate Augustine Barruél, gesuita, che così si scagliò contro il Filosofo Incognito:
“Io so quando costa il decifrare gli enigmi di quest’opera tenebrosa; ma convien ben avere, per la verità, la costanza che i seguaci hanno per la menzogna…l’eroe di questo codice il famoso Saint Martin si mostri all’aperto; ed ipocrita di pari al suo maestro egli non sarà più, che un vile copista delle inezie dello schiavo eresiarca, generalmente più noto con il nome di Manete. Con tutti i suoi raggiri egli non conduce meno i suoi seguaci negli stessi sentieri, e loro inspira il medesimo odio agli altari del cristianesimo ed al trono de’ sovrani, ed ancora d’ogni governo politico” (Storia del Giacobinismo, Massoneria ed Illuminati di Baviera, Carmagnola, Oggero Editore, 1989, pg.41)
Il De Saint-Martin è nel contempo un cristosofo ed un Illuminato, e il suo sincero tentativo di mantenere nell’ambito iniziatico un contesto cristico non solo distante dal cattolicesimo, ma suo fiero nemico, si arenò di fronte alla feroce reazione clericale durante il periodo della Restaurazione.
Franz Xavier Von Baader
Questo filosofo, molto noto nel paesi nordici lo è molto meno nei paesi latini. Nato a Monaco nel 1765, in una famiglia cattolica. Studiò medicina, ma la sua passione per la mineralogia lo portò all’Università di Freiberg, in Sassonia, ed ebbe per docente Werner. Novalis, uno dei precursori della letteratura romantica, ebbe lo stesso Werner per maestro, lo prese a modello per il Maestro del suo romanzo I discepoli di Sais,che precorse la moda della Massoneria “egizia”. Franz si recò per quattro anni in Inghilterra, per continuare i suoi studi, e tornato a Monaco, scoprì i testi di Jacob Boehme, il Philosophes Teutonicus continuatore ed epigono della mistica renana, teosofo e cristosofo, e di Louis Claude De Saint Martin, traduttore e commentatore dello stesso Boehme. Il suo cristianesimo, per quanto eterodosso, riposava comunque sulla rivelazione e sulla divinità del Cristo, anche se le sue predilezioni per Paracelso, Eurigene, Maister Echkart, e le dottrine gnostiche, emetiche e cabalistiche ne facevano un cristiano alquanto sospetto.
Il suo personale credo come lui stesso scrive, riposava su:
“La speranza di ogni cristiano si ripone sia alla Rivelazione futura, generale e personale, del Cristo (come giudice del mondo) e sulla Rivelazione interiore, secreta ed individuale (…) Non è cristiano colui che non crede sia all’esistenza storica sia all’esistenza mistica (segreta) del Cristo e non ne prova gioia.”
L’impostazione tradizionalmente cristiana della Massoneria delle origini è ormai in sofferenza. Da una parte si vuol continuare a credere nella “religione” cristiana così come i Padri l’hanno affermata, ma dall’altra è ormai impossibile non rifarsi ad una “rivelazione” personale ed individuale che sfugge a qualsiasi dogmatismo confessionale.
Von Baader influì profondamente sul mondo cattolico della Restaurazione, ma fu comunque inviso alle gerarchie ecclesiastiche per la sua visione eccessivamente gnostica del cristianesimo, che espresse nella sua fondamentale opera Filosofia Erotica, la cui tesi fondamentale che affermava che solo la ricostituzione androgenetica avrebbe permesso la vera e definitiva Rivelazione cristica individuale. La sua filosofia era essenzialmente teistica, ma per Franz la conoscenza dell’uomo è la conoscenza di Dio, ma anche questa conoscenza è un dono di Dio. La Teosofia di Von Baader è quindi uno strumento di conoscenza inaccessibile all’uomo senza l’assenso divino.
Gli Illuminati
Di fronte al vecchio mondo massonico-cristiano, con le sue ambiguità e le sue incertezze, una nuova generazione si affacciava alle soglie del pensiero europeo attraverso l’evoluzione intellettuale degli uomini della massoneria.
Il piano ideale e politico del mondo nuovo fu quello degli Illuminati.
Se la Massoneria esoterica fornì l’ambiente d’incubazione ed il vocabolario simbolico, fu l’Illuminismo a garantirne il modello strutturale di fondo. Il piano organizzativo fu, infatti, mutuato dall’ordine degli Illuminati di Baviera, un movimento occultista radicale e secolare, organizzato in una gerarchia segreta su tre livelli: chiesa, sinodo e areopago.
L’ordine degli Illuminati fu fondato il primo maggio 1776 da un professore di diritto canonico dell’Università dì Ingolstadt, in Baviera, Adam Weishaupt. L’ordine era segreto e gerarchico, modellato su quello dei Gesuiti (la cui abolizione da parte del papato, nel 1773, pose fine al loro monopolio dell’istruzione in Baviera). Il fine degli Illuminati era la guida di tutto il genere umano ad una nuova e perfetta morale, svincolata da ogni autorità politica e religiosa. Il nome derivava dal loro simbolo: un sole raggiante luce sul mondo profano. Uno dei rituali della cerchia centrale degli Aeropagiti comprendeva l’accensione di una candela che simboleggiava la fonte solare d’ogni illuminazione.
Il culto zoroastriano-manicheo del fuoco era centrale nel simbolismo eclettico degli Illuminati.
In nome della Tradizione i nomi delle città furono cambiati: Ingolstadt divenne Eleusi, Monaco era Atene…lo pseudonimo di Weishaupt era Spartaco; gli altri membri avevano nomi d’eroi greci o egiziani, ma c’erano anche Tamerlano e Confucio!
Nel 1777 Weishaupt entrò in una Loggia massonica di Monaco; poi grazie all’appoggio del barone Adolf von Knigge, uno dei capi dell’ambiente occultista di Francoforte, l’Ordine si propagò in quasi tutte le Logge massoniche tedesche della “Stretta Osservanza”.
Weishaupt vedeva nella Massoneria un terreno d’addestramento per gli Illuminati, un grado intermedio, dopo l’ammissione nel suo Ordine, prima dell’entrata nei suoi circoli più segreti. Così si sviluppò un sistema di tre classi successive, con i primi due gradi che incorporavano i tre gradi tradizionali della Massoneria.
L’Ordine fu ufficialmente disciolto nel 1785-1787 e Weishaupt fu esiliato a Gotha, ma l’influenza della sua ideologia pervase l’Europa: si pensi all’opera del conte di Mirabeau, La Monarchia prussiana sotto Federico il Grande (1788), scritto in buona parte da Jakob Mauvillon, già affiliato degli Illuminati, che diffuse l’idea utopica “del miglioramento d’ogni sistema di governo e legislazione” (libro V, pag. 99-l00).
L’influenza degli Illuminati si può cogliere anche in Babeuf, nella prima esaustiva dichiarazione dei suoi obiettivi “comunisti” (inizi 1795); anche il suo circolo s’ispirò alla dottrina dell’ordine bavarese. Una recente scoperta getta poi nuova luce sulla vera finalità del Buonarroti. Sembra, infatti, che il cospiratore italiano fosse attivamente coinvolto nell’Illuminismo bavarese (Appendice politica a tutte le gazzette ed altri foglietti di novità ossia La Spezieria di Sondrio, Giornale pubblicato a Sondrio, 1789. Vol. II, 1790. p.1. Museo del Risorgimento).
La lunga storia dell’organizzazione rivoluzionaria internazionale inizia con l’esilio di un individuo solitario, Filippo Giuseppe Maria Lodovico Buonarroti. Uno sconosciuto fin quando, nel 1828, a sessantasette anni, pubblicò la sua Cospirazione per l’Eguaglianza, detta di Babeuf. Le vicende del Buonarroti sono note, ed esulano dalla nostra trattazione, pur tuttavia non possiamo ignorare questo notevole Fratello.
Amico di Robespierre, il 9 aprile 1794, assunse il comando rivoluzionario della città d’Oneglia, dopo una serie d’alterne vicende, arresti e processi. Napoleone gli permise di far ritorno a Genova nel 1806 e lì rimase per i successivi 17 anni, eccezion fatta per quattordici mesi che trascorse a Grenoble fra il 1813 e il 1814. Egli fu il primo di una lunga stirpe di massoni rivoluzionari (culminante con Lenin) che elesse la Svizzera come sicura base di protezione rivoluzionaria. Qui Buonarroti creò due organizzazioni segrete per promuovere il movimento rivoluzionario internazionale: i Sublimi Maestri Perfetti ed il Mondo. Nessuna delle due organizzazioni fornì prova di grande consistenza ma gli sforzi del Buonarroti guidarono la resistenza antinapoleonica.
Le Logge massoniche di Ginevra costituirono l’ambiente in cui il nostro cospiratore formulò il suo primo programma. I Sublimi Maestri Perfetti, con tre livelli d’affiliazione, furono derivavano dalla Massoneria. Lo scopo del Buonarroti era quello di promulgare su scala continentale la costituzione repubblicana rivoluzionaria dei 1793.
Per far ciò, il suo colorito programma, farcito di simbologia massonica, tratteggiò il prototipo dell’organizzazione rivoluzionaria moderna. L’organizzazione rivendicava una morale individuale particolare, una sorta di manicheismo rivoluzionario. Gli affiliati erano “gli agenti del Bene contro il Male”, della libertà contro la tirannide, dell’eguaglianza contro l’egoismo.
Sebbene andasse oltre ogni modello massonico, l’organizzazione del Buonarroti, fu chiaramente influenzata dai suoi cinque anni d’immersione nell’ambiente massonico di Ginevra, che gli trasmise, tra l’altro, la metafora utilizzata dai rivoluzionari per giustificare la propria missione durante tutto il XIX secolo: quella dell’architetto impegnato nell’edificazione di una nuova e migliore struttura per la società umana.
La Rivoluzione di Luglio del 1830 aprì la strada a quella del 1848. Da questa data i principi di libertà e di liberazione che erano stati propri della Rivoluzione del 1789, furono riaffermati per sempre. Pur nell’alternarsi delle fasi evolutive ed involutive nella storia dell’umanità questi concetti permasero e permangono tutt’ora.
L’uomo diventa responsabile del proprio destino e della propria vita, senza più la soggezione ad un principio sacrale. La società che l’uomo si costruisce deriva dalla solidarietà e dalla fratellanza fra gli uomini e non è più un dono di un piano superiore. La religiosità naturale di ognuno diviene un fatto personale ed intimo e nessuno può arrogarsi il diritto di interpretarla in termini collettivi.
Ma non vi è mai termine all’oppressione, alla prevaricazione, alla superstizione indotta strumentalmente per crearsi un potere sugli altri. La libertà necessita di una continua difesa generazionale, ed è proprio il nostro momento storico che ne ha maggior necessità.
Ogni passo che l’umanità ha effettuato verso la liberazione dall’ignoranza e dal dolore ha visto poi una retrocessione involutiva. I rivoluzionari vittoriosi hanno sempre teso a mantenere il proprio potere personale o di gruppo diventando a loro volta conservatori, reazionari e tiranni. L’azione tradizionale è sempre stata attuata attraverso una continua critica d’ogni deviazione personalistica del potere, che si ripresenta continuamente nella storia con cicli alterni d’evoluzione-involuzione.
Ai nostri giorni l’involuzione è rappresentata dal presentarsi di due forme apparentemente opposte di materialismo, la globalizzazione e l’antiglobalizzazione. Il mondialismo, o globalizzazione, è criticato soprattutto dal pensiero anti-moderno (o anti-capitalista), sia quello più genericamente tradizionalista sia quello influenzato dall’estrema destra o dall’estrema sinistra.
Da questo punto di vista, nonostante il ritardo, è opportuno proporre un’interpretazione massonica di tali problemi. La predominanza della cultura di sinistra nel pensiero occidentale non nasce da un’effettiva produzione intellettuale orientata in tal senso, ma dalla “interpretazione” di parte effettuata dagli intellettuali di quell’area politica.
Una buona parte della filosofia degli ultimi cento anni, pur non avendo caratteri dialettico-materialisti, anzi in molti casi proponendo addirittura visioni completamente opposte, è stata interpretata strumentalmente.
Di contro alle critiche di parte, che disegnano una teoria cospiratoria alto-capitalistica producente disastrosi danni sociali alle classi medie, e medio basse, Popper affermava che la disoccupazione, la povertà, la degenerazione sociale era semplicemente il risultato:
“non intenzionale di milioni di progetti umani indipendenti e diretti a tutt’altro”.
La visione tradizionale, intrinseca all’esoterismo, potrebbe invece affermare che la storia è solo il riflesso temporale di una metastoria che, come causa effettiva, produce degli effetti che spesso sfuggono all’analisi puramente dialettica degli avvenimenti umani.
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Note
1. Metternich scrive, nelle sue Memorie, che la Santa Alleanza si fonda: “[…] sulla medesima base della grande società umana formatasi in seno al cristianesimo. Questa base non è altro che il precetto formulato nel Libro per eccellenza: non fare ad altri ciò che non vuoi sia fatto a te”. ^
2. Guido Astuti (1910-1980) ricorda che: “la vera novità e originalità del C. N. [il Codice Napoleone] sta nel valore giuridico formale della codificazione, compiuta in attuazione di nuovi principi teorici, che la differenziano nettamente da tutte le precedenti compilazioni o consolidazioni legislative, determinando una radicale trasformazione del sistema delle fonti del diritto, e con essa l’inizio di una nuova età nella storia della nostra civiltà giuridica. Ad un ordinamento fondamentalmente consuetudinario e giurisprudenziale, quale era stato nei secoli il diritto civile, dai tempi di Roma fino a tutto il secolo XVIII, il codice sostituiva un ordinamento interamente legislativo, in cui la volontà sovrana del legislatore si poneva come fonte di produzione unica, o almeno tendenzialmente esclusiva di fronte alla consuetudine e alla giurisprudenza; ad un sistema come quello del diritto comune, caratterizzato da una pluralità e gerarchia di fonti, quale si era venuto svolgendo nel pluralismo politico e nel particolarismo giuridico dei secoli di mezzo, sulla duplice base del privilegio e dell’autonomia, succedeva il sistema del diritto codificato, costituito da un solo testo legale, contenente un complesso normativo unitario, sistematicamente ordinato e suddiviso in articoli, in cui materiali vecchi e nuovi, di diversa derivazione e natura, erano insieme rifusi ed uniformemente presentati con formule concise e precise, come parti organiche di un unico corpo”. ^