[…] avrei una domanda… ci sarebbe da valutare se la “restituzione all’universale” avviene in piena consapevolezza dell’essere in questione oppure… questa vita individuale si sgretola per poi andare a formare qualche altra vita… sperando che questa mia domanda non sia fuori luogo o banale.
D: […] avrei una domanda… ci sarebbe da valutare se la “restituzione all’universale” avviene in piena consapevolezza dell’essere in questione oppure… questa vita individuale si sgretola per poi andare a formare qualche altra vita… sperando che questa mia domanda non sia fuori luogo o banale. L. R: Caro amico, la questione non è né fuori luogo tanto meno banale, anzi. La domanda, infatti, tocca direttamente il “nocciolo della questione” della vera Iniziazione. Anche se dovremo rimandare la completa trattazione della questione che poni, perché la domanda s’inserisce in un contesto Maggiore di quello comunemente toccato dall’esoterismo di superficie, possiamo, nel frattempo, affrontare sinteticamente l’argomento in questi termini: la “restituzione universale” (per usare lo stesso termine figurato) dell’energia che “anima” la materia del corpo fisico, avviene in maniera inconsapevole per la personalità dell’uomo fisico, che non è ancora “collegato” con la vita e con l’intelligente volontà di quell'”energia”. In mancanza di un «collegamento» tra sostanza materiale (la mente fisica) ed essenza animica (per usare ancora un termine consueto) l’energia riposta e trattenuta dalla mente fisica (la personalità dell’uomo con tutti i suoi collegamenti passionali) come scrivi, “…si sgretola” e si disperde per tornare all’amalgama della propria Forma Madre. L’uomo (come forma pensiero individuale e separata), allora, muore davvero, disciogliendo lentamente la propria individualità nella “vitalità” dello spazio. Ma in realtà, vista da più vicino, nella morte fisica quello che muore veramente è il suo pensiero concreto, cioè, la sua memoria. Prima, dell’uomo fisico si disperde la materia del corpo, poi, più lentamente si “oscura” sino a dissolversi, il pensiero legato a quello stesso corpo, cioè la “memoria fisica”. E se lui è «collegato» emotivamente solo ai pensieri della propria memoria fisica, muore anche lui con la propria, l’uomo fisico è in definitiva solo ciò che egli pensa e se quel pensiero cessa anche lui cessa d’esistere. Allora, anche se in termini di energia la morte “non esiste”, la morte, però, esiste nella sua memoria. Ed è questa “morte della memoria” a complicare in massima parte i termini della “ripresa coscienziale” della successiva “incarnazione” di quell’ente intelligente che “anima” la propria materia, come il palombaro anima il suo scafandro quando scende nell’acqua. Ma non è così per sempre. Spostando i termini della questione, possiamo modificare il «collegamento» della coscienza personale, aggiungendovi lentamente un ulteriore collegamento. Quello del lembo di coscienza che è in contatto con la coscienza dell’anima (continuiamo a definirla così). Prima di proseguire, però, è bene ribadire un concetto dal quale da tempo, in ambito devozionale, sono sorti i peggiori malintesi (per usare un eufemismo). Il secondo collegamento di cui stiamo parlando, non va assolutamente a discapito del primo che si rivolge alla controparte fisica, anzi. Il primo collegamento, che porta la coscienza individuale in contatto con gli impulsi, emozioni, desideri e passioni della natura “fisico-animale”, servirà, poi, come tramite per educare la propria natura inferiore alla “luce” di quella superiore. Questo doppio filo che attraversandoci collega la natura superiore a quella inferiore, integrandole, è il filo della “consapevolezza”. La coscienza di sé è la consapevolezza di cosa si è veramente in ogni nostra parte. Una consapevolezza che ci rivela per ciò che siamo veramente e ci attraversa completamente integrando, così, ogni compartimento della nostra complessa natura. Questo “filo di consapevolezza” (detto ponte coscienziale o antahkarana) che “riaccomoda” le diverse nature della nostra identità, non può spezzare la “presenza in noi stessi” della nostra consapevolezza, nemmeno dopo che sia cessata l’attività della parte inferiore con la “morte” del corpo fisico. Riassumendo: con il secondo collegamento (che non nega in nessun modo l’esistenza del primo, contro cui si scagliano erroneamente gli “spiriti assolutisti” dei culti devozionali) si ri-nasce all’intelligenza ed alla volontà dell’ente che ci anima con la “sua vita”. Con la ri-nascita della personalità, in realtà si completa la discesa, ovvero, l’incarnazione dell’anima nel mondo fisico iniziata molte ere or sono. Nel collegamento, anima e personalità diventano uno, ritrovandosi come parti della stessa Unità di coscienza. Bada bene: Unità di coscienza che li ha sempre contenuti entrambi! Mentre l’anima in questo collegamento risolve la spinta provocata da quell’Unità a prendere possesso, a “dominare”, il proprio regno inferiore, alla personalità, sino ad allora separata dalla propria natura superiore, viene svelata l’immortalità. Perché l’anima non muore! E legandosi alla sua coscienza, non si può più perdere nemmeno la coscienza individuale. Infatti, avendo solo il primo collegamento, quello con l’intelligenza (si fa per dire) della natura fisica ed animale si muore, perché, con morte s’intende la dispersione del corpo fisico e, soprattutto, il dissolvimento della mente cosciente con la conseguente perdita della memoria di sé. Ma questo, cioè la perdita della coscienza di sé, nel collegamento con “l’anima” non avviene più. E, allora, l’uomo travalica la soglia del Mutamento in piena coscienza. Questo è il risultato della vera Iniziazione. Dove l’Iniziato (reale) può affermare: l’immortalità mi è nota. Non è possibile approfondire oltre il tema. Perché supereremmo i limiti del semplice scritto per iniziare un trattato. Ma spero che lo spunto offerto sia sufficientemente stimolante per portare l’attenzione sul percorso appena accennato. Un percorso fatto di Volontà iniziatica e spirituale. Perfettamente scientifico anche se tradizionale (da qui il termine di scienza iniziatica) che non ha nulla da condividere con il culto delle personalità (anche se influenti) e di santini di qualsiasi natura. Fraternamente. |