Ideare un progetto e realizzarlo sono due fasi distinte: a volte l’idea, la “creazione”, resta solo mentale e si disperde nell’aria; in altre occasioni, diventa un bisogno così impellente di realizzazione da doverlo esprimere a tutti i costi. Così le due fasi diventano consequenziali, quando il pensiero si traduce in “volontà d’azione” e ciò che era sul livello astratto diventa tangibile, concreto, fisico. Questa spinta creativa si manifesta e si esprime in vari campi e a vari livelli, ma non sempre è facile rappresentarla: per cui l’uomo che progetta se stesso deve ricorrere al simbolismo.
Ideare un progetto e realizzarlo sono due fasi distinte: a volte l’idea, la “creazione”, resta solo mentale e si disperde nell’aria; in altre occasioni, diventa un bisogno così impellente di realizzazione da doverlo esprimere a tutti i costi. Così le due fasi diventano consequenziali, quando il pensiero si traduce in “volontà d’azione” e ciò che era sul livello astratto diventa tangibile, concreto, fisico. Questa spinta creativa si manifesta e si esprime in vari campi e a vari livelli, ma non sempre è facile rappresentarla: per cui l’uomo che progetta se stesso deve ricorrere al simbolismo. Dal lato della nostra illusoria percezione umana, guardiamo al ciclo della vita e lo vediamo frazionato, diviso in fasi distinte: inizio-crescita-declino-fine, così come vediamo diviso il giorno, l’anno, le ere… Ma se spostiamo la nostra attenzione dall’esterno degli eventi, se cioè smettiamo per un attimo di vederli come tanti segmenti che vivono per il tempo che durano in manifestazione, riusciamo a percepire la Bellezza dell’Unità del Disegno che ad essi sottostà. Allora la rappresentazione del Solstizio d’Inverno non è più un evento isolato in un suo spazio-tempo, ma diventa un punto che in sé contiene passato-presente-futuro. Non possiamo, infatti, guardare al Solstizio d’Inverno senza includere l’intero arco di tempo Inverno/Estate/Inverno perchè sarebbe limitativo: l’uno contiene in sé l’altro, principio-fine / fine-principio. Una “fine”in verità non esiste. La scienza ci insegna che “nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”, e dunque la “fine” è sempre l’inizio di qualcos’altro che, per la legge d’evoluzione, sarà un nuovo inizio, ma da un gradino più alto del precedente. Il momento solstiziale invernale, è il momento della morte simbolica della propria profanità, e nell’evento fisico del passaggio dalle tenebre alla luce. Il Sole che pian piano riconquista luce alle tenebre, rispecchia l’iniziato che prende coscienza del proprio “risveglio interiore”, ed inizia il suo percorso di ricerca iniziatica. Questo viaggio, così come concepito in Massoneria, conduce verso la Conoscenza, la Verità e la Bellezza; è un cammino che inizia nel silenzio e nel buio più profondo dell’elemento Terra. È un viaggio fatto di tappe che scandiscono il ritmo che intercorre tra crescita e trasformazione, cicli minori in un ciclo maggiore perchè, se da un punto di vista astro-fisico, al nostro pianeta Terra occorre un anno per compiere l’intero suo ciclo di rinnovamento, all’iniziato occorrono ben più stagioni, ben più ri-nascite per completare un proprio esiguo segmento evolutivo. Il percorso transita attraverso varie fasi alchemiche, racchiuse dai due momenti solstiziali: il Solstizio d’Inverno che illumina l’iniziato, e quello Estivo che ne sancisce l’evoluzione; essi formano l’asse Nord-Sud, Capricorno-Cancro, in altra letteratura chiamati “Porta degli Dei” e “Porta degli uomini”: il momento più buio e quello della massima Luce. Nello scorrere delle civiltà, nuove simbologie si sono sostituite alle precedenti, polarizzate su eventi centrali che ne hanno influenzato la cultura e gli usi. Ma anche se noi, attualmente, festeggiamo questi due momenti solstiziali identificandoli con i due Giovanni, il Battista per il Solstizio d’Estate, e l’Evangelista per il Solstizio d’Inverno, dovremmo ugualmente guardare alla trasmissione del messaggio esoterico da una tradizione all’altra, se vogliamo coglierne il significato più profondo e recuperare ciò che, in questa trasmissione, può essere andato perduto. Il dio Giano, chiamato nell’antica Roma il “Custode delle Porte”, rappresenta “l’Attimo dell’Inizio”. La sua natura bifronte mette in contatto due eventi temporali antitetici passato-futuro; è la stessa porta intesa come contemporanea esistenza di due dimensioni diverse, due momenti opposti, due diversi livelli di coscienza che vengono a contatto fra loro: il momento del transito è la porta solstiziale, l’istante della “coincidenza degli opposti”, in cui il varco aperto consente (con la magica mescolanza dei quattro elementi della natura che, in quell’attimo, risultano “indifferenziati”) il passaggio in una dimensione diversa e superiore. Nel percorso tra le due Porte, da quella invernale a quella estiva, con l’aggiunta del Fuoco Filosofico, l’Iniziato subisce la Purificazione, ed attua la Ricongiunzione Sacra, l’Armonia tra il Tempio Interiore ed il Tempio Esteriore. I due momenti solstiziali rappresentano dunque, simbolicamente, il punto di partenza ed il punto di arrivo, sue tappe fondamentali in questo percorso. Iniziare forse non è difficile, ma portare a compimento, “arrivare”, è tutto un altro discorso… E dunque, chi e che cosa dovrà guidarci e sostenerci? Il Rituale massonico ci indica il filo conduttore. Il Fuoco Filosofico, la grande forza che nell’esistenza umana si manifesta attraverso tutte le sfumature, dalle più basse alle più alte: l’Amore. Amore per il successo, amore per il potere, per il proprio sé…sono tutte tappe, forse necessarie, perchè l’uomo giunga, come il “Figliol Prodigo” a prendere coscienza di esistere non soltanto come individuo, che vive per sé in un mondo pieno di tanti altri sé. Allora questo amore si trasforma in amore per la Conoscenza, amore per la Bellezza, amore per l’Umanità. Questa consapevolezza, che corrisponde alla prima Porta Solstiziale, farà dell’uomo comune l’Apprendista che siederà al Settentrione, come la prima Pietra posta nelle antiche costruzioni, e lo spingerà su quella Via che porta a ritrovare il Divino che è in ognuno di noi, così da poter dire, come Plotino sul letto di morte: “Io mi sforzo di ricondurre il Divino che è in me al Divino che è nell’Universo”. La Conoscenza deve divenire Saggezza, la Bellezza Armonia, l’Amore inclusività. Perciò: “Rivolgiamoci dunque verso noi stessi, riprendiamo Martello e Scalpello e sbarazziamoci di tutte le impurità che una vana ambizione e un interesse meschino avrebbero potuto lasciarvi”. Giano suggerisce che esiste un Tempo Sacro, un Tempo che può essere un “continuum” quando l’Iniziato, dimentico del suo piccolo sé con i suoi piccoli bisogni, partecipa con la “coscienza” dell’impegno e del Servizio alla Grande Opera, ed è così in grado di ricevere nella sua umanità purificata, “l’impulso spirituale del Sole” attraverso l’Amore. Il Rituale dice “continuità…” Non c’è passato, non c’è presente, non c’è futuro. Ci sono solo cicli, cadenze e ritmi che governano questo nostro sistema e tutto ciò che vi abita, che sia cosciente o meno. E dunque, guardiamo alla continuità della Vita, con la consapevolezza che ci dona la nostra vista interiore, e, mettendoci in sintonia con questi cicli, secondiamoli come una barca sul mare asseconda le onde. Il contadino getta il seme nei campi consapevole che la terra è oscura e fredda, ma che questa condizione favorirà la trasformazione del seme in spiga, da uno in molti, nel tempo giusto. Allo stesso modo, il seme che gettiamo nel campo umano, nel silenzio e nel buio profondo dell’elemento Terra, da uno germoglierà in molti nel tempo del trionfo della Luce, a condizione che noi si sia già dentro la Luce. |