Il Dema ed i culti agricoli

Miti e SimboliGli storici delle religioni insistono spesso sull’importanza del nesso tra la scoperta dell’agricoltura e la sopravvivenza dell’anima dopo la morte. In particolare Mircea Eliade non si stancava di ribadire come la prima forma di coltivazione delle piante alimentari aveva inaugurato una serie di concatenazioni simboliche incentrate sulla donna, la fertilità, la luna, il ciclo delle stagioni, ecc.

Il Dema ed i culti agricoli

di Antonio D’Alonzo

Gli storici delle religioni insistono spesso sull’importanza del nesso tra la scoperta dell’agricoltura e la sopravvivenza dell’anima dopo la morte. In particolare Mircea Eliade non si stancava di ribadire come la prima forma di coltivazione delle piante alimentari aveva inaugurato una serie di concatenazioni simboliche incentrate sulla donna, la fertilità, la luna, il ciclo delle stagioni, ecc.

Come abbiamo scritto non sono molti gli storici delle religioni che accettano la teoria del matriarcato primordiale; in ogni caso appare ormai acclarato che la donna è stata la prima a prendersi cura delle piante alimentari.

Nel neolitico – come presso i “selvaggi” contemporanei – si tratta comunque di un’agricoltura di tipo “primitivo” che prescinde dall’aratro e dalla cerealicoltura, focalizzata sui vegetali tuberosi e sugli alberi fruttiferi. [1]

Come mito di fondazione per la scoperta dell’agricoltura si trova, presso molti popoli, un racconto incentrato sulle gesta di un particolare antenato, denominato “Dema” (termine diffuso dai Marind-anim della Nuova Guinea, affine al “mana” melanesiano e come quest’ultimo utilizzato per designare tutto ciò che è fuori dall’ordinario).

Solitamente il racconto mitico che vede protagonista un Dema, narra di un gigante o di un essere primordiale smembrato. Le membra lacerate cadono dal Cielo nel sottosuolo e provocano l’emergere delle prime piante alimentari. Lo smembramento del gigante cosmico produce la fuoriuscita delle piantine: alla base dell’agricoltura, dunque, si situa un omicidio primordiale.

Poiché – come insegna Elide – ogni gesto dell’uomo arcaico deve necessariamente riprodurre un atto esemplare o un archetipo, [2] i culti agricoli reiterano l’omicidio cosmico del Dema avvenuto in Illo tempore ed incarnato, per l’occasione, da un oggetto inanimato, da un animale o da un uomo. In tutti questi casi, al mito di fondazione si associa la credenza che il campo coltivato sia uno spirito vivente, destinato a morire con la fine del raccolto.

Secondo Turchi, i culti agricoli – di cui molte religioni di mistero appaiono seriori sublimazioni, come per esempio i culti di Attis, Adone, Osiride, ecc. – si suddividono in due fasi: [3]

a) L’espulsione del vecchio spirito della vegetazione sotto le spoglie di un uomo anziano o di un animale;

b) l’istituzione di un nuovo spirito della vegetazione.

Le due fasi sono esemplificate nel rito agrario ateniese in onore di Zeus Polieus (dal greco polis, «cittadino»). Alla fine della mietitura, un bue veniva condotto a mangiare delle focacce d’orzo incustodite, deposte davanti all’ara del dio. Appena il bue iniziava a mangiare era abbattuto dall’ascia di un sacerdote, che si dava alla fuga. L’ascia era processata e condannata – dell’animale si era impossessato il dio al momento del pasto – il bue distribuito in sacrificio di comunione a tutti i presenti; le parti squartate richiamavano i frutti del raccolto e l’animale lo spirito della vegetazione. La pelle del bue era riempita di paglia e l’animale imbalsamato agganciato all’aratro per simboleggiare la rinascita dello spirito della vegetazione.

(1- continua)

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Note

1. Cfr. A. Brelich, Introduzione alla storia delle religioni, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa-Roma, 1955. (torna al testo)

2. Cfr. M. Eliade, Il mito dell’eterno ritorno, Edizioni Borla, Roma 1999. (torna al testo)

3. Cfr. N. Turchi, Storia delle Religioni, vol. I, Sansoni, Firenze, 1954. (torna al testo)

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