Sacralità del popolo Incas

Letture d'EsoterismoNell’attuale momento storico dove le differenze religiose-culturali, provocano violenza, quasi sempre generata da pregiudizi ineducati alla diversità, è un dovere per ogni persona che tende alla libertà intellettuale, aprirsi alla comprensione delle diverse culture e alla loro sacralità.
Un esempio per cominciare ad esercitare questa nuova attitudine mentale, è dato dall’esplorazione dell’idea di sacro nella remota cultura Inca.

Sacralità del popolo Incas

di Juan Carlos Trabucco

Nell’attuale momento storico dove le differenze religiose-culturali, provocano violenza, quasi sempre generata da pregiudizi ineducati alla diversità, è un dovere per ogni persona che tende alla libertà intellettuale, aprirsi alla comprensione delle diverse culture e alla loro sacralità.

Un esempio per cominciare ad esercitare questa nuova attitudine mentale, è dato dall’esplorazione dell’idea di sacro nella remota cultura Inca.

L’ambiente

La geografia nella quale si è sviluppato l’Impero Inca è molto varia, la regione del Cuzco è Andina, la costa invece è prevalentemente desertica, interrotta da qualche valle grazie ad un fiume che scende dagli “andes”, e con un mare assai pescoso, tanto da rendere il Perù uno dei maggiori produttori di pesce nel mondo; invece verso est, si sviluppa la foresta amazzonica con una varietà botanica e zoologica impressionante.

Il Sacro

La sacralità degli Incas, nasce in un teatro naturale fatto di catene montuose gigantesche, fiumi enormi, uno scenario dove i personaggi, quindi gli uomini, sono esseri piccolissimi, insignificanti, ed il rispetto per la madre natura diventa venerazione. L’abitante degli “andes”, riuscì a sopravvivere in quest’ambiente sviluppando una relazione di rispetto con il mondo naturale.

Le montagne, nel pensiero Incas, erano l’olimpo degli dei “huacas”, mentre gli uomini degli “andes” avevano il loro posto nelle città situate nelle valli, e si consideravano parte integrante della natura, come può essere un fiume o una caverna. Il sacro non era rappresentato solo dalle cose visibili, ma anche da un pantheon di spiriti protettivi, come per esempio “mamma sara” (spirito protettore dei raccolti).

Generalmente si credeva nell’esistenza di spiriti buoni e di spiriti, che possiamo definire “furbi” o “maliziosi”. Non esisteva un dio che imponesse la giustizia, né un dio della vendetta o un diavolo. Esistevano invece principi basici di “buona convivenza” tra gli uomini e di questi con la natura, principi etici, morali, che non avevano niente a che fare con la religione né con gli dei.

Per questo è difficile spiegare la sacralità Andina con gli stessi parametri che si utilizzano per la spiritualità occidentale. Quando cominciò il periodo buio degli Incas con la colonizzazione spagnola (durata quasi 300 anni), fu necessario incorporare nella lingua Inca il “Quechua” (idioma ufficiale nel Perù, insieme allo spagnolo), delle nuove parole per spiegare la religione cristiana. Nuovi termini per concetti inesistenti nel mondo Inca. Non vi è infatti riscontro con le idee di demoni, idolatria, e neanche dio ha esattamente lo stesso significato che nel mondo occidentale. La sacralità andina è intimamente sposata con la natura.

Esistevano dei personaggi dedicati al sacro: sacerdoti, guaritori e indovini. Erano loro quelli che invocavano il dio sole “Inti” o gli dei “minori” per guarire una persona o un animale come il “llama” o per chiedere la pioggia. I guaritori usavano tisane d’erbe della regione, in particolare la foglia di coca, abitudine diffusa esistente ancora oggi.

Riti e festività

Il rito permette la trasformazione sostanziale dell’uomo nel contesto di una particolare visione cosmica. Il rito era anche parte della vita degli Incas; per adorare il Dio Sole nelle cerimonie ufficiali, il segno era baciarsi le mani ed elevarle verso il cielo. Non c’era negli “andes” l’abitudine di inginocchiarsi o prostrarsi davanti ad un dio. La festività più importante era il giorno d’adorazione al dio Sole l’“Inti raymi” che coincide esattamente con il solstizio d’estate. Oggi non è considerata una festa religiosa, ma come una festa popolare in memoria del dio sole e dell’Impero Inca, che fu l’impero più grande d’America (Perù, Bolivia, Ecuador, parte dell’Argentina, Cile e Colombia).

Ancora prima degli Incas, i popoli antichi del sud America hanno lasciato tracce della sacralità dei loro tempi, come vedremo di seguito con una breve raccolta d’immagini.

Rituale d’Iniziazione nell’antico Perù

Storicamente dalle forme mitologiche, l’uomo sviluppa il suo pensiero fino a raggiungere forme sviluppate di pensiero scientifico, filosofico o religioso; per esempio vediamo uno sviluppo dalla magia alla scienza nel popolo greco, e in tempi più recenti la Massoneria sorse come il contenitore simbolico per lo sviluppo della sacralità dell’uomo.

Il ricercatore Enrique Langer ci dice che il mito è la verità espressa in forma simbolica e affettiva e l’aspetto simbolico è presente nella corrispondenza tra il segno ed il suo significato. Il segno può essere un gesto, un’immagine, una parola, pure un discorso.

Nella valle di Miculla in Tacna (attuale frontiera tra Perù e Cile) troviamo le incisioni in pietra (v. l’immagine), nella quale possiamo vedere il rituale di passaggio della vita da bambino ad adulto di un giovane “takana” (popolo pre-inca); muore un bambino per rinascere un uomo, raggiungerà così un’altra forma d’esistenza, diventerà un guerriero o un sacerdote o un artigiano, avrà accesso alle cerimonie, ai riti e finalmente raggiungerà le porte dell’“oriente eterno”.

Rituale d’Iniziazione su pietrogrifo della valle di Miculla nella regione di Tacna – Sud Perù

Nella prima foto (la pietra originale misura 1 m. per 60 cm) si vedono sette personaggi, se consideriamo anche la pietra che rappresenta la natura e il dio che è invocato. Un bambino, un adolescente il giovane che viene iniziato e il sacerdote “chaman”, che dirige la cerimonia. La sua postura, con la gamba sinistra in avanti, intuitivamente suggerisce saggezza e forza; con le due braccia protese offre con fermezza una lancia all’iniziando; l’adolescente con la maschera di felino prende con la mano sinistra il gomito dell’iniziando. Tutti sono rappresentati con le gambe divaricate ad indicare stabilità nell’appartenenza alla tribù, della quale essi rappresentano la naturale evoluzione, dal momento che sono posti tutti sullo stesso piano. Nella parte sinistra c’è il dragone raffigurato più in basso, ad indicare il sottosuolo, come simbolo della malvagità, che fugge davanti alla rinnovata forza degli uomini e al loro sviluppo; la sacralità della cerimonia vince il dragone in un’affascinante allegoria interpretativa del bene e del male.

I Dei di Chavin

Il popolo Chavin si è sviluppato più di tremila anni fa negli Andes all’interno d’impervie montagne, nella zona nord del Perù.

Avvalendosi della scoperta di tecniche di costruzione agraria, come ad esempio la coltivazione a terrazze, tecniche idrauliche, per portare l’acqua con acquedotti, utilizzando il principio dei vasi comunicanti, e con lo sviluppo dell’astronomia, svilupparono i primi centri urbani creando delle nuove figure sociali: astronomi, esperti nei movimenti del sole, della luna, ecc.; tecnici agrari, esperti nella distribuzione delle acque e dei servizi nei campi di coltivazione, artigiani come ceramisti, lavoratori di tessuti, scultori; presto fecero la loro apparizione i templi e la formulazione di un’organizzazione di culto, finché qualche città fu convertita in vero e proprio luogo di culto.

Chavin fu la principale città cerimoniale, diventando centro nevralgico sia per il culto che per il commercio, in particolare dei prodotti provenenti dalla foresta amazzonica e dalla costa.

Entrando nel tempio di Chavin si ha la sensazione di penetrare in un mausoleo di dei feroci, e la sensazione è amplificata dal silenzio assoluto del luogo, isolato dal rumore del vento esterno da grosse pareti. Ci sono dei percorsi stretti tra pareti alte e fredde a formare un labirinto crudele per il neofito, che conducono ad un salone principale a forma di croce; nel mezzo un enorme pugnale come piovuto dal cielo, di circa 4 metri, e l’immagine di un dio che mostra la bocca con enormi denti curvi. Con la mano destra in alto e le unghie grandi, feline, ed i capelli come dei serpenti, nell’insieme è assimilabile ad un drago.

I Mochicas

Il popolo chiamato Mochica sorge e si sviluppa tra i secoli I e VII, ha avuto come scenario la lunga e stretta frangia desertica della costa nord del Perù dove si trovano le rovine dei loro templi piramidali, palazzi, fortificazioni, opere d’irrigazione e cimiteri che testimoniano lo sviluppo artistico e tecnico.

I Mochicas vinsero il deserto con l’irrigazione artificiale deviando l’acqua con canali provenienti dai fiumi andini, canali ancora oggi funzionanti. La loro ingegneria idraulica permetteva di contare su una solida economia che, con i prodotti del mare, aveva costituito la base del loro sviluppo. Per i Mochicas, amanti della vita, la morte non costituiva la fine. Gli uomini continuavano vivendo in un’altra dimensione del mondo con i loro stessi obblighi o privilegi, e questo convincimento era simbolicamente espresso nell’abitudine di seppellire i defunti con provvigioni e beni.

Il Signore di Sipan

Nei primi anni ottanta, sono stati ritrovati, appartenenti al popolo Mochica, dei resti archeologici molto importanti che rivelano architettura e costumi di questo popolo. La ricostruzione nell’immagine che segue, mostra una somiglianza tra le cerimonie religiose di quei tempi ed i lavori odierni nei templi massonici.

Il Signore di Sipan, pre Inca – Cerimonia Sacra – Popolo Moccica – Nord del Perù

Nei resti attribuiti al Signore di Sipan, un sorta di re, guerriero e governante che morì ai 40 anni, sono stati trovati la sua vestaglia, gioielli ed ornamenti della più alta gerarchia come pettorali, collari, orecchini, caschi, corone e bracciali.

Predomina in questi ornamenti l’uso dell’oro, dell’argento, del rame dorato (bronzo) e delle pietre semi preziose. Nel suo sepolcro, si trovarono più di 400 gioielli. Il collare d’oro e d’argento è un simbolo religioso degli dei Sole e Luna. Nella mitologia Mochica simbolizzava la visualizzazione degli dei nel cielo in un dato momento del giorno, sintesi del perfetto equilibrio.

Vaso Cerimoniale Sacro, Impero Inca – museo archeologico di Lima

Le Righe di Nazca

Il popolo Nazca sviluppatosi intorno al duecento a.C., ha la sua localizzazione geografica sulla costa, circa 600 km al sud di Lima. Negli ultimi anni probabilmente uno dei monumenti pre-inca più conosciuti è quello delle righe di Nazca, probabilmente per il fatto d’essere vicino a Lima a circa 6 ore di autobus verso sud lungo l’autostrada “panamericana”.

“El Candelabro”, Popolo Nazca, pre Inca – Sud del Perù

Il vento come la bora corre con furia, giorno dopo giorno da millenni, il sole del deserto brucia senza pietà e la pioggia quasi mai compare da quelle parti, ci sono solo le stelle che sembrano enormi nelle notti. Non è un posto per gli uomini sembra più una dimora propizia agli dei. Sulla sua piatta superficie sono state tracciate linee e grafici che sono visibili soltanto dal cielo; la “pampa” di Nazca probabilmente non è un mistero, ma solo per gli iniziati. Le linee vanno dai pochi metri fino a centinaia di metri apparentemente senza un senso predeterminato. Le speciali condizioni climatiche e geologiche del posto hanno permesso la formazione di un sottile strato minerale marrone oscuro che contrasta con il colore chiaro del sottosuolo.

Sono in realtà una serie d’enormi figure tracciate sulla sabbia del deserto, sono varie ed hanno come nome il simbolo ch’esse raffigurano: il ragno, la scimmia, il candelabro ed altri. Da tanti anni sono oggetto di studio di tanti ricercatori tra i quali spicca l’astronoma e matematica tedesca Maria Reiche.

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“Coricancha”, Porta del Tempio del Sole dell’Impero Inca – Cuzco Perù

Tappeto Popolo Paracas, pre Inca – Sud del Perù
Un capo, “cacique” che tra i suoi indumenti indossa un grembiule

Portale trapezoidale Inca a Sacsahuaman – Cuzco, Peru

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