Tre specificità della via iniziatica

Domande e Risposte« … Il mondo dell’esoterismo e dell’iniziazione è un mondo aperto a tutti gli uomini di desiderio …».«Ma per ri-conoscersi, il “conoscitore” deve essere capace di “entrare” e “scendere” in se stesso e d’interpretare correttamente ciò che vede.»« … nel così detto mondo esoterico, sono molti a parlare di esoterismo, ma quanti sono realmente a praticarlo? Quanti sono disposti a sacrificare se stessi (l’io personale) e morire misticamente, (come il salmone) per poi dare alla luce una nuova vita, cioè un nuovo stato di coscienza? Si parla molto di risveglio o rinascita, ma come si fa a rinascere se prima non si muore realmente? …»

Tre specificità della via iniziatica

di Athos A. Altomonte

D: «…Il mondo dell’esoterismo e dell’iniziazione è un mondo aperto a tutti gli uomini di desiderio…»

R: Nutrire sentimenti liberali è lodevole. Purtroppo, però, sulla via iniziatica la liberalità è un’utopia. Perché, l’iniziazione non è l’evoluzione di un sentimento, seppure apprezzabile, ma la concreta realizzazione di un processo interiore fortemente voluto e duramente conquistato.

Per questo, sulla via iniziatica, ogni genere di emotività, anche quella devozionale, finisce per scontrarsi con ostacoli che, senza un’adeguata preparazione, si rivelano insormontabili.

Ne è un esempio la mancanza di sensibilità intellettuale. Che va prima trovata, poi educata, coltivata e sviluppata. Per raggiungere quel grado d’intelligenza simboleggiato dal divaricarsi delle due aste del Compasso.

Inoltre, è indispensabile giungere alla “comunione” tra sensibilità ed intelletto, per sintonizzarsi con la diversità dell’Ego (o anima), al cui “essere” non interessano i limiti della personalità (l’io fisico), se non in casi eccezionali, tra cui ricordiamo l’energia dell’istinto di sopravvivenza, individuale e della specie.

Al “conoscitore” vengono subito chiariti due concetti. Primo, che nessun “buonismo” può sopperire all’incapacità di raggiungere la profondità delle idee, dei simboli e dei principi. Secondo, che mai nessun aspirante si è mai trasformato in iniziato, solo perché lo desiderava.

Il postulato iniziatico può essere perseguito attraverso le vie (misteriosofica, conoscitiva, mistica, ecc.), che rispondono ai diversi “linguaggi psicologici” degli aspiranti.

Questo fino all’iniziazione (reale), che supera la differenziazione dei linguaggi, per una sintesi di conoscenza chiamata Gnosi, che significa “colui ch’è guidato dal suo spirito”.

La sintesi interiore produce l’illuminazione della coscienza fisica e quel fenomeno psichico chiamato sapere per contatto. Il che significa essere raggiunti da pensieri d’ordine superiore (ispirazione e capacità creativa), che si riversano nella mente (precipitazione psichica), attraverso quel contatto (detto ponte) che unisce l’io inferiore (la personalità fisica) all’Ego superiore (emanazione dell’anima).

L’iniziazione, dunque, non è lo sviluppo di un sentimento, ma un traguardo che può essere conquistato solo trovando in sé stessi l’energia e la volontà necessaria, per affrontare il lungo processo di trasformazione che conclude il progetto iniziatico. Un percorso, a tratti molto doloroso, che dalla ragione pratica (la mente fisica o concreta), porta a quella parte di coscienza ch’è rimasta nascosta dall’ombra dell’inconsapevolezza.

Nel cono d’ombra dell’incoscienza interiore, infatti, risiede la parte più sottile della coscienza (essenza spirituale), che il “conoscitore” deve imparare a ri-conoscere, per ampliare la propria consapevolezza intellettuale (v. espansione di coscienza).

L’espansione della consapevolezza, però, non va confusa con la comune “pratica del nozionismo” che, seppure erudito, non apporta alcun miglioramento interiore.

Ma per accettare appieno questa affermazione, dovrebbe essere chiara la distinzione tra ragione pratica (mente fisica) ed intelletto superiore. Considerando che la ragione pratica è una caratteristica (carattere) della personalità, che nasce dall’apprendimento (imitativo) e si basa sulla memoria. Mentre, l’intelletto è una facoltà della coscienza superiore, a cui si aggiungono l’intelligenza intuitiva e l’empatia.

Si potrebbe dire che il cammino iniziatico è un “filo”, che dalla ragione fisica, e attraverso l’intelletto, conduce alla conoscenza pura (mente spirituale).

Per intrecciare questo filo, al “conoscitore” viene insegnato a “costruire” la mente superiore che ancora non ha. Cominciando col dominare (non annientandoli) gli impulsi fisici che guidano la mente naturale della personalità fisica (l’io inferiore).

L’educazione esoterica si sviluppa prima attraverso l’assimilazione di idee simboliche. Poi, insegnando a cercare il “contatto diretto“ con le Idee maggiori (mondo delle cause o m. causale) e coi pensieri archetipi, che sono i modelli immutabili della creazione (vedi monadi).

In fase avanzata, al “conoscitore” non viene più insegnato a pensare, ma a vedere ciò che pensa. Viene istruito ad utilizzare lo strumento della visualizzazione. Così, impara a “costruire” immagini-pensiero, immagini-tattili, immagini-sonore, immagini-colore ed immagini-sapore.

Tutto ciò, precede il contatto con il primo vero simbolo vivente: se stesso. Che porta l’iniziato a ri-conoscere se stesso non più solo come frutto esclusivo della Natura fisica.

D: «Ma per ri-conoscersi, il “conoscitore” deve essere capace di “entrare” e “scendere” in se stesso e d’interpretare correttamente ciò che vede.»

R: La corretta interpretazione di ciò che s’incontra, si vede, si tocca in se stessi è indispensabile, per il semplice fatto che la coscienza (subconscio e supercoscio) si esprime attraverso “immagini”, che non hanno solo forma metaforica (un lago, un pesce, un edificio, una luce, ecc.), ma che assumono sembianze umane capaci di parlare col visitatore, cioè, immagini viventi capaci d’interagire con il “conoscitore”. Ed anche se ad un profano questo può sembrare incredibile, questa non è solo realtà esoterica, ma anche scientifica, che ebbe inizio con Freud, e la sua “Indagine fantasmatica”.

Queste sono alcune delle condizioni che il “viaggiatore” deve realizzare per giungere all’iniziazione. Ma se non vengono realizzate, nulla accade, se non che l’aspirazione diventa desiderio di una meta vagheggiata. Ed i desideri si trasformano in speculazioni astrali (passionali ed emotive) da cui sgorgano gli inganni, sogni e dis-illusioni che annebbiano i “viaggiatori”.

Per cui, per evitare ogni dis-illusione, sarà bene impegnarsi a sviluppare subito i due aspetti principali: la volontà e l’intelletto.

« …siano essi scienziati, pittori, semplici impiegati, muratori e via dicendo…»

Con tutto il rispetto per operai ed amanuensi, la via iniziatica non è un cammino comune né naturale. È destinato a chi possiede, o s’impegna a possedere, doti assai particolari, necessarie, anzi indispensabili, al processo di “trasmutazione interiore”.

Un maestro scrisse: parlare non serve a cuocere il riso.

Questo ci ricorda che ciò che trasforma e ci trasforma sono i pensieri, le idee. Non le chiacchiere, e nemmeno le buone intenzioni.

Dunque, per trasformarsi in qualcosa di diverso, che si suppone migliore, bisogna imparare a trasformare i pensieri (che scorrono e, perciò, vanno geometrizzati) e le idee (che costituiscono i modelli interiori).

La mente può essere inabile a generare nuovi pensieri, ma se lo è, abile, segue l’assunto che siano le idee a dare forma alla mente e non la mente a dare forma all’idea.

A sostenere il fatto, gli iniziati ci hanno insegnano che è stato il “bisogno di vedere” della coscienza superiore a formare l’occhio, e non l’occhio a generare la vista.

Poi, per iniziarsi, bisogna lasciare il cammino del comune apparire, smettendo d’integrarsi coi ruoli sociali interpretati nella vita profana. Questo per seguire modelli nati da realtà sottili, che in questo momento ritengo superfluo ricordare. Perché è inutile pensare al tetto se non si sono ancora ultimate le fondamenta dell’edificio.

Restano, allora, solo da considerare due dati concentrati in due termini: disintegrazione e integrazione. In sintesi, il lavoro da fare è quello di dis-integrarsi dai desueti modelli profani (lasciando, abbandonando, rifiutando l’immagine del “vecchio” se stesso), per cercare d’integrarsi con “nuovi” modelli, tra quelli più attinenti al modello iniziatico.

D: « … nel così detto mondo esoterico, sono molti a parlare di esoterismo, ma quanti sono realmente a praticarlo? Quanti sono disposti a sacrificare se stessi (l’io personale) e morire misticamente, (come il salmone) per poi dare alla luce una nuova vita, cioè un nuovo stato di coscienza? Si parla molto di risveglio o rinascita, ma come si fa a rinascere se prima non si muore realmente? …»

R: Da queste parole, sembra che le esperienze col “comune sentire esoterico” non siano state esaltanti. Ma sulla pratica di “tanto parlare per non fare niente” non c’è molto d’aggiungere, se non la constatazione di una realtà tutt’altro che incoraggiante.

Ma dallo scritto appare anche un terzo aspetto, sul quale ci sarebbe molto da dire.

Quello delle storture emotive che inquinano l’esoterismo di maniera. Con deformazioni tracimate da credenze fideiste, exoteriche e passionali.

Termini come sacrificio, morte e castigo sono concetti inesistenti sul piano iniziatico, ma trovano vita nel materialismo religioso, irriverente per il suo pessimismo. E il distinguo si fa assordante, se la solarità iniziatica viene messa in contatto con l’oscurità dei culti devozionali.

Ma tanto oscuro pessimismo non deve toccare il postulante. Perché, anche se il divenire iniziatico è difficile, il suo orizzonte è gioioso. Denso di buone aspettative, come la luce della conoscenza, la realizzazione dell’amore e dell’ideale impersonale, per l’effusione di una coscienza e fratellanza universali, senza dimenticare la prospettiva del contatto (in se stessi) col progetto divino.

Per tutto questo, il cammino iniziatico (se ben condotto) non può comportare senso di sacrificio, ma solo voglia di affrettarsi alla meta. E anche se la mutazione è lunga e difficile, la libertà interiore ch’essa comporta ripaga ampiamente ogni sforzo.

Quindi, parrebbe questo l’investimento più proficuo che si possa immaginare.

Una via di progresso, dove la visione pessimistica non ha posto.

Il morire poi, in realtà è l’abbandonare la “vecchia pelle di bruco” per rinascere “farfalla”: e chi può dolersi di non essere più bruco? Forse chi non sarà mai farfalla?

L’iniziato conosce, quindi capisce e sa. Per questo diventa uno spirito cosciente, che “serve con gioia” fratelli e sorelle sfortunati, incapaci di sentire e di vedere. Che non potendo capire, non sanno ciò che fanno, né intendono il destino ch’essi stessi si creano. Ed anche se andando incontro “ai ciechi d’animo” (non d’anima), si può essere, anzi, si verrà sicuramente feriti dall’incapacità e dall’ignoranza, diventare una (piccola) guida o un (piccolo) faro, è la cosa che più s’avvicina al principio di bene comune, per il quale soffrire un po’, non fa poi così tanto male.

Poi, “guardando in alto”, c’è un altro bene comune da preservare, quello che va nella direzione del progetto dell’anima. Che non va disatteso, e per il quale è necessario “cambiare”.

E per “cambiare” l’iniziato non teme di morire un po’ ad ogni momento.

Anzi è felice, perché sa di rivivere al momento successivo sotto un aspetto migliore.

Ed anche se sa che della sua vita nulla più gli appartiene, oramai sa di essere lui ad appartenere alla vita, e per sempre. E questo è ciò che più l’avvicina al senso d’immortalità.

«… ora, l’immortalità mi è nota». Esclama il maestro ri-nato.»

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