Ove tra iniziati s’avvii il confronto tra principi fissi e perciò immutabili, non può esserci disputa ma solo edificazione di idee, in cui ogni iniziato apporta la propria pietra, sensibile e percettiva, angolata dalle sue capacità intellettuali. Questa costruzione è il Tempio, simbolo della ricerca della conoscenza e della verità, ch’è la Dimora filosofale di ogni iniziato.
Un giorno decidemmo che il concetto di “gara” o di “disputa”, non avrebbe più trovato spazio nel nostro Sito. Vediamo, allora, alcune “buone ragioni” nel contrastare ogni moto di belligeranza. La prima buona ragione è quella che s’estende da un principio: «Ove tra iniziati s’avvii il confronto tra principi fissi e perciò immutabili, non può esserci disputa ma solo edificazione di idee, in cui ogni iniziato apporta la propria pietra, sensibile e percettiva, angolata dalle sue capacità intellettuali. Questa costruzione è il Tempio, simbolo della ricerca della conoscenza e della verità, ch’è la Dimora filosofale di ogni iniziato.» Tutt’altro che “edificanti” sono le polemiche verbali. Le “Disputationes”, nacquero nell’antica Università della Sorbona, in Francia, con la moda dell’esercizio dialettico, dove si vinceva più per il dissolvimento polemico dell’avversario, che per l’intimo convincimento dell’assemblea. Ma le “tenzoni dialettiche” erano avversate da grandi oratori come, ad esempio, san Bernardo da Chiaravalle, fondatore ed estensore della Regola Templare. Bernardo che con abilità oratoria, ricucì più volte gli scismi tra opposti papi della chiesa di Roma, aveva la consuetudine di definire «flatus vocis» l’inconsistenza della pratica discorsiva, le “Disputationes” appunto. In realtà, i dialettici erano e sono ancora, solo dei polemisti, nozionisti ripetitivi, tutt’al più dei sofisti, incapaci di eguagliare, solo con la verbosità, i criteri della vera intellettualità. Un’icona storica di polemista fu Pico della Mirandola. Cortigiano, protetto di Lorenzo il Magnifico, Signore di Firenze, il giovane principe Pico della Mirandola andò a cimentare il suo ingegno coi retorici della Sorbona, dove diventò un altro paladino delle “Disputationes”. Per molte ragioni, non ultima la bellicosità ch’è sempre una pessima compagna, le dispute non sono ritenute una vera attività intellettuale. Piuttosto, è più adatta a chi pratica la propaganda, come quella politica o religiosa: o per chi è attratto dalle ideologie. Chi si sente attratto dalla ricerca della conoscenza, soprattutto dalla ricerca di conclusioni veritiere, evita il “tanto parlare” preferendogli il “molto pensare”, ch’è un attività assai più consona ad un Iniziato. Con questo arriviamo a parlare di tradizioni popolari e di Tradizione una. Se ne è molto discusso di Tradizione, cercando sempre di portare l’acqua al proprio mulino, cioè, verso l’Ordine o l’organizzazione o l’associazione, che si ritiene l’unica depositaria di “verità”. L’idea che ho maturata, invece, è un’altra: nessuna organizzazione iniziatica è l’unica depositaria della verità. Questo ho cercato di dimostrare con il lavoro: la Sacralizzazione perduta. In cui cerco d’illustrare come l’unicità del Principio iniziatico sia stata infranta e spezzata in due tronconi, uno Misterico ed uno Mistico. E non serve a molto possederne anche completamente una chiave, se s’ignora l’altra. Il principio iniziatico va riunito perché torni ad attivarsi, accendendo la coscienza dell’Iniziato, così com’è simboleggiato dal Pentalfa Fiammeggiante. E riallacciare le due anse del cerchio rivela l’Iniziato. Tutto il resto è solo inutile sfoggio di verbosità. * * * Dice una regola: a) la risposta si trova al centro della domanda “ben strutturata”, essa quindi, va sempre ricercata nel centro (nel profondo) di una realtà latente. b) ogni argomentazione non è mai di per sé esaustiva, perché, per l’eterno collegamento “della parte col tutto”, svelato dall’analogia, ogni ragionamento ben posto è passibile di sviluppo, i cui limiti saranno solo quelli dettati dalla relatività del pensatore. In questo caso, il “mattone” che vorrei aggiungere alla costruzione è quello che: la Logica e l’Intuito sono gli aspetti mascolino e femminino della mente. Credo che chi voglia avventurarsi nel “nuovo” debba essere prima capace di abbandonare, almeno per qualche tempo, le “certezze” riposte nella mente concreta (la ragione), per farsi guidare dalla capacità dell’intuito. Sapendo, però, ben distinguere tra intuito (aspetto creativo dell’intelletto) ed istinto (abilità del sopravvivere). Da questo primo concetto si può dedurre che nessuna idea innovativa può essere sottoposta al controllo razionale, se non nella fase che principia alla sua realizzazione progettuale. Solo a questo punto, l’idea intuitiva viene vagliata dalla logica che, sola, determina la procedura della sua concretizzazione. Ecco che a quel punto, per regolare il “calendario pratico” della realizzazione, interviene la ragione. Che non è mai indipendente, ma dovrebbe essere sempre, ma non sempre lo è, purtroppo, subordinata alla logica come il progetto logico deve restare sempre subordinato all’idea. La leggerezza metafisica dell’idea trasportata dall’intuizione, dalla ragione soggettiva (la ragione) viene percepita come “forma incerta”, che può, attraverso l’analisi della logica, assumere le fattezze di una ragionevole aspettativa, che si concretizza in concetto finito, parola o fatto. Questo tecnicismo mentale (v. ponte coscienziale) vela un’altra astrazione, che l’ermetismo formula nella metafora di: mascolino e femminino. Che non corrispondono, come qualcuno ritiene, al sesso dell’individuo, ma ai due aspetti mentali della sua natura fisica e metafisica. Dal connubio tra natura fisica e metafisica nasce l’assioma di scienza (logica) e coscienza (intuito). I due lobi cerebrali operano in maniera tanto diversa, che in una personalità poco evoluta può rivelarsi conflittuale, mentre nell’Iniziato che opera sulla “via di mezzo” (altra metafora della psiche umana), il loro operato diventa complementare. Cioè, le due diversità si sommano in un terzo aspetto che ne sintetizza solo i “vantaggi”. In un breve scritto possiamo solo sfiorare il concetto di “linguaggio (input) cerebrale” da cui, man mano, nascono le diverse “coloriture” psicologiche. Allora ci si limiterà a considerare che, mascolino e femminino rappresentano le due colonne psicoenergetiche dell’essere umano e la metafora delle “coloriture” psichiche, attraverso cui si manifesta l’attività dei due lobi cerebrali. Quello di destra, ricettivo ed introflesso, regge la “colonna femminina” (lato sinistro) della struttura psicoenergetica umana. Mentre il lobo sinistro, analitico ed estroflesso, regge la “colonna mascolina” (lato destro). Dalla loro eccentricità nascono le pratiche delle differenti visioni culturali. Dalla coloritura “mascolina ed estroflessa”, ad esempio, è nata la visone misterica dell’iniziazione confluita, poi, nella concettualità della “ratio” scientifica. Dalla coloritura “femminina ed introflessa”, invece, è nata la visione mistica dell’iniziazione ridottasi, poi, ai culti della devozione popolare. Ma l’iniziato sa, che indugiare su una sola delle due visioni (misterica e mistica) significa imparare a conoscere una sola metà del cielo. E limitarsi a riconoscere solo i concetti di una metà del cielo, porta all’annebbiamento d’ogni Idea e ad eclissare la verità, ch’è il terzo aspetto che insorge dalla “com-unione” dei primi due. A ricordare la presenza di un terzo aspetto, l’iniziato è condotto seguendo sul Pavimento del Tempio, le Tre Colonne dall’Albero Sephirotico. Quella centrale, che da Malkuth (il Copritore Esterno) arriva fino a Kether (il Delta posto sopra lo Scranno del Maestro venerabile), è la Terza Colonna, invisibile perché metafisica o spirituale. Ma l’iniziato, anche se principiante, deve essere in grado di distinguere tra realtà e metafora. Perché leggenda, mito e metafora, sono stati metodi semplici per comunicare realtà superiori a menti ancora poco evolute. Potremmo, allora, definirle il male minore in confronto alla superstizione e all’ignoranza che rabbuiavano quelle menti. L’adepto, deve saper ritrovare le dimensioni reali dei significati “custoditi” nel simbolo e nella metafora: restituendoli alla loro connaturazione scientifica ed iniziatica. Sempre che per iniziazione s’intenda, come noi intendiamo, la costruzione interiore di una cupola (cielo) intellettuale e magari, perfino metafisica e spirituale – e non il mero canone di carrierismo che affolla le Colonne del Tempio. |