Per scala musicale s’intende una successione, ordinata secondo determinati rapporti, di una serie di suoni compresi nell’ambito di un’ottava. La scala musicale nasce, fondamentalmente, dal bisogno di organizzare in qualche modo i parametri musicali, cioè “di graduare l’altezza dei suoni affinché sia possibile una comunanza di linguaggio tecnico, quale premessa indispensabile per la diffusione di quello artistico.
Aspetti generaliPer scala musicale s’intende una successione, ordinata secondo determinati rapporti, di una serie di suoni compresi nell’ambito di un’ottava [1]. La scala musicale nasce, fondamentalmente, dal bisogno di organizzare in qualche modo i parametri musicali, cioè “di graduare l’altezza dei suoni affinché sia possibile una comunanza di linguaggio tecnico, quale premessa indispensabile per la diffusione di quello artistico. Le scale musicali non ci sono state regalate dalla natura, ma sono state inventate dall’uomo ed è tanta l’influenza che hanno esercitato sulla formazione del gusto, che nell’ambito dei grandi gruppi etnico-musicali, con particolare rilevanza per ciò che riguarda il nostro sistema, si è finito per farne dei punti fermi”[2]. Da un punto di vista intuitivo, e non verificabile storicamente, si può pensare che gli uomini della preistoria abbiano incominciato ad emettere dei suoni in maniera disordinata, non solo per emettere dei segnali utili alla loro sopravvivenza, ma provando, in un certo senso, anche una soddisfazione non solo uditiva, ma anche emozionale. Con il passare del tempo nacquero dei primi tentativi di organizzazione delle altezze dei suoni, verificabile soprattutto osservando qualche scultura o bassorilievo in cui sono rappresentati degli strumenti musicali la cui struttura (corde di varia lunghezza, come nelle arpe, o i fori praticati nei flauti) “è la prova convincente del possesso di sistemi razionali bene adatti a regolare l’altezza dei suoni. Se la prima scala musicale sia consistita nella collocazione arbitraria di certi intervalli nell’ambito dell’ottava, o in qualsiasi altra maniera disposti, oppure rispondesse alla scoperta e all’uso di alcuni di quegli intervalli che oggi chiamiamo armonici [3], non è possibile accertarlo, anche se detti intervalli che hanno un’esistenza fisica naturale (vibrazioni armoniche delle corde elastiche) e fisiologica (armoniche auricolari), possono far pensare ad una loro precedenza storica, di cui si avrebbe prova dal fatto che le più antiche scale, da quella cinese a quella greca, sono appunto fondate sulla scelta di rapporti semplici derivati dalla divisione delle corde vibranti in aliquote corrispondenti a date frazioni della loro lunghezza, che è come dire derivati da rapporti armonici” [4]. Nell’analisi delle scale delle diverse civiltà si possono mettere in evidenza due caratteristiche comuni: a. la sistemazione degli intervalli dei suoni nell’ambito di un’ottava b. l’utilizzazione di rapporti semplici per definire le distanze tra un suono e l’altro. Dalle forme più o meno articolate di emissione sonora delle popolazioni più antiche, alle prime organizzazioni di successione di suoni necessarie per la costruzione di strumenti musicali, si giunge, nella cultura musicale occidentale alla formalizzazione di una prima scala musicale, ad opera di Pitagora, che sarà il modello sul quale si baserà lo sviluppo delle altre scale [5]. Ascoltiamo alcuni esempi di diverse scale musicali senza, per ora, darne una definizione, ma con lo scopo di prendere familiarità con scale musicali che non fanno parte della nostro mondo occidentale. In questo caso sono proposti alcuni semplici esempi, non sicuramente esaustivi della ricchissima quantità di scale che hanno caratterizzano e caratterizzano le diverse civiltà musicali. Esempi musicali: scala pentatonica, giapponese, hawaiana, esatonale (formata dalla succesione di sei suoni), scale indiane (raga Kafi, raga Marva, raga Todi) e infine la scala occidentale di Do Maggiore. Ascolto: 2) Scala pentatonica giapponese ApprofondimentiEsaminiamo ora, per sommi capi, come sono nate le tre principali scale che fanno parte della cultura e della prassi del mondo musicale occidentale, cioè la scala pitagorica, la scala zarliniana e la scala temperata. La scala pitagoricaSenza entrare nell’affascinante mondo pitagorico [6] è bene ricordare come “la scoperta che «tutte le cose che si conoscono hanno un numero», poiché «senza il numero non sarebbe possibile pensare né riconoscere alcunché», fu fatta in musica” [7]. I greci non consideravano il numero 1 come un numero. Numero, infatti significa pluralità, più di 1. Considerando quindi il numero 2, come l’inizio dei numeri pari e il numero 3 come l’inizio dei numeri dispari, ottenevano, facendo il loro quadrato, una successione di numeri che corrispondeva alla divisione della corda del monocordo [8]. Nel caso della costruzione della scala musicale il rapporto fondamentale fu, dunque, il rapporto 3/2, cioè l’intervallo di quinta, cioè Do —> Sol. I musicisti greci infatti nello stabilire l’altezza dei suoni della loro scala usarono la progressione geometrica dell’intervallo di quinta, cioè moltiplicando il rapporto 1/1 per il rapporto di quinta 3/2 ottenevano la nota Sol; moltiplicando il valore ottenuto di nuovo per 3/2 ottenevano la nota Re (nota che si trova un intervallo di quinta al di sopra della nota Sol) e così via sino ad ottenere la nota Si. Osserviamo la tabella seguente: nella colonna 1 sono riportate le moltiplicazioni per 3/2 nella colonna 2 sono riportati i risultati ottenuti nella colonna 3 sono indicati i nomi delle note ottenute, considerando come nota base il Do
Le note così ottenute non si trovano tutte nella stessa ottava. Infatti se osserviamo la loro trascrizione nel pentagramma otterremo, partendo dal Do3 o Do centrale della tastiera: Per posizionare i suoni nell’ambito di una ottava si moltiplicano i rapporti eccedenti l’ottava per ½: il Re e il La una volta. Il Mi e il Si due volte. Osserviamo la tabella seguente riassuntiva: nella colonna 1 sono riportate le moltiplicazioni per 3/2 nella colonna 2 sono riportati i risultati ottenuti nella colonna 3 sono riportate le operazioni di moltiplicazione per 1/2 nella colonna 4 sono riportati i valori ottenuti nella colonna 5 sono indicati i nomi delle note ottenute, considerando come nota base il Do
Nello schema sopra riportato manca la nota Fa. Per trovare il valore della nota Fa, occorre scendere di una quinta dal primo grado, dividendo per 2/3 e moltiplicare il valore ottenuto per ½, per riportarlo entro l’ambito dell’ottava, cioè:
La scala pitagorica risulta quindi formata dai seguenti rapporti intervallari: La scala zarlinianaSenza entrare in particolari che esulano dallo scopo di questi appunti, la scala zarliniana semplifica i rapporti intervallari della scala greca, mettendo come base l’uso di “rapporti semplici”. L’aspetto innovativo consiste nel partire dalla costruzione di tre accordi, che si possono costruire sul I, IV e V grado della scala, che contengono tutti i gradi della scala e nel disporre le note in successione, con la solita trasposizione nell’ambito dell’ottava. Il risultato finale è: La scala zarliniana presenta alcune caratteristiche di intonazione che creavano dei problemi nel passaggio da una tonalità [9] ad un’altra: ad esempio tra Do maggiore e Re maggiore. Se infatti confrontiamo l’inizio delle due scale tra la nota Re e Mi (2° e 3° grado) in Do Maggiore c’è un intervallo di 5/4, mentre nella scala di Re Maggiore tra le stesse note (Re e Mi, 1° e 2° grado) c’è un intervallo di 9/8. Questa differenza intervallare, soprattutto negli strumenti ad intonazione fissa, come il clavicembalo, l’organo, ecc., determinava delle “dissonanze” nell’intonazione. La scala temperata“È questa la terza grande tappa fra i sistemi che più influirono sulla formazione del nostro pensiero musicale: Pitagora, Zarlino, Werckmeister-Bach, dopodichè […] l’evoluzione continua” [10]. La scala di Zarlino presentava un altro inconveniente, oltre a quello che già è stato messo in evidenza: l’intonazione delle note omofone [11] era leggermente differente. Infatti la nota, ad esempio, Do# era più alta della nota Reb. Con lo sviluppo degli strumenti a tastiera, in cui l’intonazione era fissa, questo inconveniente, quando si suonava assieme a strumenti non a tastiera, creava un fenomeno acustico, i battimenti, che risultava “poco piacevole”. Per ovviare a questo si crearono anche tastiere in cui il tasto nero, ad esempio, era diviso in due parti: una parte per suonare il Do# e l’altra per suonare il Reb. Questa soluzione, come altre che impegnavano gli esecutori ad accordare lo strumento a tastiera in modo adeguato alle tonalità del brano da eseguire e quindi con limitate possibilità rispetto ad altre tonalità, portarono alla “necessità” di una nuova riforma della scala musicale, che trovò in Andrea Werckmeister [12] il teorizzatore e in J. S. Bach [13] il divulgatore. “Questa nuova riforma, che è tuttora alla base del nostro sistema musicale, è nota come «scala temperata», che meglio sarebbe stato chiamarla a «temperamento equalizzato». Si tratta, infatti, della divisione PROPORZIONALE del rapporto di «ottava» (2/1) in 12 particelle equivalenti, chiamate «semitoni» [14]”: ogni semitono avrà dunque il valore di 100 cent. [15] In pratica si divise l’ottava in 12 semitoni “equalizzati”, cioè con la stessa intonazione, il cui valore matematico si ottenne facendo la radice 12 del numero 2: A titolo esemplificativo sono riportate di seguito due tabelle comparative tra le diverse scale (pitagorica, zarliniana e temperata) nelle quali sono riportati i valori intervallari in cent. Nella prima tabella si può osservare la differenza tra le diverse note rispetto al suono base. Ad esempio, tra la nota Do e la nota Mi i valori sono rispettivamente di 408, 386 e 400 cent: lo scarto è significativo. Nella seconda tabella si può osservare la differenza tra le diverse note. Ad esempio, tra la nota Mi e la nota Fa i valori sono rispettivamente di 90,112 e 100 cent: lo scarto, anche in questo caso, è significativo. Tabelle comparativePer rendersi meglio conto delle differenze di intonazione delle note delle tre scale che sono state analizzate, è importante introdurre nella tabelle comparative l’unità di misura del cent. Negli esempi si fa, per comodità, riferimento alla scala di Do Maggiore. Si noti la differenza, in cent, fra l’intervallo fra le diverse note: tra il Do e il Mi, ad esempio, nella scala pitagorica ci sono 408 cent, nella scala zarliniana 386, nella scala temperata 400. Tabella comparativa in cent: i cent sono calcolati rispetto alla nota di base.
Tabella comparativa in cui si calcola, in cent, la distanza fra due note successive.
__________ Note 1 – Per il concetto di ottava, si veda: Gli intervalli musicali. (torna al testo) 2 – P. Righini – G. U. Righini, “Il suono”, p.192, Tamburini Editore, Milano 1974. (torna al testo) 3 – Vedi: Gli armonici. (torna al testo) 4. P. Righini – G. U. Righini, “Il suono”, p.193, Tamburini Editore, Milano 1974. (torna al testo) 5. Le scale che hanno caratterizzato il mondo occidentale sono essenzialmente tre: la scala pitagorica, la scala Zarliniana o naturale e la scala temperata. (torna al testo) 6. Per un’esauriente conoscenza del mondo pitagorico si può fare riferimento, tra gli altri, al libro di Kitty Ferguson, “la Musica di Pitagora“, Longanesi, Milano 2009. (torna al testo) 7. Kitty Ferguson, “la Musica di Pitagora“, p. 76, Longanesi, Milano 2009. (torna al testo) 8. “La tradizione attribuisce a Pitagora l’invenzione del kanon, uno strumento con una sola corda, e il suo uso per fare esperimenti sul suono. Pitagora avrebbe trovato che le note, che erano in armonia con la nota fondamentale, erano quelle prodotte dividendo la corda in parti uguali. Dividendola in due parti, si produceva una nota più alta di un’ottava rispetto alla corda non premuta. Se si premeva in modo a dividerla in tre parti uguali, la corda suonava di una quinta sopra l’ottava”. Kitty Ferguson, “la Musica di Pitagora“, p. 84, Longanesi, Milano 2009. Per maggiori informazioni, vedi il “Monocordo“. (torna al testo) 9. Per tonalità s’intende la scala d’impianto di un brano musicale. Se ad esempio, la composizione è concepita nella tonalità di Do Maggiore, per ragioni compositive e per arricchire il pensiero musicale. (torna al testo) 10. P. Righini – G. U. Righini, “Il suono”, p.219, Tamburini Editore, Milano 1974. (torna al testo) 11. Vedi: “Le scale musicali: le alterazioni”. (torna al testo) 12. A. Werckmeister (1645-1706), “Musicalische Temperatur“. (torna al testo) 13. J. S. Bach adottò il sistema proposto da A. Werckmeister dimostrandone la validità nell’opera “Il clavicembalo ben temperato“. (torna al testo) 14. P. Righini – G. U. Righini, “Il suono”, p.218, Tamburini Editore, Milano 1974. (torna al testo) 15. Il cent è una unità di misura introdotta dall’inglese A. J. Ellis nel 1886 con lo scopo di poter calcolare in modo adeguatamente preciso il più piccolo intervallo musicale e mettere in evidenza le differenze di intonazione tra i diversi sistemi musicali non solo della civiltà musicale occidentale, ma delle tante civiltà che a mano a mano venivano studiate dagli etnomusicologi. In pratica egli divise l’ottava in 1200 parti, dette cent: ogni semitono viene a corrispondere a 100 cent. “Il cent è una misura sufficientemente sottile per soddisfare qualsiasi esigenza pratica, poiché la sua grandezza è appena al di sotto della soglia differenziale per l’altezza, considerata nelle migliori condizioni sperimentali ed in quella fascia di frequenze dove l’orecchio mano ha la sua massima sensibilità”. Da P. Righini – G. U. Righini, “Il suono”, p.234, Tamburini Editore, Milano 1974. (torna al testo) |