Gli antichi adombrarono sotto la figura di Dedalo, uomo ingegnosissimo ma esecrabile, la scienza e l’industria meccanica, anche in quegli artifizi illeciti volti a cattivi usi. Costui, per l’uccisione di un condiscepolo rivale, era andato in esilio, ma quivi era gradito ai re e alle città. Realizzò anche molte ed egregie opere, tanto in onore degli dèi, quanto ad ornamento e a magnificenza delle città e dei luoghi pubblici; ma il suo nome è celebrato soprattutto per le illecite invenzioni.
Gli antichi adombrarono sotto la figura di Dedalo, uomo ingegnosissimo ma esecrabile, la scienza e l’industria meccanica, anche in quegli artifizi illeciti volti a cattivi usi. Costui, per l’uccisione di un condiscepolo rivale, era andato in esilio, ma quivi era gradito ai re e alle città. Realizzò anche molte ed egregie opere, tanto in onore degli dèi, quanto ad ornamento e a magnificenza delle città e dei luoghi pubblici; ma il suo nome è celebrato soprattutto per le illecite invenzioni. Costruì, infatti, per la libidine di Pasife una macchina che le permettesse di unirsi ad un toro: in tal modo dalla scellerata industria e dal pericoloso ingegno di questo uomo trasse la sua infelice ed infame origine il mostruoso Minotauro che divorava la nobile gioventù. Allora Dedalo, ammucchiando e proteggendo il male con il male, escogitò e costruì per difesa di questa peste il Labirinto, opera destinata ad un fine nefando, per quanto insigne e ragguardevole per tecnica. Infine, per non divenire noto solo per male arti e perché gli fossero chiesti anche rimedi (non solo strumenti) per i delitti, fu anche autore dell’ingegnoso espediente del filo con cui furon sciolti i meandri del labirinto. Questo Dedalo fu perseguitato con accuratezza e severità durissima da Minosse; ma tuttavia sempre trovava nascondigli e modi di fuggire. In fine, avendo insegnato al figlio Icaro la tecnica del volo, quello novizio, ostentandola, precipitò nel mare. Il senso della parabola pare essere il seguente. Nell’inizio si fa riferimento a quell’invidia che dorme nell’animo dei più eccellenti artisti e li domina in strani modi. Nessuna categoria di uomini più di questa si affanna per un’invidia così acerba e nociva. Poi si aggiunge del tipo di pena meno politico, e provvido che a Dedalo fu inflitto: l’esilio. Infatti questi grandi artisti hanno questa dote: che sono assai ben accetti presso tutti i popoli; tanto che l’esilio per un valente artefice è a stento una pena. Fuori della patria è difficile che possano trovare altre condizioni e generi di vita; infatti la fama degli artisti perviene propagata ed accresciuta presso i forestieri e stranieri, essendo insito nell’animo umano valutare poco l’arte meccanica dei propri conterranei. Il resto della favola fa esplicito riferimento all’uso delle arti meccaniche: ad esse molto deve la vita umana avendo tratto dai loro tesori molte cose per il servizio della religione, e per l’ornamento della vita civile, per il miglioramento dell’intera esistenza. Tuttavia, da quella stessa fonte, derivano strumenti di vizio e di morte. Tralasciata l’arte dei lenoni, i più potenti tossici, le macchine belliche e pesti di tal fatta (che son dovute alle invenzioni della meccanica) ben sappiamo quanto abbiano superato per crudeltà e pericolosità lo stesso Minotauro.
Tuttavia queste illecite e abnormi arti di qualunque genere, in breve tempo, non offrendo ciò che promettono cadono dalla stima di cui godevano (come Icaro dal cielo), vengono disprezzate e muoiono per la troppa ostentazione. Di certo se bisogna dire tutto il vero non tanto sono felicemente imprigionate dai freni e dalle leggi, quanto sono annullate dalla loro vanità. |