Narciso o l’amore di sé

Miti e SimboliSi tramanda che Narciso fosse di straordinaria bellezza e grazia, ma celasse grande superbia e noia intollerabile. Pertanto, amando solo se stesso e disprezzando gli altri, menò vita solitaria nelle selve tra le cacce con pochi compagni, per i quali rappresentava tutto. Lo seguiva ovunque la ninfa Eco.

Della Sapienza degli Antichi

di Francesco Bacone – (tratto dagli Scritti Filosofici – Ed. UTET – a cura di Paolo Rossi)

Narciso o l’amore di sé

Si tramanda che Narciso fosse di straordinaria bellezza e grazia, ma celasse grande superbia e noia intollerabile. Pertanto, amando solo se stesso e disprezzando gli altri, menò vita solitaria nelle selve tra le cacce con pochi compagni, per i quali rappresentava tutto. Lo seguiva ovunque la ninfa Eco. In questo ritmo di vita gli era fatale giungere ad una qualche limpida fonte, e sdraiarsi presso di essa durante la calura del mezzogiorno.

Vedendo però riflessa la propria immagine nell’acqua, rapito ed attonito in contemplazione ed ammirazione di sé, in nessun modo poteva essere distratto da siffatta apparizione o sembianza; ma a forza di stare perpetuamente così si mutò nel fiore che porta il suo nome, che appare allo sbocciare della primavera ed è caro agli dèi degli inferi, a Plutone, a Proserpina e alle Eumenidi.

La favola sembra rappresentare le qualità e le fortune di quelli che, o per la bellezza o per un’altra dote da cui sono stati senza nessun merito proprio, insigniti e onorati dalla natura, amano pazzamente se stessi e quasi si struggono. Con questo stato d’animo è spesso congiunto il fatto che costoro non siano molto versati per la vita pubblica e le attività politiche, essendo necessario in questo genere di vita andare incontro a molte noncuranze e offese che possono turbare gli animi e abbatterli.

Pertanto conducono una vita solitaria, isolata, con una stretta cerchia di amici e per di più di quelli che sembrano maggiormente disposti ad ammirarli e ad esaltarli, a secondare le loro parole come fa l’eco e a porgere termini ossequiosi. Depravati e gonfiati da questa consuetudine e attoniti per l’ammirazione di se stessi, sono accecati da un’incredibile inerzia e pigrizia e privi di ogni alacre vigore.

Con molta eleganza si prende il fiore primaverile a similitudine di caratteri di tal genere poiché tali indoli all’inizio sbocciano e sono esaltate, ma con il passare del tempo deludono e frustrano le speranze che in esse si sono riposte. Eguale significato ha anche il fatto che quel fiore è caro agli dèi inferi giacché uomini di tale indole riescono inutili a tutto. E qualunque cosa che non dà frutto, ma passa e scorre come la neve nel mare, soleva dagli antichi essere consacrata agli dèi inferi.

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