Il codice Spadolini

Arte ed EsoterismoUn Festival racconta la storia del pittore esoterico Alberto Spadolini (Ancona 1907 – Parigi 1972), del quale ricorre il centenario della nascita.

Il codice Spadolini

di Marco Travaglini

Un Festival racconta la storia del pittore esoterico Alberto Spadolini (Ancona 1907 – Parigi 1972), del quale ricorre il centenario della nascita – [per maggiori informazioni sull’artista vedi il sito a lui dedicato: www.albertospadolini.it ].

Nel volume “Bolero-Spadò: Alberto Spadolini, una vita di tutti i colori” (2007) Jean-François Crance ricorda a proposito di Spadolini: “Crea composizioni pittoriche strane e sontuose dopo lunghe meditazioni in una poltrona e allo stesso tempo la sua mente viaggia verso le sue coreografie … tutto sembra conferirgli un’aurea magica”.

Lo studioso junghiano Antoine Fratini riconosce in Alberto Spadolini “… un pittore esoterico nel senso più autentico del termine, cioè una persona che ricerca una realizzazione interiore profonda, non legata esclusivamente al successo. Questo si evince dalle sue produzioni artistiche autenticamente simboliche, che si spingono cioè fino ad attingere alla fonte inesauribile dell’inconscio”.

Negli anni ’40 Spadolini lavora nell’atelier di Jules Boucher, allievo del celebre alchimista Fulcanelli, ed inizia a nascondere il suo mondo segreto in una serie di dipinti e disegni esoterici.

Ricco di simbolismi appare il dipinto “Tau” ritrovato recentemente in Norvegia.

“Tau”, Spadolini anni ’60, olio su tela cm. 65 x 80 (Coll. privata)

Molti hanno tentato di interpretare questo dipinto anche se, probabilmente, non sapremo mai il vero significato attribuitogli dall’artista.

In un antico tempio in rovina appaiono cinque personaggi:

– a destra c’è un uomo nudo con la chitarra in mano che attende nell’ombra fuori dal tempio (non dimentichiamo che Spadolini in gioventù è soprannominato le “danseur nu”). Egli è nello stadio del bruco, in attesa di entrare nel bozzolo;

– a sinistra è in posa una donna completamente ricoperta d’oro, anche lei nell’ombra, simbolo della vita materiale. Sulla sua mano è appoggiato un pappagallo, che rappresenta il pavoneggiarsi, l’apparire. All’interno di quel corpo dorato, c’è un’anima che attende di liberarsi dal bozzolo;

– un uomo di spalle si dirige a passo di danza verso il centro del Tempio, ed anche verso la luce. Egli si è tolto la maschera che ha indossato per troppo tempo per essere finalmente se stesso;

– Spadolini, interessato anche alle pratiche orientali, raffigura un uomo proveniente da Oriente (le cattedrali sono orientate da ovest verso est) che solleva la sfera, simbolo della perfezione, della completa trasmutazione dell’anima;

– anche una donna, al centro del Tempio, solleva una sfera (una sfera è in mano a Spadolini anche in una foto scattata da Dora Maar, compagna di Pablo Picasso). I suoi capelli si muovono al vento a simbolizzare la completa libertà raggiunta. Dall’ombra il bruco è resuscitato sotto forma di una splendida farfalla.

In questa immagine qualcuno ha creduto di riconoscere la danzatrice mistica Charlotte Bara, conosciuta personalmente dal giovane scenografo Spadolini il 21 gennaio 1928 al Teatro degli Indipendenti di Roma. È stata proprio Carlotta, come la chiamava Bragaglia, a far nascere in Spadolini il desiderio di intraprendere la carriera di danzatore. Sogno che si avvera del tutto casualmente nel 1932 mentre lavora come decoratore per Paul Colin. Giunge in pochi mesi ai vertici della danza internazionale, fra le braccia di Joséphine Baker, apprezzato da Maurice Ravel, da Max Jacob e da Paul Valery che scriverà di lui: “Mitologico, mistico, faunesco. Visione di Spadolini!”

In realtà i personaggi del dipinto sono sovrastati dalla grande colonna del Tempio che forma la lettera «Tau».

Di origine biblica questa lettera prefigura la croce ed è stata utilizzata nel Medioevo dai seguaci di Antonio Abate e dallo stesso San Francesco.

Spadolini, affronta in diverse opere il tema religioso perché è terziario francescano:

“Francesco mi ha insegnato a dare per la gioia di dare, a sentirmi felice di quanto possiedo, a considerare i ricchi come i veri poveri perché spesso sono poveri nello spirito e nell’anima. A credere che il dolore è un dono perché con il dolore si acquista la felicità e la comprensione della felicità; a capire che la felicità non può scaturire che da noi stessi, dal profondo del nostro essere e che il mondo esterno non può turbare l’equilibrio e la serenità della nostra anima.

Non mi creda un poseur, sento veramente ciò che dico e sento veramente l’esempio di San Francesco. Certo debbo vivere nel mondo e mostrarmi superficiale, ma questo è il volto che presento agli estranei, a coloro che non possono comprendermi, come una difesa ed una barriera sul segreto mondo della mia vita più intima. Crede lei che tutti potrebbero capirmi quando dico che i miei sentimenti li so esprimere solo danzando e che molte volte mi vergogno di ricevere del denaro come compenso delle mie danze, perché queste sono un mio modo di pensare, naturale per me come il respiro? Con la danza voglio esprimere il mio amore per il sole, la bellezza, la vita in tutti i suoi aspetti ed anche un senso religioso che sento come guida e come sostegno.”
“Spadolini francescano e ballerino”, Intervista di Mila Contini a Spadolini, 1946 (Coll. B-S n. 115).

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