Teologia degli antichi sacerdoti Catari – Parte 10

Storia NascostaIl discepolo (negato) che Gesù amava – Problemi della Chiesa nascente – Comparsa provvidenziale di Giuda

Con la formula indefinita di “Il discepolo che Gesù amava”, l’evangelista Giovanni indica un discepolo, rimasto anonimo, al quale però il Cristo morente affida sua madre Maria. E che a causa sua, Gesù redarguì Pietro sul lago di Tiberiade, subito dopo averlo indicato quale Pietra del nuovo corso.
Viene da domandarsi, perché, una figura tanto rilevante del Vangelo sia stata relegata nell’anonimato. Dal momento che nulla nei Vangeli può considerarsi casuale, questa non-indicazione, andrebbe vagliata. Anche perchè, dietro questa, come molte altre omissioni, vengono nascosti personaggi e momenti fondamentali della vita di Gesù.

Teologia degli antichi sacerdoti Catari – Parte 10

di Luigi G. Navigatore
a cura di Athos A. Altomonte

Il discepolo (negato) che Gesù amava

Il discepolo nascosto

Con la formula indefinita di “Il discepolo che Gesù amava”, l’evangelista Giovanni indica un discepolo, rimasto anonimo, al quale però il Cristo morente affida sua madre Maria. E che a causa sua, Gesù redarguì Pietro sul lago di Tiberiade, subito dopo averlo indicato quale Pietra del nuovo corso.

Viene da domandarsi, perché, una figura tanto rilevante del Vangelo sia stata relegata nell’anonimato. Dal momento che nulla nei Vangeli può considerarsi casuale, questa non-indicazione, andrebbe vagliata. Anche perchè, dietro questa, come molte altre omissioni, vengono nascosti personaggi e momenti fondamentali della vita di Gesù.

Il primato di Pietro, ad esempio, è stato immediatamente recepito dalla Chiesa di Roma e grande importanza assunsero le parole dette a Simone sul lago di Tiberiade. Non così è stato per la figura del “discepolo che Gesù amava”. E il problema non è puramente storico o letterario, perchè proprio al discepolo negato venne affidata Maria, e sempre a lui Gesù dice: «…voglio che resti finché io venga».

Qualcosa sembra aver impedito alla Chiesa di accreditare le solenni parole che, pure, Gesù gli rivolse sul lago e dalla croce. Allora: a chi è affidata Maria? Chi deve “restare fino al ritorno del Cristo”? Ed infine, chi è quella figura nella struttura della Chiesa? Sono interrogativi che non si potevano ignorare.

Prima di tentare di capire le cause di tanti misteri, bisogna entrare nel contesto delle difficoltà concrete, politiche e teologiche, che la nascente Chiesa di Roma dovette affrontare, e che gli evangelisti cercarono di risolvere, di stabilità politica e religiosa, manipolando testimonianze e nascondendo passaggi essenziali della vita di Gesù.

Problemi della Chiesa nascente

Le sue radici nel “Popolo eletto”

Nei primi anni di vita la Chiesa di Roma dovette affrontare un lungo periodo d’instabilità politica e teologica, dovendosi inserire a forza tra le altre religioni di stato. I romani avevano difficoltà ad accettare (in casa propria) un gerarchia religiosa di appartenenti ad una nazione vinta e dominata, oltretutto povera sotto l’aspetto culturale. A ciò si sommava la difficoltà dei fedeli di accettare che ministri di Cristo provenissero da coloro che lo avevano ucciso.

Questa difficoltà affiora dalle lettere di san Paolo e dagli Atti degli Apostoli, rimanendo nell’espressione di “perfidi giudei”.

La mancanza del sacerdozio eucaristico

Un problema prettamente strutturale fu che, sia nella storia di Gesù che nella Chiesa primitiva (Atti), non venne trovata alcuna traccia dell’istituzione sacerdotale. Pietro, i Dodici ed i figli di Zebedeo, infatti, usarono i propri nomi, senza mai usare alcun titolo che facesse riferimento al sacerdozio eucaristico. Che se pur esisteva, nulla indicava chi dovessero esercitarlo.

S icché, si pensò bene di agganciarlo alla funzione apostolica.

I legami con l’Antico Testamento

L’eresia di Marcione* attesta che nei primi secoli la Chiesa nascente dovette riflettere sulle ragioni di chi, soddisfatto dalle parole di Gesù, avrebbe voluto che si abbandonasse l’Antico Testamento e con lui, coloro che lo professavano (fedeli del Mosaismo). La maggioranza, però, rigettò questa tesi, riconoscendo che la Prima Rivelazione andava ancora considerata «Parola di Dio», e ancora valido tutto ciò che conteneva. Compresa l’esclusiva titolarità del «Popolo eletto» alla funzione sacerdotale.

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* Marcione – Scrittore e teologo greco (85ca – 160ca), scomunicato dal padre, vescovo di Sinope, si trasferì verso il 140 a Roma, ove incorse in una nuova scomunica (144). Diede allora vita ad una chiesa che si diffuse soprattutto in Oriente e sopravvisse sino al V sec. Marcione espose le sue dottrine in un’opera andata perduta, le Antitesi, sulle contraddizioni fra Antico e Nuovo Testamento.

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L’identità giudaico-ortodossa di Gesù

Seguendo questa linea, gli evangelisti presentarono Gesù come obbediente alla Scrittura testamentaria, restauratore della Verità che intendeva solo perfezione, e desideroso di saldare la “Parola Scritta” alla sua “Cena”, costituita da una perfetta incarnazione eucaristica.

Contraddizioni tra prassi giudaiche e cristiane

La Chiesa nascente doveva chiarire se e come potesse restare valida e irritrattabile la promessa di Dio al “Popolo eletto”, di essere i sacerdoti della sua Parola, da divulgare nel mondo. Era abrogata quella promessa? Oppure andava letta diversamente? O andava considerata una profezia del ruolo assunto dai nuovi “Eletti” nati con la Cena eucaristica di Gesù Cristo?

Nel primo e secondo secolo, proprio i giudei che in qualche modo testimoniarono l’uccisione di Gesù, divennero predicatori del suo messaggio e sacerdoti eucaristici all’interno delle comunità greche e latine. Come, Saulo di Tarso, diventato Paolo l’evangelista (v. differenza tra apostoli ed evangelisti nell’articolo “Gli Autori dei Vangeli”).

Ma, allora, il giudaismo ricopriva ancora un ruolo egemone nella religione mosaica? Come spiegare i tratti contrastanti con quelli cristiani, come l’isolamento della casta sacerdotale e l’autoritarismo teocratico, che si temeva venisse subdolamente trasferito nel Cenacolo di Gesù?

Il giudaismo legittimava un sacerdozio di tipo ereditario (per diritto di sangue, cd. «Aronnico») che implicava l’esercizio del potere, di legiferare, di giudicare e condannare. Mentre Gesù aveva prospettato un sacerdozio al quale ognuno poteva essere chiamato.

In più, mentre i sacerdoti giudaici avevano il nome che li individuava, il sacerdote di Gesù restava anonimo, perchè, nell’esercizio delle sue funzioni divine, egli assumeva il nome di Gesù, cioè, operava “in persona Christi”. Era necessario, quindi, ridimensionare molte accezioni e correggere le linee dell’antico sacerdozio, sostituendo alla casta sacerdotale intesa come gruppo elitario l’intera famiglia umana come popolo di sacerdoti, e che il gruppo minoritario non era più una elite.

Come venne legittimato l’esercizio ecclesiastico

La Chiesa, tra enormi conflitti interni, prendeva posizione sulla propria unità visibile ed invisibile e su come potesse concretizzarsi nella continua presenza del Cristo, con ministeri che lo rappresentassero. Era di decisiva importanza, perciò, che l’investitura sacerdotale pervenisse loro dallo stesso Gesù, con un atto che ne legittimasse l’esercizio delle funzioni ecclesiastiche.

Gli evangelisti chiarirono che il ministero ecclesiastico competesse con ampiezza universale agli apostoli, cioè, a coloro da lui “nominati”, al cui vertice si trovava Pietro.

Come venne istituito il sacramento sacerdotale

Per quanto riguardava il ministero eucaristico, invece, essi stranamente tacquero. Un silenzio che pesava come un macigno sulla legittimazione del ministero eucaristico. Infatti, neppure gli “Atti degli apostoli” indicano chi era stato eletto da Gesù al sacerdozio eucaristico.

Chi poteva legittimarsi a celebrare l’eucarestia, fungendo da calice della comunione spirituale per la comunità dei commensali? Un incarico così importante non poteva essere dedotto dalla generica affermazione “fate questo in memoria di me”. Oltretutto, la “Cena” non era stata effettivamente eucaristica, in quanto Gesù non era stato ancora sacrificato.

Nonostante il silenzio evangelico, la prassi eucaristica dovette essere chiarita in breve, visto che non ci sono tracce di dubbi o di polemiche sulla natura delle funzioni “visibili”.

Nell’affrontare le difficoltà interne, la Chiesa di Roma, cercò per un verso di rimediare all’esclusiva titolarità del «Popolo eletto» alla funzione sacerdotale, scolorendo il valore etnico dei sacerdoti provenienti dal giudaismo, e per l’altro cercando di evitare che il nuovo sacerdozio cristiano assumesse caratteristiche “Aronniche” (ereditarietà per diritto di sangue, cosa che avvenne ugualmente). Calò, per questo, il silenzio sui nomi personali dei “presbiteri” che si nascosero dietro un rigoroso anonimato.

Comparsa provvidenziale di Giuda

Poiché non si poteva ignorare che i sacerdoti-uccisori di Gesù fossero giudei, gli evangelisti misero nella loro narrazione una sagoma ambigua di nome Giuda, uguale a quello del fondatore delle tribù degli “Eletti di Dio”, legittimi destinatari della “Parola di Dio”.

Dopo averla delineata con il nome di Giuda, reso gravido della colpa dei Giudei, lo fecero sparire con una morte ambivalente. La morte di Giuda può essere intesa per il bene (pentimento affettivo e redenzione), oppure per il male (punizione e dannazione eterna), o come fece Giovanni sostituendola con una sagoma innominata, come il “discepolo amato”; riportando a quest’ultimo quelle funzioni sacerdotali che, secondo le promesse divine fatte ad Abramo, appartenevano proprio a Giuda.

Attraverso questo processo evolutivo, si poterono riaffermare le antiche promesse di Dio (a Giuda), e con un assoluto anonimato (la figura del “discepolo che Gesù amava”), poterono costruire la figura teologica del nuovo sacerdote.

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