Come tutti i simboli che troviamo nel Tempio, anche la Catena d’Unione ha una serie di significati che vanno oltre l’apparenza. Non si può passare oltre l’apparenza, se non c’è l’applicazione.
dedicato al lavoro d’istruzione di Athos A. Altomonte Esamineremo ora un concetto semplice, di come si forma una catena d’unione. Consideriamo un fratello che abbia la capacità, la possibilità e la volontà (si noti la triplicità) di fermarsi, stabilizzandosi* quanto più possibile nella visione di un concetto elevato, e cercando di vedere il traguardo, lo interiorizzi e costruisca tra sé e l’idea una sorta di ponte ideale. Ciò che accade, se costui riesce a stare, non dico fermo, ma abbastanza stabile, è che comincerà a ricevere qualcosa. Stando fermo comincia ad attirare una sorta di curiosità, che poi diventerà magnetismo, al punto che inizieranno ad essere riconosciute delle affinità. __________ * Il moto è caratterizzato, come sappiamo, da tre qualità: Inerzia, Mobilità e Ritmo. Con tutta la buona volontà, a livello geometrico inizialmente il tutto è molto confuso e disordinato, perché c’è un riconoscimento sempre e solo tra il centro, che grosso modo è stabile in quell’area, e l’elemento astratto, l’idea. Ora questo fratello, che potrebbe essere anche il M.V., questo polo d’attenzione, di curiosità, può essere avvicinato per ragioni diverse. Ognuno cerca di soffrire di meno, di avere delle risposte, di avere un amico, di avere una compagnia con la quale sfogarsi; sarà poi questo fratello nella funzione di “mozzo”, a spiegare che c’è dell’altro, oltre le prime necessità. Così, dialogando, succede che comincia a tenere distanziati i più vicini e ad accelerare i più lontani, finché arriva ad avere un’interazione ravvicinata con tutti, che non è fisica ma d’intenzioni. Si arriva così a riconoscere che ci sono delle intenzioni comuni e questa è la base, l’energia in per la quale il gruppo vive. Se le difficoltà che possono verificarsi sono dovute al linguaggio, oppure alla distanza, ciò non costituisce un problema; ma se c’è una questione d’intenzioni, il problema c’è ed è grande, perché non c’è la corresponsione nei fini. Vi è allora lo sfaldamento completo. La persona che è ferma nel centro, comincia a far notare a quella avvicinata, che questo rapporto “personale” non è fine a se stesso, né conclusivo, quindi è ben altra cosa da quel che può apparire agli occhi di quest’ultima. Essa, infatti, deve riconoscere che i fratelli che gli stanno accanto, e come lui si stanno avvicinando, nella ricerca di un linguaggio comune, nei moventi e nelle intenzioni, hanno gli stessi moventi ed intenzioni che egli ha, seppur espressi in forma diversa. Se invece di guardarsi negli occhi con il centro, il “mozzo”, il fratello comincia a guardarsi a destra e a sinistra, inizia la creazione di un piccolo ponte, che quando esteso a tutti i fratelli componenti il gruppo, dà origine ad una ruota, una catena i cui anelli sono i fratelli. Avviene così che inizia a generarsi un flusso di volontà, di amore, di lavoro, ecc. in due direzioni: un dare-avere con il centro ed uno circolare tra i componenti la circonferenza. La responsabilizzazione di ogni fratello è necessaria perché il centro non ha nessuna influenza sul ponte, egli non può agire in questo contatto, a meno che non sia un pazzo o un dittatore. Quindi il ponte che unisce i vari anelli, deve essere costruito tra anello e anello. Tralasciamo per il momento il fatto che il centro poi sparisce e si pone nel cerchio, questo avviene dopo. Se noi diamo per buono questo concetto, l’energia nella ruota fluisce circolarmente e nella direzione dare-avere con il centro (non parliamo per ora né di alto né di basso), ed è qui che risulta fondamentale il concetto più volte espresso di riconoscimento (il “chi sono”, “dove vado”, diventa in questa fase “chi siamo”, “dove andiamo”). Potremmo ora considerare una seconda ipotesi; che non sia un nucleo solitario perso nell’atmosfera, nel pulviscolo, ma che sia una forma di una forma più grande. A questa catena poi ognuno può dare tutta la geometria che vuole, perché la geometria è dettata dalle necessità; la geometria dei fratelli nel loro movimento, infatti, è finalizzata al raggiungimento di uno scopo. Se è vero che il centro non può influenzare il ponte tra due fratelli, anche il flusso delle energie, la prima delle quali è la parola, non può essere influenzata dal centro, altrimenti non vi sarebbe libero arbitrio. È importante capire questo perché c’è un altro aspetto più sottile da considerare. I punti “instabilmente fissi”, rispettivamente centro di ogni singola ruota, fanno parte di una “ruota” più grande, che avrà anch’essa un centro la cui entità, può essere molto ideale per chi costituisce i la circonferenza delle “ruote” minori, ma tangibile o quasi per i centri di queste, che vivono e percepiscono la qualità dell'”onda energetica” che emana dal Centro maggiore. Se è vero che il centro di una “ruota” non può interferire nel ponte tra i fratelli costituenti la stessa, a maggior ragione il fratello Centro della “ruota” più grande, non può influenzare i ponti tra “ruota” e “ruota”, e non perché non deve, ma proprio perché non può arrivarci ed ha bisogno di queste ruote per agire nel piano fisico. Esse costituiscono gli anelli di una catena d’unione più grande. Inizierà allora un avvicinamento analogo a quello descritto all’inizio, con un “dialogo” tra l’adepto e quel Centro, “l’aspirazione”, “la meta” (ognuno può chiamarlo con i termini che preferisce). L’Essere che la rappresenta, farà in modo che tu costruisca la ruota, sempre per la regola che «riconoscendo sarai riconosciuto». Capisci, analogamente al ciclo minore, che non c’è solo un discorso a due, dare-avere con il Centro, perché altri con le tue stesse aspirazioni ed intenzioni, alla tua destra e alla tua sinistra Lo vivono ed operano per creare ponti e far sì che l’energia circolando dia vita ad una Catena più grande. La forma geometrica non ha importanza, prendiamo il concetto di cerchio perché nel cerchio possiamo metterci qualsiasi cosa, e le forme saranno scelte in base alle necessità richieste dall’ostacolo, che può essere il non sapere, il non capire, il non vedere… A livello che interessa noi l’energia che fluisce immediatamente è la parola, sono le comunicazioni. Per questo è necessario che i fratelli che compongono una catena comunichino tra loro, incontrandosi da soli, senza che la loro attenzione venga influenzata, disturbando altrimenti la catena. La presenza di un fratello più esperto e capace, induce uno spontaneo stato d’attenzione e quindi passivo, nel senso di ricettivo. Invece è anche l’altro polo che il fratello deve esercitare, e per creare un ponte e quindi formare una catena, ci vuole certamente una comunione d’intenti, ma sostanzialmente la Volontà. A questo punto, se si riesce a capire questa ipotesi di lavoro, si comprende che anche la catena che si fa in Tempio è un messaggio simbolico sul cosa fare e come, con la mente, con il cuore ed anche con le mani; perché ognuno di noi può vivere il momento di crisi, il problema, lo scoramento ed una “spalla” al momento opportuno è ben gradita. Ricordiamo però che la catena è qualcosa di più. Come tutti i simboli che troviamo nel Tempio, anche la Catena d’Unione ha una serie di significati che vanno oltre l’apparenza e ripeto, oltre l’apparenza. Non si può passare oltre l’apparenza, se non c’è l’applicazione. L’augurio per il nuovo anno è conciso: si decida in libera coscienza cosa si vuole diventare e lo si diventi; si decida in libera coscienza cosa si vuole fare e lo si faccia. A quel punto si combatta “fino all’ultimo sangue”, anche con la “spada”. Ma non si affronti il combattimento senza sapere prima cosa si vuole essere. Se in libera coscienza uno decide di diventare qualcosa e vuole diventarla, lo diventa. «L’energia segue il pensiero», viene insegnato. Decidiamo di diventare ciò che vogliamo, diamoci una forma, un traguardo soprattutto e diventiamolo. A quel punto noi possiamo ingaggiare il combattimento; ma contro che cosa? Contro la pigrizia, l’ignoranza, il non poter capire. Motivarsi ed applicarsi. Il Volere è Potere, come ricorda la saggezza popolare, che in quest’ottica è molto più reale di quanto comunemente si creda. Concludendo, possiamo dire che la Catena d’Unione è basata sul “bocca-orecchio”, secondo l’antica saggezza. Bisogna poi porre attenzione alle necessità, non solo nostre, ma anche del gruppo come insieme, nonché degli altri come singoli; ci possono essere delle necessità che noi non capiamo perché non ci sono abituali. Quindi, attenzione al fratello che potrebbe anche non dimostrare il bisogno, cerchiamo di andargli incontro e di capire i suoi problemi anticipandoli; nella Catena fraterna si gioca d’anticipo e non dopo che il “coccio ” si è rotto, perché altrimenti si fa del pietismo. La Catena d’Unione andrebbe poi consolidata in vista delle nuove immissioni, per poter offrire loro qualcosa nella sostanza e non solo nella forma. Quello che ci si aspetta è trovare una Catena d’Unione, dove l’intento sia riconoscibile; poi lo sviluppo individuale, lo stare insieme, l’imparare insieme, è consequenziale, però prima di fare la Catena d’Unione ricordiamo di riconoscere quello che vogliamo diventare e diventiamolo. |