Elementi di riflessione sulla psicoacustica

Scienza del SuonoIntroduzione – Che cosa è la psicoacustica – Il fenomeno sonoro – Il significato del suono – Alcune caratteristiche della ricerca nel campo della psicoacustica – Gli armonici e il timbro

Questo scritto non ha, ovviamente, la pretesa di essere esaustivo su un argomento così vasto e affascinante quale quello della psicoacustica. Desidera solo suggerire elementi di riflessione per introdurre il lettore a considerare la musica da altre angolazioni, a prestare attenzione alle proprie reazioni psichiche, a riflettere sui vari cambiamenti emotivi che l’ascolto può provocare: in ultima analisi provare ad accostarsi al fenomeno sonoro, nelle sue diverse complessità, con una presa di coscienza più attenta e vigile, grazie ad una maggior conoscenza.

Elementi di riflessione sulla psicoacustica

di Roberto Musto

Sommario: IntroduzioneChe cosa è la psicoacusticaIl fenomeno sonoroIl significato del suonoAlcune caratteristiche della ricerca nel campo della psicoacusticaGli armonici e il timbro

Questo scritto non ha, ovviamente, la pretesa di essere esaustivo su un argomento così vasto e affascinante quale quello della psicoacustica. Desidera solo suggerire elementi di riflessione per introdurre il lettore a considerare la musica da altre angolazioni, a prestare attenzione alle proprie reazioni psichiche, a riflettere sui vari cambiamenti emotivi che l’ascolto può provocare: in ultima analisi provare ad accostarsi al fenomeno sonoro, nelle sue diverse complessità, con una presa di coscienza più attenta e vigile, grazie ad una maggior conoscenza.

Sappiamo che la cultura musicale è relegata, soprattutto in Italia, ad un grado molto basso di apprendimento sia sul piano storico che tecnico. Il mio contributo vuole essere anche quello di fornire elementi che possano contribuire a sviluppare queste conoscenze. Uno scopo, non marginale, è anche quello di mettermi a disposizione, per le mie capacità e conoscenze, di tutti quei lettori che vogliano porre delle domande, suggerire argomenti, approfondimenti, ecc.: non mi dispiacerebbe instaurare un dialogo aperto a tutti, dai semplici appassionati agli studiosi nelle varie discipline, ai ricercatori, ecc.

In questa prima fase le scelte del materiale e degli argomenti sono state operate secondo un criterio mio personale, basato soprattutto sulle diverse esperienze e occasioni in cui ho avuto modo di svolgere conferenze e seminari.

Introduzione

Una delle prime domande che normalmente sono fatte è: che cos’è la musica. La curiosità è molto forte e il desiderio di avere risposte adeguate subito, per sentirsi “un po’ tranquillizzati” di fronte ad un argomento sconosciuto, è molto forte. Ho sempre pensato che una simile domanda, alle quale non si possono dare delle risposte se non parziali e sicuramente riduttive, nasce dalla constatazione, più o meno consapevole, che la musica, il fenomeno sonoro, ha un potere di suggestione, comunicazione, ecc. diretto, senza bisogno di particolari conoscenze: stabilisce con l’ascoltatore un rapporto che interessa quasi immediatamente il proprio vissuto personale, diventa un messaggero potente il cui messaggio è difficile da decodificare, se non usando metafore e allusioni. L’ascoltatore deve fare riferimento ad un qualcosa d’altro, di cui la musica sembra essere un semplice portatore.

Proprio partendo da questa constatazione ho scelto, a titolo indicativo, una prima definizione della musica che mi sembra suggerisca motivi inusuali rispetto a definizioni sovente stereotipate e che introduce, in modo più diretto, a fornire un primo elemento di riflessione, con valenze di carattere psicologico, sui diversi tentativi di definire che cos’è la musica.

“La musica è una cosa strana” scrisse Heinrich Heine [1] “oserei dire che è un miracolo, perché sta a metà strada fra pensiero e fenomeno, fra spirito e materia, una storia di nebuloso mediatore uguale e diverso da ciascuna delle cose che media – spirito che necessita di una manifestazione nel tempo, e materia che può fare a meno dello spazio…”.

Pensiero e fenomeno, spirito e materia: dunque una evidente dualità di cui la musica, o meglio la vibrazione sonora nelle sue complesse manifestazioni, sembra operarne una sintesi, come “nebuloso” mediatore. Queste parole sottolineano il tema di due degli aspetti più problematici della psicologia della musica: l’elemento cognitivo (“sta a metà strada tra pensiero e fenomeno”) e quello espressivo (“spirito che necessita di una manifestazione nel tempo, e materia che può fare a meno dello spazio”). Quale tipo di meccanismo mentale viene attivato quando una persona pensa e parla di quello che succede nel suo sensorio durante le esperienze musicali?

Partiamo per ora dall’ultima affermazione: “noi non sappiamo che cosa sia la musica”.

La constatazione del fatto che non sappiamo che cosa sia la musica, cioè l’impossibilità di darne una definizione soddisfacente [2], appare sicuramente un po’ retorica, ma non per questo inutile, perché le diverse risposte che sono state date sono lo specchio di realtà che rivelano, pur nelle loro diverse sfaccettature, le reazioni, in generale e in particolare, del meccanismo mentale [3] di fronte al fenomeno musicale. Queste, infatti, sono strettamente correlate con l’attività fisiologica dell’individuo, con lo sviluppo delle sue potenzialità biologiche e razionali, le sue reazioni psicologiche, ecc., cioè con tutto il essere. Le reazioni:

in generale possono essere quelle di chi racconta della musica sotto forti emozioni o di chi, riflettendo e ragionando, immagina ed elabora teorie, frutto di speculazioni filosofiche o intellettuali;

in particolare possono essere di chi suona o compone, di chi associa il movimento al suono, di chi va con la memoria a fatti che quella musica gli ricorda, ecc.

Se dovessimo proporre a grandi linee la natura di queste risposte, date nel corso dei secoli, potremmo suddividerle in:

definizioni fisiche-acustiche (parallele allo sviluppo della ricerca e alla sperimentazione nel campo scientifico);

definizioni filosofico-matematiche

definizioni poetiche, emozionali, ecc.;

reazioni a livello fisiologico e biologico [4]

Tale classificazione è puramente indicativa [5], perché sovente le risposte non sono univoche, ma intersecano continuamente i diversi campi dell’esperienza umana. Esse mettono sicuramente in evidenza un grande spettro percettivo che “va dalla semplice ricezione dei dati sensoriali uditivi alle impressioni che, in soggetti sensibili, arrivano ad essere quasi indescrivibili: talmente evocative, schiaccianti e trascendentali da sfuggire a qualsiasi descrizione […] combattendo fra parole di significato opposto, nel vano tentativo di esternare le proprie emozioni”. [6]

Molti pensatori, scrittori e filosofi nell’affrontare, nel proporre riflessioni e analisi sul fenomeno musicale ne sottolineano spesso il carattere quasi misterioso. Rudolf Steiner afferma che “la musica fisica non è che una copia della realtà spirituale; quando un uomo è illuminato dalla luce, subito si forma sul muro la sua ombra, che però non è l’uomo reale: così la musica che viene prodotta nel fisico è un’ombra, una vera ombra della musica, molto più elevata del devachan” [7]; nella tradizione africana l’attività dell’artista consiste nell’esprimere i pensieri inespressi della collettività; Susan Langer sottolinea che “la musica nel suo livello più alto, pur essendo chiaramente una forma simbolica, è un simbolo non consumato. La sua essenza è l’articolazione, non l’asserzione: l’espressività, non l’espressione” [8] e Alfredo Tomatis afferma che “il suono anima tutto ciò che è (ad esempio, l’aria entra in movimento) … il suono che non è, dà vita a ciò che lo manifesta ( il suono di per se stesso non esiste: infatti è il risultato di una azione, ad esempio l’atto di percuotere un tamburo). ” [9]

Il suono possiede dunque uno strano potere sia che si manifesti sotto forma di “linguaggio”, così diverso nelle varie culture, sia quando è percepito, in modo più o meno consapevole, come semplice vibrazione, come fatto sonoro e acustico: pensiamo ai suoni della natura, allo sgomento nel percepire la vibrazione causata da un terremoto, al fascino del fruscio del vento, ecc.

Tutti questi fenomeni, tutte le manifestazioni di un pensiero e di una espressione musicale in diversa misura ci coinvolgono: entrano a far parte di un vissuto personale, si caricano di valenze sovente importanti, risvegliano ricordi lontani, fanno vivere il presente in dimensioni che ci rendono partecipi di un mondo che sollecita in modo più o meno latente la nostra sfera emotiva, cognitiva e sensoriale.

Il mondo della musica gioca un ruolo sicuramente importante nella vita di ognuno di noi: dalla gestazione nel grembo materno, alla presa di coscienza della possibilità di una articolazione sonora con l’emissione delle prime parole e delle prime forme cantate, all’uso di strumenti come gioco e come espressione, alla scelta, più o meno consapevole, delle musiche che “ci piacciono”, alla preferenza di compositori come fatto culturale e cognitivo, all’ascolto di diversi linguaggi musicali, alla consapevolezza di quello strano effetto che tante musiche provocano in ognuno di noi.

Che cosa è la psicoacustica

La psicoacustica è una scienza teorica e sperimentale che studia i meccanismi fisiologici (udito) e i meccanismi psicologici (la reazione psicologica), che intervengono nella percezione uditiva. [10]

È evidente che, oltre ai meccanismi fisiologici e psicologici, si devono tenere in considerazione anche gli aspetti propriamente fisici delle vibrazioni prodotte dai diversi corpi vibranti che il nostro organismo può percepire. Sono dunque tre gli elementi fondamentali che concorrono, entrambi, a definire in modo esaustivo il campo della ricerca:

la fisica acustica;

lo studio dell’anatomia e delle risposte fisiologiche dell’apparato uditivo e in generale di tutto l’organismo;

l’analisi delle risposte cerebrali e psicologiche allo stimolo sonoro.

Il fenomeno sonoro

I suoni, che ascoltiamo [11], possiamo distinguerli in due grandi categorie:

suoni che sono organizzati in un linguaggio musicale con le loro diverse strutture e regole, che comprendono i procedimenti compositivi, le scelte degli strumenti impiegati, l’utilizzo delle più disparate scale musicali che hanno costellato, e costellano, la storia della musica, l’uso di vibrazioni con finalità rituali (i mantra delle diverse culture orientali) e/o a scopo meditativo, ecc.;

suoni che sono indipendenti da un contesto culturale, in quanto fanno parte di “un mondo” autonomo, liberi da volontà organizzative, funzionali alla vita dell’essere umano, come, ad esempio, il pulsare del cuore.

Riguardo ai primi è importante ricordare che “è certo che si suonò e si cantò prima che i teorici giungessero al concetto delle scale e le sistemassero in forme tipiche. Ciò può essere considerato come assioma. Il concetto e le forme delle scale possono essere esistiti prima dei Greci, ma non possiamo sincerarcene con sicurezza. Sappiamo, almeno, che proprio dai Greci passarono alla musica del medioevo e di lì alla musica del Rinascimento e dell’epoca moderna”. [12]

Questa riflessione mette in evidenza l’aspetto oggettivo dell’organizzazione dei suoni in strutture che, per analogia, si possono paragonare all’organizzazione del linguaggio parlato. Non si deve però trascurare l’effetto soggettivo consistente nella sensazione prodotta dalla sollecitazione dell’apparato uditivo e dalla percezione più o meno cosciente a livello cerebrale, o corporeo, di quel fenomeno che la fisica acustica descrive oggettivamente.

Il suono, qualsiasi suono, si propaga nell’ambiente circostante, generalmente l’aria, mediante condensazioni molecolari, generate dalla pressione acustica, alternate da rarefazioni con un andamento periodico ad onda, in maniera coerente con la frequenza della sorgente sonora (l’esempio classico che viene fatto è quello di un sasso lanciato in una stagno: le onde che sono prodotte possono essere paragonate alle onde sonore di un corpo risuonante).

I suoni che ci circondano sono ulteriormente divisi in due grandi categorie, che genericamente potremo definire:

suoni ad altezza determinata, cioè quei suoni la cui vibrazione è costante nel tempo e di cui possiamo stabilire con “precisione” il numero di vibrazioni calcolate generalmente al minuto secondo (riconosco che il suono prodotto da quello strumento è un Do, o un La, ecc.)

(In questo punto verrà inserito un esempio musicale esplicativo)

suoni ad altezza indeterminata, cioè quei suoni la cui vibrazione non è costante nel tempo (questi suoni sono genericamente classificati come rumori, in quanto non si riesce a stabilirne un’altezza precisa)

(In questo punto verrà inserito un esempio musicale esplicativo)

Le caratteristiche principali di un suono, ad altezza determinata, sono [13]:

l’altezza = numero di vibrazioni al minuto secondo: il suono sarà acuto se il numero delle vibrazioni è ad esempio di 880 Hz [14]; sarà grave se il numero delle vibrazioni è, ad esempio, di 220 Hz;

(In questo punto verrà inserito un esempio musicale esplicativo)

l’intensità = ampiezza della vibrazione: distingue i suoni in suoni forti e suoni piani;

(In questo punto verrà inserito un esempio musicale esplicativo)

il timbro = riconoscimento della sorgente sonora (ad esempio il timbro del violino, della tromba, o di altra sorgente sonora creata con nuovi strumenti come quelli elettronici)

(In questo punto verrà inserito un esempio musicale esplicativo)

Il significato del suono

Per cercare di dare un significato a ciò che potremmo considerare, in generale, come manifestazione sonora è interessante fare riferimento a studi di antropologia musicale, che hanno individuato radici comuni in quelle civiltà che tentarono di esprimere ciò che suscitava in loro il fenomeno sonoro. Tale riferimento ci porta a considerare la possibilità di “archetipi” comuni come deposito di una memoria che ancora oggi ci può influenzare.

“Se esaminiamo le fonti che ancora oggi ci consentono di acquisire alcune conoscenze sul significato originario della musica, si resta esterrefatti dinanzi all’unità o alla strettissima somiglianza delle idee che si sviluppano intorno a quei pensieri fondamentali. Sia se si consultano i documenti delle antiche culture come se si interrogano i popoli ancora oggi viventi secondo culture litiche o metalliche, sempre si ritrovano le medesime concezioni. Talvolta esse sono espresse in modo astrattamente filosofico, talaltra in forma del tutto pratica e magica. I simboli stessi cambiano spesso, a causa delle condizioni culturali e geografiche, ma le visioni di fondo restano uguali” [15].

Queste affermazioni ci portano in una dimensione che allarga il normale modo di considerare un fenomeno sonoro, ne allargano i confini, ci riconducono alle antiche cosmologie che concepivano l’origine dell’universo come un fenomeno acustico: oggi, per analogia, potremmo pensare al “Bing   Bang”. Infatti tutte le volte che la genesi del mondo è descritta con una sufficiente precisione, un elemento acustico interviene nel momento decisivo dell’azione. La maggior parte delle tradizioni religiose immaginano, all’inizio dei tempi, un universo immobile e indifferenziato: il Dio Creatore emette un suono iniziale, una sillaba mistica, un grido, un urlo – l’urlo creatore, la Parola, la Sillaba risuonante – che, uscendo dall’abisso primordiale, si riveste di luce , diventa una vibrazione. A poco a poco una parte di questa luce sonora si converte in materia. Secondo i Rigveda gli dei “crearono la luce e il mondo con i loro canti. Nella cosmogonia giavanese il Creatore medesimo viene prima prodotto da un essere superiore che non è rappresentabile visivamente e si dà a conoscere solo nel suono delle campane” [16]. Le prime materializzazioni di questo suono, secondo le antiche tradizioni, sono gli astri e le costellazioni zodiacali e poi, a mano a mano, la luce, il pensiero, la parola sino alla materia che costituisce l’ultimo gradino dell’evoluzione. Dalle vibrazioni più basse hanno origine dunque le cose, gli oggetti, mentre le vibrazioni più alte creano i suoni, la luce, il pensiero, la parola. I primi uomini erano esseri sonori, luminosi, trasparenti che planavano sopra le acque e soltanto nel momento in cui cominciano a posarsi sulla terra e a mangiarne i prodotti, i loro corpi diventano pesanti e opachi: della loro natura sonora rimarrà solo la voce. Siamo dunque circondati da vibrazioni udibili e non udibili che ci ricollegano a quella vibrazione originaria: ogni cosa è depositaria di un frammento di suono e il suono, sostanza originaria di tutte le cose, diventa l’unico mezzo di unione tra cielo e terra. Per questo motivo l’offerta del suono, della parola, di una vibrazione è il sacrificio più alto, più grande. Infatti quando l’uomo scioglie un canto di lode, emette una parola o una sillaba sacra, non sacrifica soltanto, ma si rinnova e si purifica. Le parole dell’inizio del Vangelo di S. Giovanni – all’inizio era il Verbo (la Parola) e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio – non sono “il prodotto della cultura avanzata, ma appartengono al patrimonio concettuale più arcaico dell’umanità” [17].

Queste e tante altre citazioni che si potrebbero reperire con un’indagine sui miti e le tradizioni dei diversi popoli, mettono in evidenza una conoscenza che affonda le sue radici in archetipi legati ad antiche tradizioni che individuavano dunque nel suono, o meglio nella vibrazione acustica, l’origine dell’universo.

A questo proposito è curioso e sintomatico che alcuni scienziati propongano oggi il seguente schema: [18]

15.000.000.000 Bing Bang
È il primo fatto acustico?
5.000.000.000 Nasce la terra (ed i 120 elementi chimici stabili che la costituiscono)
4.000.000.000 Comincia la vita (privilegiando 4 elementi chimici; posizione particolare del DNA
2.000.000.000 Inizia la comunicazione (con la riproduzione sessuale)
400.000.000 Appaiono i vertebrati (ed un sistema nervoso centrale evoluto)
10.000.000

Inizia sia la ventilazione respiratoria che l’udizione – comincia la possibilità di udire i fatti acustici e contemporaneamente nasce la voce

4.000.000 Compaiono i primati (scimmie antropomorfe e ominidi)
nasce la cultura
1.000.000 Evolve l’omonazione
nascono le protesi o strumenti complementari.
Prime forme di voce cantata ?
50.000 Compare l’homo sapiens sapiens.
Nasce l’abilità linguistica. Nasce la voce parlata. Nasce la musica
Fino a tutt’ora

Modifiche progressive flessibili e crescita per cultura e educazione delle abilità musicali (comprese quelle vocali e strumentali)

Le datazioni, in termini assoluti, sono controverse e discutibili, ma hanno pieno valore approssimativo e soprattutto sono rigorose in termini relativi.

15.000.000.000 di anni fa avvenne dunque il Bing Bang: è il primo fatto acustico? Se paragoniamo questo interrogativo con le antiche tradizioni cosmogoniche le corrispondenze sono davvero interessanti. Questo collegamento è importante per mettere in evidenza che “l’idea, che tutte le scienze sono delle forme empiriche della conoscenza e sono basate sull’esperienza, è così comune ai giorni nostri che dimentichiamo facilmente che la maggior parte degli elementi del nostro sistema e del nostro vocabolario musicale sono legati a una teoria millenaria e ad un antichissimo simbolismo come lo sono anche le radici e le forme del linguaggio”. [19]

La conseguenza di questa affermazione ci porta a supporre che esiste una relazione tra certe leggi universali dell’universo e i suoni, relazioni che noi percepiamo più o meno coscientemente: i problemi dunque che solleva lo studio della teoria musicale, della musica, sono d’ordine semantico, psicologico e metafisico.

Alcune caratteristiche della ricerca nel campo della psicoacustica

Forse proprio tenendo conto che l’esperienza musicale abbraccia contenuti e esperienze che non possono essere limitate all’utilizzo di informazioni basate sulle scelte sonore, operate da una sola cultura, come quella occidentale, in tempi recenti l’attenzione è rivolta alle relazioni che si stabiliscono tra il fenomeno musicale, considerato nella sua globalità, il meccanismo mentale, prendendo in esame la musica di altre civiltà, con le loro diverse impostazioni teoriche e pratiche.

Un altro aspetto importante è il fatto che la ricerca si è sempre orientata nell’analisi delle risposte date da soggetti che avevano subito delle lesioni cerebrali: ora l’attenzione è rivolta anche a soggetti sani, che possono essere sia musicisti che non musicisti. Come nella maggior parte dei casi i risultati ottenuti hanno fondamentalmente un valore statistico, causa le grandi variazioni nelle risposte individuali agli stimoli sonori e ai metodi di misura.

Un altro fattore che comporta dei risultati relativi è che la maggior parte dei dati si basa, per ragioni di semplicità di interpretazione, su esperimenti fatti con stimoli elementari (generalmente sinusoidali) nonostante il nostro sistema uditivo sia più sensibile ai suoni complessi.

Si possono definire come suoni complessi tutti i suoni esistenti in natura e quelli prodotti dalla voce e dagli strumenti costruiti, nel corso delle diverse civiltà, dagli esseri umani. Ogni suono complesso risulta composto da una serie di suoni sinusoidali che sono parte integrante di quel suono determinandone, secondo il loro numero e la loro qualità, il timbro. [20]

I suoni sinusoidali sono i componenti fondamentali di qualsiasi fenomeno sonoro.

Sono considerati dei suoni “puri”, in quanto privi di una caratteristica timbrica.

Da un punto di vista geometrico l’andamento di un suono sinusoidale si può rappresentare con la forma di un’onda sinusoidale:

I suoni sinusoidali non esistono isolati in natura, ma con le moderne tecniche si possono produrre artificialmente.

(In questo punto verrà inserito un esempio musicale facendo ascoltare:

diversi suoni sinusoidali

diversi suoni complessi.)

Il fatto che si utilizzino soprattutto i suoni sinusoidali dipende da due fattori fondamentali:

un suono sinusoidale è privo, data la sua natura “asettica”, di riferimenti culturali, che potrebbero, in qualche misura, alterare le risposte dei soggetti. Timbri differenti, come ad esempio il timbro di un violino o di una tromba, potrebbero infatti, per la presenza dei suoni armonici che entrano a far parte del suono che viene percepito, far emergere vissuti personali che possono alterare i risultati della ricerca;

il controllo della frequenza è più preciso.

Gli armonici e il timbro

Nel pensare e nel fare musica, l’uso dei timbri strumentali può essere paragonato per analogia con l’uso dei colori nel campo della pittura, della fotografia, del cinema.

Rispetto ai vari suoni che ci circondano, il timbro dello strumento musicale è una vera è propria invenzione e continua ricerca di perfezionamento propria dell’uomo, del suo desiderio di sapere, di conoscere, di migliorare e la fisica gioca in questo campo un ruolo fondamentale. Se si entra in un museo di strumenti musicali si ha la possibilità di vedere la grande varietà nella costruzione e conseguente evoluzione degli strumenti musicali. Senza entrare nel campo specifico dell’emissione relativa ad ogni strumento, (si deve infatti distinguere fra le diverse emissioni sonore degli strumenti a percussione, a fiato – a bocchino, ad ancia semplice e ad ancia doppia – a corda – distinguendo fra corde pizzicate, percosse o sfregate – e per ognuno di questi strumenti vagliare le caratteristiche della materia con cui sono costituiti) è importante sottolineare ciò che accomuna, almeno per buona approssimazione, tutti i timbri.

Il timbro è quella qualità fisica che ci permette di distinguere uno strumento, una voce, l’uno dall’altro. Un suono che noi ascoltiamo è, da un punto di vista fisico, la risultante di una sommatoria algebrica di tanti altri suoni che vengono emessi contemporaneamente al suono di base e di cui riusciamo a coglierne solo la curva di inviluppo.

Per spiegarmi meglio pensiamo ai colori: noi percepiamo la differenza tra un giallo, ad esempio, più chiaro ed uno più scuro, ma non possiamo cogliere in quale percentuale siano mescolati i colori che compongono questi due gialli differenti: percepiamo solo il risultato finale. La stessa cosa succede per i suoni: ne percepiamo il risultato finale che definiamo timbro.

Se volessimo però sapere il perché della differenza tra un timbro e un altro dovremo ricordare che quando, ad esempio, facciamo vibrare una corda questa, in teoria, emette una serie infinita di altri suoni, chiamati armonici [21], secondo una precisa legge matematica che ha un carattere universale: ogni armonico ha sempre una frequenza che è pari a un multiplo della fondamentale, secondo la progressione aritmetica: 1(fondamentale), 2, 3, 4, …..n. (Se il suono fondamentale emette 100 Hz, il secondo armonico vibrerà a 200 Hz, il terzo a 300 Hz, e così di seguito).

A titolo d’esempio trascrivo i primi 8 armonici:

Nome delle note

Do

Do

Sol

Do

Mi

Sol

Si b

Do

ecc.
Posizione armonica

ecc.
Frequenza in Hz

65,40

130,8

196

261,6

329,6

392

466,2

523,2

ecc.

Di questi infiniti suoni, armonici, la cassa armonica dello strumento ne seleziona una determinata quantità, creando ciò che definiamo timbro di quello strumento. Per fare un semplice esempio se pizzico una corda di un violino il suono che risulta lo associo immediatamente al timbro del violino; se però prendessi quella corda e la mettessi su di una chitarra e la pizzicassi, il timbro che ne risulterà sarà quello della chitarra e non del violino: questo perché la cassa armonica dei due strumenti è evidentemente diversa e quindi diversa la qualità e quantità di armonici che selezionano.

Oggi giorno con determinate apparecchiature si può fotografare un suono e fare una completa analisi delle sue componenti e si è inoltre potuto constatare che i suoni musicali non sono esattamente periodici e soprattutto che il timbro dipende moltissimo da fattori temporali – come il transitorio d’attacco – oltre che dalla distribuzione dell’energia nello spettro.

Questa base fisica è il punto di partenza di una grande tavolozza-sonora   a disposizione del compositore e non solo, ma anche a disposizione dell’esecutore.

Le interferenze, le combinazioni, le sovrapposizioni creano il fascino del grande quadro di ogni composizione musicale.

Non c’è trattato di teoria, o riflessioni teoriche e speculative che non facciano riferimento ai suoni armonici, o armoniche.

Il suono armonico è fondamentalmente rappresentato da un’onda sinusoidale per cui ogni grandezza periodica è scomponibile in una somma di grandezze sinusoidali di frequenza crescente ed ampiezza decrescente: la sinusoide è il “gene” alla base di ogni funzione periodica, fondamentale per la sua capacità di dipanare una qualsiasi matassa di segnali comunque aggrovigliati.

La figura mostra la scomposizione di un’onda quadra, evidenziando la fondamentale e le armoniche terza e quinta.

Per quanto riguarda un discorso esauriente sugli armonici si rimanda a quanto già messo in rete da Esonet: l’armonistica (vedi articoli).

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Note

1. H. Heine (1797-1856) poeta, drammaturgo e saggista tedesco. (torna al testo)

2. Per analogia si può pensare all’impossibilità di dare risposte definitive a domande di carattere universale tipo che cos’è la natura, la fede, chi è Dio, ecc. (torna al testo)

3. È importante ricordare che le funzioni cerebrali, di cui metteremo in evidenza il sistema astratto di misura, funzionano “secondo i principi di statistica e di associazione, i cui dati sono controllati da dei feedback (rinvii), da percezioni che stabiliscono dei paralleli con delle figure tipo ( patterns ) fornite dalla memoria.” (torna al testo)

4. Si deve intendere, in questo contesto, il fenomeno musicale come fenomeno vibratorio che possiede per sua natura un potere energetico in grado di influenzare l’attività fisiologica e biologica dell’individuo. Si entra cioè nel campo della musicoterapia e di quei campi di studio e sperimentazione che vedono il fenomeno vibratorio, il suono, la musica oggetto di indagine sia a livello antropologico che medico. (torna al testo)

5. I primi tre campi delle definizioni che ho messo in evidenza si esplicano soprattutto a livello verbale, mentre il quarto mette in moto meccanismi di reazione sovente inconsci. (torna al testo)

6. Esperienze estatiche e sinestetiche durante la percezione musicale, Macdonald Critchley, in La musica e il cervello, Piccin editore, p.226. (torna al testo)

7. Devachan: stato di coscienza in cui l’uomo consegue la capacità di udire spiritualmente, di percepire combinazioni e molteplicità di suoni che non sono udibili per l’orecchio fisico. L’essenza della musica, Rudolf Steiner, Editrice Antroposofica, p.19. (torna al testo)

8. Philosophy in a New Key, Susan Langer. (torna al testo)

9. Alfred Tomatis, Ascoltare l’universo Baldini & Castoldi, Milano 2005, p.13. (torna al testo)

10. L’universale musica, Le Garzantine, vol. II, pp. 707 (torna al testo)

11. Parleremo in seguito dei suoni che non sono percepiti dall’apparato auricolare, ma che pure giocano un ruolo importante a livello di stimolo. (torna al testo)

12. Gustav Reese, La musica del Medioevo, Sansoni, Firenze 1960, pag. 27. (torna al testo)

13. Tralascio volutamente di evidenziare altre due caratteristiche, che hanno un ruolo importante nella formazione di un suono, cioè il transiente d’attacco e il transiente d’estinzione. (torna al testo)

14. Hz, abbreviazione di Hertz, unità di misura del numero delle vibrazioni compiuto da un corpo elastico al minuto secondo. (torna al testo)

15. Il significato della musica, Marius Schneider,   Rusconi editore, Milano, 1970, p. 17. (torna al testo)

16. Il significato della musica, Marius Schneider, Rusconi Editori, p.21. (torna al testo)

17. Il significato della musica, Marius Schneider, Rusconi Editori, p.18. (torna al testo)

18. Biologia della musica, C. Giordano, G. Righini, O Schindler, Omega Edizioni, p.12. (torna al testo)

19. Traité de musicologie comparée, Alain Daniélou, Hermann, p.15. (torna al testo)

20. Per quanto riguarda il timbro si faccia riferimento al paragrafo successivo: gli armonici. (torna al testo)

21. Gli armonici furono scoperti e definiti da un punto di vista fisico-matematico dal francese Sauveur nel 1701. (torna al testo)

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