La via del fuoco è la materializzazione mentale della volontà dell’anima. Pertanto, l’illuminazione è il risultato dell’incontro tra due volontà, dove la minore e personale, accetta l’influenza della volontà maggiore e impersonale.
Questo incontro è chiamato sacrificio o rinuncia di sé, perché segna la deposizione della ragione del piccolo io fisico a protagonista assoluto (dominus) del corpo e delle sue emozioni. Ma il concetto di sacrificio e di rinuncia è frutto della visione profana, e quindi exoterica.
… persiste la coscienza dopo la morte?
Per l’iniziato, che ha sviluppato la mente ed ampliato la coscienza, l’io inferiore era l’anello debole di sé stessi, sui cui limiti ha lavorato fino a spezzarne i vincoli. Di conseguenza, svincolarsene è tutt’altro che un atto sacrificale ma è la “liberazione iniziatica” raffigurata nel Caduceo Ermetico. Inoltre, lasciare che mente e coscienza si compenetrino con la spinta energetica della coscienza sottile, cioè, che mente e coscienza si lascino caratterizzare dalle facoltà di pensiero di grado superiore, non è una perdita ma una alleanza di enorme portata. L’equivoco del sacrificio e della rinuncia nasce dal fatto che l’uomo comune si sente e si crede solo corpo, separato da quella parte di sé stesso che chiama “anima”. In realtà egli è sia l’uno che l’altro: ed anche di più, se consideriamo la parte più elevata che è la monade spirituale. Perciò, non esiste sopra e sotto, oppure dentro e fuori, ma un’unica realtà che dà forma a diversi piani di sostanza. Cominciando dalla causa prima ch’è il nucleo spirituale, il suo riflesso condensa prima il nucleo animico, per poi esteriorizzarsi, solidificandosi nel nucleo dell’io fisico. Ecco come l’uomo evoluto giunga a “percepire” che coscienza fisica e sottile sono, in realtà, due risvolti della sua stessa identità. Con questa percezione cade l’illusione del dualismo e della separatività che tiene distanti le diverse dimensioni di noi stessi. Che sono la matrice del pensiero fisico, rappresentata negli elementi «terra e acqua»; e la matrice del pensiero spirituale, rappresentata negli elementi «aria e fuoco». L’elemento fuoco si materializza nell’amore cosmico generando una volontà totipotente ch’è il loro terzo aspetto. Questi si diversifica, rallentando nelle energie più dense, come quelle mentali, astrali e materiali, di cui assume la forma. Ogni forma che assume la volontà del terzo aspetto manifesta una identità, che si manifesta come una coscienza caratteristica di quel piano. Così, anche a costo di annoiare il lettore, ripeteremo che nel p. spirituale avremo la coscienza spirituale, nel p. animico avremo la coscienza animica; nei piani mentali (dalla ragione alla Ragion pura) avremo la coscienza mentale, nel p. emotivo avremo la coscienza astrale (vedi La Grande illusione della Via sensuale) e sensuale (vedi I miraggi della via sensuale), nel p. istintuale avremo la coscienza passionale. A questo punto si giunge ad una conclusione per molti versi dolente, su cui si dovrebbe riflettere, perché si tratta di scegliere se vivere o morire. E per scegliere ad “occhi aperti”, bisognerebbe sapere come funziona il gioco. I fattori che riportiamo sono quelli della Filosofia del Fuoco: a) Il frammento di coscienza materiale (di cui l’io fisico rappresenta il nucleo centrale) è ceduto per osmosi dalla coscienza sottile (di cui l’anima rappresenta il nucleo centrale). b) La coscienza materiale, come tutto ciò che supporta il corpo fisico, è di carattere impermanente. c) La coscienza sottile, come tutto ciò che supporta il corpo spirituale (la monade), è di carattere permanente. d) Alla dissoluzione del corpo fisico, tutti gli elementi che lo compongono tornano alla fonte: la materia torna alla materia, i liquidi ai liquidi, gli eteri all’etere. Meno la coscienza materiale, che slegata dalla propria fonte, sopravvivere provvisoriamente in quei fenomeni chiamati “gusci astrali” (v.). Secondo questo schema la coscienza muore e così come l’uomo muore definitivamente, a meno di considerare vita quel brandello di sopravvivenza astrale che ravvediamo nei cosiddetti “gusci”. Diverso il destino di chi ha preso contatto con i due aspetti di coscienza, costruendo quel collegamento mentale chiamato “Ponte” (vedi La Via di Mezzo). Un ponte, che in realtà è un vortice d’energia psichica, come abbiamo cercato di rappresentare nell’immagine all’inizio. Il collegamento, o ponte va instaurato già nella forma fisica ed è questo il senso dell’iniziazione, coma s’intendeva nell’antichità, e come la intendevano quanti hanno coniato la parola “pontefice” ed il termine “Ars Pontificia” (vedi I due volti della Massoneria). Con l’Iniziazione maggiore, si avvera quella «alleanza di enorme portata», che consiste nell’allineamento tra l’io fisico e la sua controparte maggiore, che comporta il Libero Arbitrio, frutto appunto di quell’unione. Questo contatto ha altri grandi vantaggi per l’oscura mente dell’uomo, tra questi la continuità di coscienza, che si mantiene anche al momento della morte fisica. Senza collegamento la coscienza materiale si disperde assieme al corpo e muore; mentre collegata al proprio nucleo maggiore, la coscienza fisica segue il destino dell’anima, sveglia e padrona di sé. Non raggiungere la continuità di coscienza, per cui medita, per l’iniziato orientale significa ripetere tutti i doveri prefissati per quella vita (in sanscrito Dharma), senza avere memoria del passato. Che significa affrontare le stesse prove, rischiando di ripetere gli stessi errori ed incorrere negli stessi mali. La perdita di coscienza prima di ripetere una vita, la troviamo in Grecia nel mito del Fiume Lete, le cui acque facevano perdere la memoria a coloro che si preparavano a tornare al mondo terreno, privandoli così dei vantaggi di ogni conoscenza acquisita in precedenza. L’esoterista dovrebbe portare attenzione alla pratica di costruire ponti, e nell’ampliare le capacità vigili della propria coscienza. Sono queste le premesse per “risvegliarsi” dalla trance, dall’illusione di cui siamo prigionieri nel mondo materiale. |