Etica del Sacrificio. I gradi sulla «Via del Servizio»

MassoneriaLa morale da sola non basta – Abbandonare e poi trasmutare i metalli – Il sacrificio di sé – Il coraggio di servire senza sperare

«…qual è il più alto grado di servizio a cui può dedicarsi un iniziato?»

Etica del Sacrificio. I gradi sulla «Via del Servizio»

di Athos A. Altomonte

«…qual è il più alto grado di servizio a cui può dedicarsi un iniziato?»

Sommario: La morale da sola non bastaAbbandonare e poi trasmutare i metalliIl sacrificio di séIl coraggio di servire senza sperare

La morale da sola non basta

Secondo i catechismi morali, operare a benefizio di altri è un atto di dedizione, generoso e altruista, che fissa il superamento della fase egocentrica, in cui le parole «io, mio e per me» segnavano i confini del mondo personale. Porsi a “servizio degli altri”, però, non vuol dire esibire se stessi, né propagandare ideologie. Il servizio altruistico è un segno di maturità, non di esibizione, e la sua qualità dipende dalla visione mentale dell’operatore, dal grado d’intellettualità raggiunta e dall’evoluzione della sua coscienza.

Servire gli altri significa “farsi coppa” dei loro dolori e delle paure, e promotori delle loro speranze.

Sul “bene” convergono gli intenti morali dei catechismi d’ogni ordine e vocazione. Scrisse, però, chi di uomini se ne intendeva «il sentiero che porta all’inferno è lastricato di buone intenzioni» . Ed aveva ragione, perché l ‘aspetto morale è sì meritevole d’attenzione, ma da solo non basta. Poiché, è innegabile che il suo effetto contraddittorio è di generare ipocrisia.

Per uno spirito corrotto, la morale è solo una prigione da cui fuggire alla prima occasione, per tornare alle pratiche predilette. Di fronte alla morale fingerà, mentirà, facendo buon viso al buon senso comune. Ma appena solo tornerà alle vecchi abitudini. Così, accade che le esortazioni morali inducano all’ipocrisia piuttosto che ai buoni costumi.

Abbandonare e poi trasmutare i metalli

Le qualità migliorano e le possibilità di servizio aumentano se all’aspetto morale si aggiungono i processi di trasformazione a cui l’uomo può indurre se stesso, usando con competenza gli strumenti mentali che sviluppano la sensibilità intellettuale.

I rituali massonici ripetono ai propri adepti di lavorare a beneficio dell’umanità, promuovendo le virtù e scavando profonde prigioni al vizio. Un’ottima dichiarazione. Ma non basta un’asserzione per fare di un uomo il servitore di un più alto ideale. Bisogna fare di più. E qualcosa di concreto lo incontriamo nell’invito ad abbandonare e poi trasmutare i metalli*. D’altronde, non si può immaginare di potersi mettere al servizio dell’umanità rimanendo nella totale imperfezione, quindi, senza prima aver migliorato se stessi.

Abbandonare i (propri) metalli significa accettare di condividere beni e benefici personali con i meno forti e fortunati: ma più sottilmente, è un invito a distaccarsi dalle idee preconcette, dai pregiudizi, dalle illusioni e dall’immaginario collettivo, per calcare il proprio sentiero (v. Una Fratellanza fuori dal gregge). È un invito alla generosità, al distacco degli elementi pesanti del materialismo per legarsi, per quanto si è capaci di percepirli, ad ideali sottili.

Anche in questo caso le buone dichiarazioni non bastano. Serve conoscere il metodo per trasformare se stessi, serve dominare gli strumenti del proprio “mutare”, serve trasformare il cosiddetto spirito animale (v. Alchimia dell’energia sessuale).

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* I metalli pesanti, o volgari rappresentano gli istinti inferiori, che i filosofi chiamano spirito animale, da cui prendono vita le idee ed i sentimenti che tratteggiano la dimensione profana.
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Il sacrificio di sé

Per quanto si possano raffinare pensieri e sentimenti, i gradi più elevati di servizio non possono essere raggiunti senza aver prima acceso il fuoco della volontà. Senza il fuoco della volontà, infatti, nessun ostacolo può essere rimosso, nessuna difficoltà può essere superata, nessun dolore può essere sopportato.

La volontà spirituale è il fuoco dell’alchimista.

La volontà spirituale è il Fuoco dell’anima.

Il Fuoco è la volontà dell’Iniziato.

L’elemento igneo (fuoco) arde per il coraggio e con il sacrificio.

Coraggio e sacrificio sono gli elementi della via eroica. Di coloro che si arrestano solo dopo il traguardo. Che nella dimensione iniziatica significa dopo aver compiuto l’Opera in Bianco. Raggiungere il traguardo significa aver oltrepassato tre fasi fondamentali: Perdere se stessi (abbandonare i metalli); Rinascere a se stessi (risurrezione del Maestro Hiram), per mezzo del Sacrificio di sé stessi.

Il sacrificio entra nella «via del servizio» dal momento in cui l’iniziato offre parte di sé al beneficio comune. C’è sacrificio quando si rinuncia ai propri attaccamenti per migliorare se stessi. C’è sacrificio quando s’intraprende la via del servire gli altri, anche se il servizio si consuma ai livelli minori. C’è sacrificio quando un Maestro trasmette saggiamente il proprio sapere, perché sta devolvendo ai propri allievi la parte migliore di se stesso, in atto e in sostanza (v. Il Pane della Conoscenza).

Il coraggio di servire anche senza speranza

L’impegno sulla via del servizio può andare oltre l’altruismo, oltre il miglioramento di sé fino a raggiungere un sacrificio etico maggiore a quelli conosciuti fino ad ora.

Le prime fasi della via eroica danno vita a compensazioni che rendono più leggero il sacrifico.

Per compensazioni non intendiamo i premi veri, sperati o presunti di chi attende che il proprio sacrificio venga ripagato, ma il sentimento compensatorio che il sacrificando genera da se stesso.

Porgere aiuto anche senza ringraziamento conforta l’animo sensibile. Immolarsi al proprio ideale celebra l’animo del martire; morire per la patria glorifica l’animo dell’eroe; offrire la vita al proprio Dio consacra l’animo del mistico; dare la vita per raggiungere una condizione paradisiaca è l’afrodisiaco del devozionale.

Fin qui l’etica del sacrificio, anche estremo, prevede una gratificazione, data o generata; un compenso in una qualche misura procurato; una offerta che attende una qualche risposta. L’etica dell’Iniziato, però, può andare oltre, fino alla dimensione del «silenzio sottile» dove nessuna compensazione può essere generata, dove nessun compenso può essere percepito, dove nessuna domanda può essere fatta.

È la dimensione della coscienza sottile, dove il distacco con la percezione corporea è pressoché totale, perché nel silenzio dell’anima le metafore non hanno significato, le speranze non servono, i commerci non esistono, i sogni spariscono e le illusioni svaniscono. Nessuna chimera salvifica ripara più l’Iniziato dalla realtà dai contorni immensi.

Il tempo si dilata, e la morte diventa solo un passaggio ri-creativo* della coscienza, dopo «una giornata di duro lavoro» (metafora di una vita). L’Iniziato continua a servire, ma il suo lavoro è ormai senza tempo. In questa dimensione, la solitudine esteriore viene compensata dalla ricchezza interiore, ma ci vuole coraggio per continuare a servire senza la speranza di poter almeno condividere i frutti della propria fatica.

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* Ri-creazione – Un brano del rituale massonico cita in forma enigmatica questo passaggio, dicendo che gli operai “vengono accompagnati dal lavoro alla ri-creazione e dalla ricre-azione di nuovo al lavoro”
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