La Via secca e la Via umida, simboli dell’ermetismo
Da un ordine le cui priorità sono la supremazia del potere e della forza fisica, emerse una ben strana scala di valori. Subordinare la velata straordinarietà delle virtù interiori dell’uomo alla formidabile ordinarietà della cultura delle classi dominanti, ha finito per influenzare in chiave materialistica ed exoterica l’interpretazione minore di molte allegorie e simboli.
Anche dell’allegoria esoterica sul tema della Via Secca e la Via Umida, ha finito per essere interpretata in tono minore. Ridotta in chiave troppo letterale e fisiologica, dove, prima d’ogni altro valore veniva apprezzato l’attributo fisico dell’interprete dello psicodramma.
La Via secca e la Via umida, simboli dell’ermetismoChe la donna sia ancora una “mancata” Sorella o abbia già raggiunta una prima iniziazione simbolica e virtuale, ha comunque sofferto il danno di un lungo ritardo nella propria evoluzione spirituale. Perché, per favorire certe prerogative maschili nell’Era Volgare (l’Età del Ferro o Kali Yuga) le si è impedito l’accesso ad una qualsivoglia educazione iniziatica di rilievo. In quest’era oscura per l’animo umano, per un diffuso costume morale e religioso, metà del cielo fu gettato nella polvere e destinato al ruolo di capro espiatorio dell’inconscio collettivo: “fonte d’ogni colpa ed origine d’ogni male”. La donna che negli antichi fasti fu l’imperfetta sacerdotessa del sacro, del divino e del meraviglioso, si trovò ridotta in una morbosa sudditanza fisica e psicologica. Fu sottomessa con enfasi repressiva ad un’educazione che la induceva a ritenersi inferiore. Un essere impuro e colpevole ma servizievole, soprattutto utile a soddisfare le molte aspettative “fisiche” del maschio. Uomo e Donna sono, invece, l’espressione di un’unica matrice spirituale (la Monade). Per cui possono porsi con pari dignità d’innanzi al Grande Creatore dell’Universo. L’uomo ha rinnegato questa comunione “celeste” al proprio complementare. Impedendo alla donna di camminargli a fianco verso la restaurazione. Ma quanto è stato concepito dalle oscure fantasie dei maestri dell’Era Volgare, ha solo parzialmente inibito ma non compromesso il diritto della donna ad accedere alla Via iniziatica. Ciò che il Grande Ispiratore della Vita ha unito in spirito, le dottrine di venerati Padri dell’età oscura hanno poi separato nella fisicità della materia. Perché, quei venerati maestri, potevano concepire il mistero dell’io mascolino e dell’io femminino nelle uniche caratteristiche che potevano percepire con i loro sensi. Stabilendo, così, un ordine plasmato non dalla sensibilità, dall’intelligenza e dai sentimenti, ma limitato alle prerogative delle diverse attitudini del corpo fisico-animale. Da un ordine le cui priorità sono la supremazia del potere e della forza fisica, emerse una ben strana scala di valori. Subordinare la velata straordinarietà delle virtù interiori dell’uomo alla formidabile ordinarietà della cultura delle classi dominanti, ha finito per influenzare in chiave materialistica ed exoterica l’interpretazione minore di molte allegorie e simboli. Anche dell’allegoria esoterica sul tema della Via Secca e la Via Umida, ha finito per essere interpretata in tono minore. Ridotta in chiave troppo letterale e fisiologica, dove, prima d’ogni altro valore veniva apprezzato l’attributo fisico dell’interprete dello psicodramma. Allora, come s’è detto, l’elemento decisivo per accedere alla gerarchia “iniziatica” si ridusse alla fisicità di cui era “portatore e fruitore” l’aspirante. Pur nella negazione spirituale che prevalse dell’ultima Era (1ª Età dell’Oro, 2ª dell’Argento, 3ª del Rame e 4ª del Ferro), molti Iniziati continuarono a descrivere il sentiero della Conoscenza e della Realizzazione come una via interiore. Al contrario di quanto affermavano le religioni del potere temporale, gli Iniziati continuarono a tramandare una visione davvero poco fisica ed exoterica del sacro. In quella visione, la Via umida e la Via secca sono due tratti dello stesso Sentiero. Il primo tratto conduce alla soglia dei Misteri minori, mentre, il secondo tratto giunge ai Misteri maggiori. Questo è un percorso di riscoperta di antiche doti e della nuova restaurazione che avviene nella coscienza dell’iniziando. Un inanellamento di mutazioni interiori che sono fortemente influenzate dal temperamento e dalle caratteristiche individuali dell’aspirante. Questi, di volta in volta, potrà essere più o meno volitivo, più o meno passivo. Senza essere, però, mai del tutto volitivo (io mascolino) o del tutto passivo (io femminino). In ogni aspirante ed adepto minore vi si troveranno sempre mescolate parti dell’uno e parti dell’altro temperamento. Nel carattere di quanti non hanno ancora raggiunto la sintesi mentale predominerà a volte l’ininfluenzabile temperamento volitivo, mentre, altre volte, sarà invece preminente l’influenzabile temperamento passivo. La sintesi mentale è il pensiero limpido, perché non può più essere influenzato da qualsivoglia impulso emotivo. È il pensiero privo d’ogni veste passionale che gli antichi ermetisti ed alchimisti chiamarono ”androgino”. Ed è l’asessualità di questa intelligenza superpersonale, ferma ed astratta, ad essere il solo elemento che distingue il superiore dall’inferiore. Superiore è una mente onnicomprensiva che non soggiace all’affabulazione di ciò che attrae o respinge il gusto personale ed emotivo. Una mente che non soggiace al senso d’attrazione o repulsione, conviene solo col giusto e col vero. Il suo pensiero, allora, può davvero discernere tra male e bene, tra auspicabile e deprecabile senza tema di restare imprigionata dalla mera formulazione di opinioni personali. È comunemente accettato, e non solo dagli esoteristi, che gli istinti, gli impulsi e le passioni della mente fisica finiscano per generare quell’habitat emotivo detto la sfera del desiderio. Questa è una concentrazione di coscienza fisica caratterizzata da una vibrazione (tono) tanto lenta (onda quadra), da potersi compenetrare con la staticità energetica della materia fisica. E nel suo primo sviluppo, la mente fisica appare fortemente egemonizzata dalle sensazioni di quella energia. Tutte le sensazioni che provengono dall’esterno, sono così predominanti per la coscienza fisica, da sopraffare ogni sensazione interiore. Tranne una loro debole eco che si manifesta nella superficie della coscienza di veglia, come “senso del giusto”, “senso del bene” e “senso del bello”. La mente inferiore, concentrata su sé stessa e sulle sensazioni buone e cattive della propria vita individuale, nella propria cognizione, è incosciente e separata dal senso d’ogni realtà che non si rispecchi con elementi come conoscenze e ricordi, ch’ella non trovi già in sé stessa. Normalmente la mente inferiore si oppone ad essere penetrata da ciò che non riconosce e che non fa già parte della propria costruzione mnemonica. Avversa il “diverso” come una minaccia all’integrità della propria specificità. Questo, per analogia, è lo stesso impulso che spinge un singolo individuo o una razza a proteggere se stessa attraverso la preservazione dei propri geni. E ricordiamo, a tale proposito, l’antico divieto per l’appartenente ad un clan, ad una razza o ad una religione che si consideravano superiori, a sposarsi con un estraneo/a, per non contaminare la purezza della schiatta o del simbolo di fede. E questa ripulsa, anche se in maniera più velata dall’apparente apertura dei costumi sociali, è ancora molto presente in ogni fascia sociale d’ogni popolo. La curiosità, nella sua espressione più genuina, ovvero scissa dalla fantasia, è l’impulso che contrasta la staticità o le tendenze involutive d’una mente immatura. Invece, curiosità ed immaginazione creativa sono il giusto “propellente” per distrarre la mente dall’eccitamento continuo in cui è coinvolta dagli impulsi della natura inferiore. La mente fisica reagisce istintivamente all’anarchia di ogni impulso che riceve e, senza porvi attenzione, si appresta a concentrare la propria ingegnosità per soddisfarli. Applicare le facoltà razionali al conseguimento di vantaggi che non suppliscano a bisogni fisici primari, ma che rimunerino gli impulsi d’un indole passionale, significa introdursi alla Via sensuale umida e lunare. La Via sensuale è la via larga del profano, mentre la Via di mezzo è lo stretto sentiero dell’iniziato. La via sensuale vela, nel desiderio di ciò che si agogna, il principio della seduzione. Non si può, infatti, provare desiderio per qualcosa o per qualcuno, senza ch’essa od egli, non abbia già compiuto sul soggetto un “opera di seduzione”. La seduzione è un elemento sensuale che provoca l’idea di desiderio e da quest’idea insorge l’impulso all’appagamento. E su questi tre elementi si esaurisce gran parte dell’energia vitale fisica ed emotiva. Ma come ogn’altro elemento anche questi contengono in sé un elemento che li contraddice. Ad esempio, se apparendo secondo certi canoni l’uomo ricerca l’appagamento nel consenso altrui, con quella identificazione comune a molti cade nel conformismo. Finendo, così, per annullare l’originalità della propria specificità. E se i modelli a cui si conforma sono mediocri e marginali, quella sarà una scelta involutiva. Ma se il consenso viene rifiutato si accende allora l’ostilità, la sofferenza e la frustrazione. E questo genere di dolore può trovare diverse vie di manifestazione: l’autolesionismo ed il susseguente malessere psicosomatico, l’isolamento ed il rifiuto o più comunemente del rancore verso “gli altri”. La ricerca d’appagamento è un desiderio che, come ogni altro, porta in sé l’impulso a possedere l’oggetto del desiderio e il pos-sesso, come dice l’etimologia della parola, è connesso alla sfera sessuale essendone l’estensione egoistica. Apparire e possedere sono due elementi rilevanti della Via sensuale su cui si svolge l’esperienza profana. La via sensuale è un percorso tormentato. Sempre in bilico tra l’avidità di nuovi appagamenti e la preoccupazione di non ottenerli. Tra il pessimismo che consegue al rifiuto, l’ansia del timore che venga tolto quanto si ha e la sofferenza per ciò che si è perso. Per questo è detto che l’essenzialità è la fortezza che rende l’Iniziato intoccabile. Anche desiderare senza realizzare ciò a cui si aspira, è un illusione della sfera sensuale. E questo vale anche per un devoto proponimento se non lo si realizza per incapacità, per pigrizia, egoismo, paura od omissione. E anche desiderare un fattore d’elevata moralità come lo stoicismo ascetico può diventare un elemento sensuale, perché, sulla Via iniziatica non vi è nulla da desiderare ma vi è solo da praticare nel silenzio. Perché, parlare con chi già conosce non serve e usare la parola per quanti “non hanno orecchie per sentire” è, oltre che inutile e dannoso, anche pericoloso per colui che “rivelando rivela se stesso”. Praticare, significa cadenzare con determinazione, ma senza aggressività, l’abbattimento dei limiti interiori. Con la pratica si forzano via via le barriere emotive disintegrandone (nel senso contrario di integrare) i contenuti indesiderabili di una natura fisica di per sé umida e passiva. Praticare un insegnamento iniziatico con l’intenzione di “raggiungere lo scopo”, non è desiderio ma aspirazione e l’aspirazione è il valore più sacro dell’adepto. Il vero adepto aspira a divenire il modello che lo ispira, accettando volitivamente di plasmarsi per realizzare quell’alto modello che l’insegnamento iniziatico chiama «Principio». In questo caso, la Via di mezzo è raggiungere il giusto equilibrio tra sé stesso ed i diversi elementi dell’opera personale. Il primo compito che l’adepto deve affrontare, è d’equilibrare l’obiettivo che si è prefisso, con gli strumenti che vuole impiegare, le capacità di cui realisticamente dispone, la forza che potrà impegnare nel progetto dell’opera ed il giusto calcolo del tempo necessario per il suo compimento. Associare nelle giuste proporzioni il complesso di questi primi elementi fa già dell’adepto un “buon costruttore”. È auspicabile che l’adepto usi a vantaggio della propria opera, lo strumento della conoscenza empirica di quanti lo hanno preceduto nell’esperienza chiamata Iniziazione. Esperienze di diversa fattura che sommate in un contesto specifico, costituiscono la Tradizione iniziatica. In questo “contenitore” vi si potranno trovare tutti gli “strumenti” che soddisfino la diversa mescolanza di temperamenti d’ogni tipo di aspiranti. Oltre che ogni genere di linguaggio psicologico con cui ognuno di loro cerca d’interpretare le proprie realtà, sé stesso e le proprie emozioni. Il ricercatore potrà sperimentare, di questo grande contenitore, ogni mezzo che gli parrà più idoneo alla sua indole e tendenza. Per raggiungere lo scopo tutti i mezzi contemplati dalla Tradizione possono essere usati, ma non ogni altro mezzo. Il “praticante” è come una pianta, la sua evoluzione va curata con la delicatezza di un fiore. E l’attenzione che vi porrà il suo istruttore sarà quella di un Maestro giardiniere. Ma se “il fiore” decide di voler “sbocciare” senza attendere la comparsa del Maestro giardiniere deve ricordare alcune regole. L’atto di consacrazione all’ideale del Principio prediletto dovrebbe rimanere astratto, e slegato da ogni elemento personale o da qualsivoglia rappresentazione di una persona fisica particolare. Non si devono precorrere “certi” tempi di maturazione né ricorrere a mezzi che comportino violenza. Non è lecito ricorrere a pratiche vessatorie, atti estremi, privazioni emotivamente destabilizzanti, costrizioni, rigori fisici ed abusi morali. È da ritenere illecita ogni pratica che porti all’autolesionismo. Una pratica che, nella sua perversione, nasconde dietro la sua maschera di dolore e sacrificio la negazione e l’annullamento dell’identità individuale, ma allo stesso momento esalta velatamente la sensualità devozionale. E per non ricadere nella sensualità, anche se devota, bisogna, allora, saper distinguere tra essenzialità e privazione, tra essenzialità e povertà, tra essenzialità e sofferenza. L’essenzialità è una virtù dell’intelligenza, mentre le sofferenze di certe pratiche sono un’insana fonte di passione sensuale. E se la rinuncia al proprio edonismo è un atto mirabolante nell’opera di trasmutazione iniziatica, può accadere che per un supremo impulso di narcisismo passionale questo atto sia trasformato nel piacere del martirio, nel piacere della sofferenza e nel piacere della rinuncia. Tutto questo è ancora un sentimento perverso di sensualità. Se la Via sensuale nasce da una visione eccessivamente egocentrica ed edonistica della vita, quest’eccesso non può essere risolto con la repressione, la violenza e nemmeno con l’intransigenza. Perché anche l’intransigenza è un eccesso passionale. Allora è sbagliato cercare di divellere le pulsioni della fisicità con la forza dei divieti, poiché l’essenza fisica non va mai abusata ma solo educata. L’essenza della natura fisica va evoluta con l’intima persuasione di una lenta ma profonda educazione, altrimenti, usando la coercizione psicologica, della forza, della paura e dei fantasmi della superstizione è facile ottenere, per reazione, l’effetto contrario di quanto desiderato. Immaginiamo per un momento l’effetto psicofisico di tali reazioni introducendovi il postulato di fisica elementare che afferma come: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. L’atteggiamento paziente e comprensivo che l’adulto applica per le marachelle del proprio bambino, il cucciolo di uomo, vale anche per educare la fisicità, anche quella irriverente ed in “libera uscita”. L’imperfezione naturale dell’umanità trova la sua giustificazione, e non la sua colpa, nell’ essere parte della manifestazione. Cioè, parte integrante della Grande Opera di creazione universale. Quindi non si scaccia un eccesso con un altro eccesso né ci si permetta di perseguitare lo «strumento» che il Divino ha creato per manifestarsi. Dimentichiamo allora ogni eccesso ritrovando l’equilibrio del giusto mezzo. La Via di mezzo è l’angusto sentiero che scorre tra il bianco della trascendenza spirituale, dove nessun elemento materiale può più persistere nella sua forma originaria. Ed il nero, dove, per l’immanente materialità l’elemento spirituale perde vitalità in ogni suo attributo. La Via di Mezzo, dunque, è l’Iniziato stesso. Colui che si pone nel giusto equilibrio tra Essere ( essenza attiva) ed Apparire ( sostanza passiva). Accostiamoci ora al concetto di Pentalfa oscuro e di Pentalfa fiammeggiante. La forma fisica d’ogni essere, sia uomo che donna, è parimenti umida e passiva: “il corpo fisico è solo l’umido ed oscuro contenitore di una energia-pensiero lunare e femminina che solo l’energia luminosa dello spirito-pensiero può rendere solare e mascolina”. Il Pentalfa oscuro è simbolo della elementare condizione dell’adepto che riconosce alcuni misteri della Grande Vita che incombe ma non li ha ancora resi vivi in sé. Non basta sapere per conoscere. E chi non realizza il proprio sapere facendone rivivere in sé l’essenza vitale rende i Misteri: Lettera morta. Ancora priva di vita, la coscienza è ancora oscura e separata dalla propria natura primigenia luminosa e spirituale. L’iniziato minore, seppur imbevuto di nozioni del sapere è ancora un’Ombra dell’Ordine iniziatico e della sua Gerarchia. Il Pentalfa Oscuro è, allora, un’identità ancora separata dalla parte superiore della propria coscienza. Un’identità che sta ancora percorrendo la Via umida, lunare e passiva dominio della forma naturale. Forma che è simboleggiata dalla Coppa che, con l’opera di metamorfosi interiore, deve essere colmata di buon spirito. Per il mutamento della sua struttura energetica (nucleare), l’Iniziato maggiore manifesta nella propria forma mentis la presenza più sottile del quinto regno di natura*. Regno sovramondano ma il cui accesso è pur sempre “all’interno” dell’uomo. ___________ * I cinque Regni di Natura: Alla costituzione del primo anche se debole ponte (da cui il termine di Ars Pontificia in cui l’Adepto costruttore del ponte tra “terra e cielo”, la santa Alleanza, è chiamato pontifex), tra conscio fisico e superconscio, la forma mentis lunare dell’iniziato comincia a sottostare all’azione solare della forma mentis spirituale. In questo punto, il percorso dell’iniziato vela alcuni pericoli. a. La Via Umida / b. iniziando a seccarsi / c. per effetto della Luce, / d. emana vapore. / / e. Questo produce nebbie e miasmi / f. in cui si perde il Viandante / g. che, privo della vista, / / h. invoca una Guida, / i. che lo conduca / l. ad un rifugio sicuro / m. in cui trascorrere la notte.
I pericoli maggiori provengono, generalmente, dall’annebbiamento mentale provocato dall’elemento emotivo dell’aspirante. Il desiderio e la speranza non suffragati da una plausibile aspettativa sono, ad esempio, l’errore ricorrente sul cammino delle prove (rappresentato dal pianeta Saturno). Accade, infatti, che si possa presumere, senza il riscontro del Maestro giardiniere, di aver raggiunto un qualche prestigioso traguardo. E ciò accade sovente. Chi crede di possedere qualità iniziatiche tenterà poi di affermarle all’esterno, soprattutto per convincersene, con smisurati esercizi dialettici. E questo, per coloro che vi assistono senza capacità discriminante e senso critico, sarà una pericolosa occasione in cui potrebbero perdere l’ orientamento. Indispensabile per mantenersi sulla “giusta rotta”. Nel percorrere la Via umida, focalizzato nella propria coscienza istintuale, l’uomo è riuscito a costituire quel campo d’esperienze percettive chiamato mente fisica. E in essa trovano espressione tutte le necessità della propria natura materiale. Nel dialogo, se così vogliamo dire, tra la coscienza fisica e l’eco della percettività interiore, l’Adepto si focalizza su quel canale di ricezione chiamato ponte coscienziale. Canale che, anche se parzialmente attivo, trasmette alla mente inferiore gli stimoli del pensiero dell’ego superiore. A questo punto la coscienza costituisce un altro campo d’esperienze percettive, chiamato mente intuitiva. Col calcare la Via secca del pensiero astratto e interagendo concettualmente con il potere sintetico della coscienza superiore di Sé, si crea quel campo d’esperienze percettive chiamato mente superiore. In questa mente si sommano in una conoscenza di tipo sintetico, tutte le esperienze del proprio mondo materiale con quelle del proprio mondo supercosciente. Ecco, allora, l’Iniziato. Un tramite tra i mondi del io fisico e quelli dell’io iperfisico ed appare il vertice del Pentalfa, il 5° regno di natura che, per le proprietà della propria Luce, integra l’individualità dell’essere umano con la divinità che Siede nel suo cielo interiore. Così da diventare un Pentalfa fiammeggiante, un Maestro, una Luce dell’Ordine iniziatico e Membro della sua Gerarchia. |