Alle radici del fenomeno Rosicruciano /1

L'Opera al RossoPremessa – Il neoplatonismo fiorentino come origine del pensiero ermetico-rosicruciano – La crisi europea del XVII secolo ed i primi attori dello scenario rosicruciano – I Rosacroce ed i loro Manifesti – Le Nozze Alchemiche di Christian Rosenkreutz – La metapolitica Rosicruciana

L’incapacità del positivismo di comprendere la metafisica filosofica dei secoli precedenti ed i suoi profondi influssi sugli avvenimenti politici e sociali, deriva dall’adorazione superstiziosa del dato oggettivo.
Nella storia del pensiero tale concetto è irrazionale, in quanto ogni dato sarà sempre mediato e tradotto soggettivamente, e indotto dai parametri sociologici, ideologici e filosofici dominanti nell’ambiente.

Alle radici del fenomeno Rosicruciano /1

di Vittorio Vanni

Sommario: PremessaIl neoplatonismo fiorentino come origine del pensiero ermetico-rosicrucianoLa crisi europea del XVII secolo ed i primi attori dello scenario rosicrucianoI Rosacroce ed i loro ManifestiLe Nozze Alchemiche di Christian RosenkreutzLa metapolitica Rosicruciana – Elia Ashmole fra Royal Society, Rosicrucianesimo e Massoneria – La Royal Society – E la Massoneria? – Fede e scienza nel nascente illuminismo inglese ed europeo – Allegato n°1: Alcuni dei precursori – Allegato n°2: Sulle origini islamiche della Rosa+Croce

Premessa

L’incapacità del positivismo di comprendere la metafisica filosofica dei secoli precedenti ed i suoi profondi influssi sugli avvenimenti politici e sociali, deriva dall’adorazione superstiziosa del dato oggettivo.

Nella storia del pensiero tale concetto è irrazionale, in quanto ogni dato sarà sempre mediato e tradotto soggettivamente, e indotto dai parametri sociologici, ideologici e filosofici dominanti nell’ambiente.

Se il pensiero positivista fece consequenzialmente nascere alcune nuove discipline scientifiche ad esso apparentemente congeniali quali la psicologia, l’etnografia e l’etnologia, la storia delle religioni, fu proprio da queste che nacquero i primi dubbi sull’effettiva natura “positiva” e “statistica” dell’uomo.

La psicoanalisi scoprì, o meglio riscoprì, una componente occulta nella psiche umana, tanto da dover ricercare comparazioni psico-simboliche nell’antica metafisica e nell’ermetismo nelle sue ricerche. L’inconscio freudiano, la legge di sincronicità junghiana, la psicosomatica di Groddek, l’“orgone” di Reich, riaprirono la problematica ermetica sul vitalismo universale e sul rapporto micro-macrocosmico.

Le nuove discipline, attraverso l’opera di numerosi studiosi, posero poi l’accento sull’identità del profondo fra i popoli primitivi quelli civilizzati, ponendo fine all’illusione di un continuo ed infinito progresso morale e sociale fondato sulla razionalità positivista e sulle scoperte scientifiche.

Le attuali condizioni d’ansiosa insoddisfazione ed irrequietezza del mondo attuale, che non ha realizzato le utopie illuministiche e la liberazione dell’uomo attraverso il rinnegamento dell’esperienza delle età passate, hanno riportato l’attenzione del pensiero filosofico sull’individuo come monade irripetibile e centro dell’universo e, conseguentemente, al rifiuto della centralità della “natura” della”società” o della “classe”.

L’età antica affermava l’universalità, reciprocamente specchiantesi, del cosmo e dell’uomo. L’Illuminismo volle sostituire a ciò l’idea di “Natura”, in cui l’uomo di per sé non era più la meravigliosa monade rinascimentale, ma solo un frammento poco importante del cosmo e che aveva un relativo valore solo nella sua qualità di componente sociale.

In Hegel si trova già codificata questa tendenza, quando nega la forza d’affermazione della personalità e misconosce il valore dell’individualità, della volontà, del desiderio e della passione.

In Marx, poi, non vi è traccia d’alcuna antropologia umanistica. Per lui, gli uomini non costituiscono un’essenza di per sé, non sono, storicamente, se non l’insieme delle loro determinazioni sociali. La storia stessa, in Marx, non è lo sviluppo unilineare di un’essenza, ma costituisce un processo fondato sulla lotta di classe.

Le correnti positiviste dell’ottocento portarono ad una diffidenza totale e ad un disprezzo della metafisica delle età precedenti, ad una sopravalutazione dell’efficacia sociale e morale della scienza, e soprattutto all’idea di una particolare subordinazione dell’individuo alla società.

Il positivismo volle costatare che la “positività” della scienza era uno stato di fatto che si impone all’osservazione storica e questa constatazione si estese poi in un’analisi sociologica che interpreta la scienza come prodotto storico di una struttura mentale, la mentalità positivista, che succede per evoluzione a quella metafisico-teologica.

Il positivismo fu considerato utile, pratico, sociale a priori, come se questi valori pragmatistici s’imponessero dall’esterno come dati neutrali, come se non avessero necessità di un’elaborazione filosofica e non fossero soggetti al peso soggettivante dell’emotività e della psiche umana.

Da questa conoscenza nascono le attuali tendenze filosofiche ed esistenziali di ricerca di valori religiosi di tipo sincretistico o di metafisica esoterica, nell’abbandono dell’alternarsi caotico dei valori contingenti e per la linearità assoluta dell’infinito e dell’eterno.

Queste tendenze si manifestano inoltre nel campo politico e sociale in una nuova riflessività sul valore carismatico delle ideologie, non più considerate quali effettivamente capaci di risolvere totalmente le necessità economiche ed organizzative di una società.

Nel campo storico assistiamo ad una rivalutazione degli influssi delle correnti metafisiche sul piano contingente, in quanto queste sono in grado di agire direttamente sull’uomo e sulla sua psiche cosciente e profonda e quindi sul suo comportamento sociale.

È solo in questo quadro che è stato possibile ad alcuni storici di impostare e condurre a buon punto una nuova ricerca ed una nuova valutazione di quel movimento ermetico e magico che ebbe una sua stagione “rosicruciana” e che portò i suoi affluenti, dal Rinascimento in poi, nel grande alveo massonico.

Il neoplatonismo fiorentino come origine del pensiero ermetico-rosicruciano

Niente è nuovo nella storia del pensiero umano, ma da falde nascoste e sotterranee risgorgano spesso acque rinnovate e pure nell’eterno ciclo della rigenerazione dell’idealità spirituale.

Il pensiero ermetico ha origine nella lontana alba dell’uomo e se ne potrebbe rintracciare la stessa essenza, in forme diverse, in ogni tempo ed in ogni luogo, ma nell’ambito necessariamente ristretto di questa ricerca non si può indicare, quale fonte del pensiero rosicruciano in senso stretto, che l’interesse suscitato al Concilio di Firenze dal traduttore ed interprete di Platone, il greco Gemisto Pletone.

Il Concilio di Firenze, che riunì Oriente ed Occidente dopo l’infelice parentesi delle crociate, segnò, nel contempo, l’inizio del Rinascimento in senso filosofico. Indetto nel 1439 per la conciliazione della Chiesa di Costantinopoli e quella di Roma, ebbe inizialmente sede a Ferrara ma le manovre diplomatiche di Cosimo de Medici riuscirono a trasferirlo a Firenze.

Lo scopo era evidentemente quello di aprire ai banchi e ai commerci fiorentini i ricchi scali orientali, ma gli interessi civili, intellettuali e culturali di Cosimo erano tali che produssero altre più importanti conseguenze nella storia del pensiero umano. La corte dell’imperatore Paleologo Giovanni VII e del Patriarca Giuseppe, le cui spoglie sono conservate in S. Maria Novella, non era composta solo da cortigiani, monaci e sacerdoti, ma anche da dotti, filosofi e sapienti, eredi della tradizione greco-bizantina e ori entale.

Fra questi vi era Gemisto Pletone, che espose le sue conoscenze a Cosimo e all’ambiente culturale fiorentino, già pregno di un umanesimo d’origine e di lingua latina con forti riminiscenze e nostalgie grecistiche. I fiorentini s’innamorarono di una dottrina angelica, che portava grazia, bellezza e libertà di contro alla grigia patristica medioevale al peripatetismo imperante.

Cosimo affidò la traduzione delle opere platoniche ed ermetiche a Marsilio Ficino, eminente umanista e latinista, che si dedicò allo studio del greco sotto la guida del Platina. Vespasiano da Bisticci narra che Cosimo regalò al Ficino “una casa a Firenze e donogli uno podere a Careggi” e di tanta entrata ch’egli potesse vivere ed ancora due compagni e più.

Nella rustica serenità di Careggi, Marsilio tradusse gli inni orfici e quelli omerici, Proclo, Licio, le Argonautiche e la Teogonia d’Esiodo, alternando gli studi austeri ai più rilassati e piacevoli ragionari di filosofia, in compagnia dei più famosi umanisti dell’epoca, quali il Poliziano, il Landino, Pico della Mirandola ed altri.

Questo spontaneo radunarsi di filosofi fu l’inizio dell’Accademia Platonica che diffuse, presso tutta l’Europa colta, i concetti del nuovo neoplatonismo.

L’interpretazione neoplatonica del Ficino, tendente a liberare l’uomo nuovo rinascimentale da una dolorosa crisi fra il suo sentimento religioso e quello della ricerca di una maggiore dignità e libertà, fu espressa dalla sua Theologia Platonica di cui è necessario dare una sintesi per rilevarne i caratteri di proto-rosicrucianesimo ed i lati d’autentica rivoluzione spirituale.

Nella Theologia Platonica il concetto fondamentale consiste nella problematica fra finito ed infinito, risolta nell’affermazione che nell’anima razionale umana coesistono ambedue i termini.

L’uomo ha quindi la possibilità di vivere sia nel temporale sia nell’eterno. La terrestrità dell’uomo, lungi dal costituire una limitazione un’inferiorità, é proprio la dimostrazione della sua superiorità sulle gerarchie angeliche che vivono nella sola dimensione celeste: pur partecipando etericamente alla materia non hanno la possibilità di sperimentarla in sé. In questo quadro la religione non è più un atto di sottomissione passiva agli stadi superiori dell’essere, ma partecipazione attiva all’infinito della stessa materialità umana.

Non è più Dio che deifica l’uomo, ma è questo stesso che si deifica nella coscienza della sua dignità umana e divina insieme. Questa dignità é tale che lo stesso Dio “ non disdegnò di farsi sua creatura ” [1].

L’uomo è lo specchio ed il compendio dell’universo ed attraverso la conoscenza di sé è infinitamente gradiente verso l’infinito, nella sua volontà di sperimentare in sé ogni vita, di comprendere in sé l’umanità e la divinità.

Il progresso dell’anima razionale trova il suo termine di paragone nella libertà, e quando questa è assoluta anche l’uomo è assoluto e divino.

L’anima razionale, la cosiddetta “Terza essenza” è quindi la mediatrice fra macrocosmo e microcosmo ed agisce in tre gradi: le anime degli esseri individualizzati, le dodici anime degli elementi e delle sfere (personificazione dell’infinita scala delle entità spirituali) e l’Anima Mundi, ombra della luce divina che ogni anima in sé contiene.

Le anime, essendo diverse per grado e non per qualità, hanno la possibilità di comunicare fra di loro e di compenetrarsi a vicenda su tutti i piani. Solo l’uomo però, fra tutte le intelligenze sottoposte a Dio, partecipa di tutti i gradi materiali e spirituali della creazione ed attraverso la conoscenza, la compartecipazione e l’identificazione con tutti i gradi dell’anima universale ha la possibilità di un infinito pro gresso verso l’infinito divino.

Questi concetti, pur nel rispetto formale della religione cattolica tendevano a riportare l’uomo allo stadio classico della paganità astratta e sofisticata di Proclo, Giamblico, di Porfirio e di Giuliano Imperatore, in cui la libertà e la dignità dell’uomo non conoscevano né il peccato originale né la sottomissione dell’uomo di fronte alla natura e a Dio.

Il Ficino (e poi Pico della Mirandola) in seguito alla traduzione del Corpus Hermeticum [2] ed altre opere, credettero di aver trovato dei mezzi operativi atti alla reintegrazion e dell’uomo, espressa in forma teorica nella Theologia Platonica attraverso pratiche magiche che non si possano in alcun modo considerare come una ripresa della stregoneria medioevale, in quanto ne ribaltano completamente i presupposti.

Nella stregoneria, come nel cattolicesimo ortodosso, la richiesta di un intervento superiore sovrannaturale è collegata alla supplica ad un principio, diabolico o divino che sia.

Nel concetto magico legato alla “renovatio” rinascimentale l’universo é antropocentrico, in quanto l’uomo ermetico, il mago, é ritenuto capace di operare sulla natura con la sua volontà ed attraverso la sua possibilità di contatto con le potenze angeliche.

La sottomissione dell’uomo alla natura, entità che nel medioevo era intesa ambiguamente come ipostasi del divino nella materia e nel contempo quale dominio del diabolico, produceva il ristagno delle insofferenze sociali e l’accettazione del principio del potere come espressione della volontà divina, e quindi intangibile.

Le osservazioni scientifiche considerate ortodosse erano quelle racchiuse nell’ambito soffocante della teologia, mentre l’osservazione empirica era guardata con sospetto e sovente paragonata alla stregoneria. L’uomo nuovo del Rinascimento, pur non potendo prescindere dalla religiosità cattolica, ne sfuggiva i soffocanti lacci cercando di inglobarla apparentemente nella nuova dottrina.

L’esponente più prestigioso di questa tendenza fu Pico della Mirandola che, non potendo dimostrarla in Porfirio e Giamblico, si dedicò allo studio e alla diffusione della Cabala, che pur affine ed in gran parte identica all’ermetismo, era purtuttavia più di questo inserita nel solco della tradizione biblica giudaica e cristiana, rappresentando così un migliore anello di congiunzione fra religione e magia.

Queste dottrine, atte a raggiungere alte vette d’introspezione ed illuminazione, fecero credere che l’umanità potesse assurgere ad una maggiore conoscenza e a realizzare i poteri che Ermete Trismegisto attribuisce potenzialmente all’uomo.

Un’apparente contraddizione di queste dottrine, perlomeno da un punto di vista esclusivamente moderno, consiste nel fatto che da una parte si afferma che l’uomo è il centro del proprio universo e quindi occupato esclusivamente della propria realizzazione e del suo “particulare”, dall’altro si attribuisce a quest’uomo la possibilità e la necessità di trasformare la natura e la società in cui vive secondo criteri di superiore perfezione.

Il fatto è che quest’intervento nel contingente non ha però dei caratteri sociali, almeno nel senso in cui oggi ciò è comunemente inteso. Le città immaginarie e le società utopiche di Tommaso Moro, Giordano Bruno, Campanella, Adriano Boccalini ed altri precursori ed ispiratori del fenomeno rosicruciano sono derivate in massima parte dalla Repubblica di Platone.

Questa “Repubblica” non è certamente una democrazia in cui i poteri provengono selettivamente dal basso verso l’alto, ma una società oligarchica e sapienziale dotata di ferree leggi.

L’ordinamento civile, il buon governo e la giustizia che vi regnano, non derivano dall’accompimento di diritti e doveri uguali per ogni cittadino, ma dall’adeguamento dei reggitori all’ordine divino ed angelico del cosmo, ove tutto è pace, giustizia ed amore.

Il sapiente riporta quindi ordine nel caos, costringe con la sua volontà la natura e la società ad adeguarsi alla legge divina ed è tramite fra gli angeli e gli uomini, comunicando direttamente con i piani superiori.

La felicità del comune abitatore dell’utopia non deriva quindi da una realizzazione giuridica del sociale, ma dal ristabilirsi della naturalità del diritto divino, che, come il sole, non nega ad alcun fiore o frutto il potere vivificante dei suoi raggi.

Un’altra apparente contraddizione consiste nella volontà di rinnovamento del vecchio mondo da parte dell’ermetismo rinascimentale, senza che a ciò sia collegato alcun concetto di progresso e d’evoluzione materiale nel futuro.

Il Rinascimento vide il fiorire della sua stagione non come una visione volta al futuro, ma come un ritorno ad un passato che amava ed ammirava come una mitica perfezione. L’entusiasmante svilupparsi della matematica, della meccanica, dell’architettura, riscoperte nella traduzione dei testi classici rappresentava il riavvicinarsi dell’età dell’oro, il ritornare sui propri passi per ritrovare una dignità eroica ed una gioia di vivere e di sapere persi da secoli d’umiltà e rinuncia cristiana.

Questo rifarsi quindi delle dottrine ermetico-cabalistiche, nella loro eversione della società della loro epoca, ad una rigenerazione e reintegrazione delle qualità umane e divine perse dopo un’età felice, e non ad un processo evolutivo è estremamente importante per comprendere i successivi sviluppi storici del rosicrucianesimo.

Fra le varie teorie sulle origini del movimento rosicruciano dobbiamo ricordare inoltre quelle di:

Frances Yates, la più nota storica dei Rosacroce e dei loro rapporti con la Massoneria accenna, nella premessa all’edizione italiana dell’Illuminismo dei Rosacroce, ad una possibile referenza al movimento cabalististico determinatosi dopo l’espulsione degli ebrei dalla Spagna nel 1492. Questa teoria è stata espressa dopo la traduzione inglese del fondamentale studio di Gershom Scholem su Sabbatai Zevi, the Mystical Messiah (1973), in cui si afferma che Christian Rosekreutz, espulso dalla Spagna, sviluppò un nuovo genere di Kabbalah in Oriente. Vi è forse un’allusione allo sviluppo della Kabbalah lurina in Palestina.

Èmile Dantinne (Sar Hieronimus), Massone belga, pubblicò sulla Rivista “Inconnus” (1951) un notevole studio sulle origini islamiche della Rosa+Croce.

Riteniamo opportuno riportare questo testo, nella sua prima traduzione italiana, e tuttora inedito per l’Italia, per la sua rarità ed originalità (vedi Allegato n°1).

Comunque le idee neoplatoniche, arricchite dai concetti e dalle esperienze ermetiche e cabalistiche, formarono le radici storiche e filosofiche del movimento rosicruciano che, in questa necessariamente rapida successione storica, è già alle soglie del suo presentarsi sul piano del contingente con i suoi famosissimi manifesti.

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1. Dante Alighieri La Divina Commedia, Paradiso, Preghiera alla Vergine di S. Bernardo. ^

2. 1471 – Corpus Hermeticum . Traduzione in latino ad opera di Marsilio Ficino di questo testo in greco attribuito al filosofo Hermete Trismegisto. Ficino ipotizza l’esistenza di una unica fonte di verità per tutte le religioni e le culture che il testo trasmetterebbe (Tradizione). ^
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La crisi europea del XVII secolo ed i primi attori dello scenario rosicruciano

Prima di affrontare direttamente quello che è lo scopo fondamentale di questa tesi, cioè la ricostruzione dei drammatici sviluppi d’una tentata e fallita azione sul piano degli avvenimenti politico-sociali del rosicrucianesimo, e il successivo inserimento nell’alveo massonico di questo importante affluente, é necessario esaminare la situazione europea del XVII secolo nel suo quadro storico.

Il XVII secolo sotto l’aspetto politico ed economico fu un’epoca di gravissima crisi ed involuzione. L’Europa fu sconvolta da epidemie di peste e di colera che decimarono la popolazione con il concorso di lunghe carestie prodotte da cattivi raccolti e continui conflitti. La popolazione, costantemente accresciuta durante il XVI secolo non riusciva più a nutrirsi convenientemente e l’altissima mortalità infantile, la scarsa alimentazione e la diffusione delle malattie portarono l’età media a 25 anni.

Il 90% della popolazione europea era dedita al lavoro dei campi, estenuata dalle pesanti gabelle, dalle tasse e dalle decime ecclesiastiche. Il flusso d’oro proveniente dalle Americhe si era esaurito e le attività commerciali e industriali languivano, producendo una riconversione dei capitali della borghesia in campo agricolo. Questo portò ad un’ulteriore aggravarsi delle condizioni economiche dei contadini, in quanto il passaggio delle terre dalla proprietà feudale a quella borghese, la cui concezione del profitto era totale e prioritaria, tolse ai coloni anche gli ultimi diritti tradizionali ed essenziali alla loro sopravvivenza, quali il libero pascolo in terreni comunitari e la libera raccolta dei prodotti del sottobosco. La popolazione europea, dopo la guerra dei Trent’anni, diminuì del 60%.

La fame produceva agitazioni e rivolte nelle campagne, mentre le popolazioni cittadine, ridotte all’indigenza dal decadere delle attività industriali e artigiane, chiedevano l’elemosina o si riducevano in servitù per il solo vitto.

L’aristocrazia difendeva tenacemente i propri antichi diritti dall’irresistibile ascesa della borghesia, che si sostituiva sempre di più alle classi tradizionali nella gestione del potere economico e politico.

L’evoluzione scientifica inaugurava un nuovo metodo di ricerca, basato sulla formulazione d’ipotesi da verificare e modificare mediante la sperimentazione, producendo profonde ripercussioni in campo filosofico. I cosiddetti “libertini”, traendo spunto dalla critica umanistica alle verità rivelate o comunemente accettate divulgavano l’incredulità e lo scetticismo.

Al dubbio scettico si opponeva il razionalismo illuminato di Cartesio, l’empirismo prudente di Loke ed il panteismo cabalistico e rosicruciano di Spinoza. Pur nell’opposizione delle opinioni, si diffondeva sempre più il concetto che l’intolleranza ed il fanatismo religioso non derivavano unicamente da considerazioni d’ordine dottrinale, ma che l’uniformità religiosa era imposta come garanzia di sottomessi costumi e lealtà politica nei confronti del potere costituito.

Chistian von Anhalt

La reazione all’oppressione politica e al fanatismo si espresse in forme diverse nei vari paesi d’Europa, che diedero ognuno il proprio contributo di pensiero e d’azione. Gli uomini e i gruppi che per primi tentarono di portare nella realtà contingente della loro epoca, forse uno dei più terribili nella storia dell’umanità, furono nella loro maggioranza collegati a quel movimento ermetico che si presentò agli occhi del mondo sotto l’etichetta rosicruciana.

Il liberalismo italiano, che diede un contributo non indifferente a quegli avvenimenti e che influenzò la Stesura dei primi manifesti rosicruciani, ebbe inizio dalla delusione per i risultati del Concilio Tridentino, che avrebbe dovuto portare a misure di tollerante liberalità nei confronti dei Riformati e ad una maggiore moralizzazione della vita ecclesiastica. Frà Paolo Sarpi, ecclesiastico veneziano ed uno dei maggiori esponenti del liberalismo italiano, pubblicò in Inghilterra la sua Istoria del Concilio Tridentino [3] in cui dimostrò che i protestanti non erano stati invitati, che il parere dei cattolici più moderati non era stato preso in considerazione, e che l’assolutismo teologico del cattolicesimo contrastava con l’insegnamento evangelico. Francis Yates afferma [4] che probabilmente Paolo Sarpi era a conoscenza del movimento rosicruciano che si sviluppò nel Palatinato, attraverso i suoi contatti con Christian von Anhalt (1595-1620) [5] e Christoph von Dohna (1583 – 1637) [6].

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3. Vivanti C. (a cura di) Istoria del Concilio Tridentino, Einaudi, Torino, 1974. ^

4. Cfr. Rivista Storica Italiana, LXXXII, 1975, Fasc. 3. ^

5. Intellettuale liberale, che organizzò il movimento che si propose di insediare l’elettore Palatino Federico quale re del regno “rosicrucisano” di Boemia. ^

6. Cristoph von Dohna fu consigliere del principe elettore Federico V del Palatinato, il cosiddetto “re d’inverno”. Dopo lo sviluppo disastroso della politica di Federico, Cristoph di Dohna ha evacuato la famiglia reale a Küstrin, ora Kostrzyn, dopo a Spandau, oggi Berlino. Tradusse opere scientifiche e scrisse molte poesie in lingua tedesca, italiana e latina. ^
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I Rosacroce ed i loro Manifesti

I Manifesti rosicruciani sono allegorie che hanno lo scopo di diffondere una cultura già preilluministica, nata dall’incontro dell’antica metafisica con la nuova filosofia scientifica, che si basò sulle profonde illuminazioni e conoscenze rosacrociane, che non potevano che scontrarsi con la teologia e la volontà di controllo sociale della Chiesa Romana.

Fama Fraternitas: Primo Manifesto; (stampato in lingua tedesca a Kassel da Wilhelm Wessel, 1614).

Storia del mitico fondatore dei Rosacroce Christian Rosenkreutz, che progetta una riforma universale e generale dell’intero universo. Nella Fama, inviata a tutti gli uomini dotti e ai sovrani d’Europa, è inserita una risposta inviata dal signor Haselmeyher, che per questo motivo fu inquisito e incarcerato dai Gesuiti. La Fama riporta anche un estratto di Traiano Boccalini, il capitolo dei Ragguagli di Parnaso, altro intellettuale liberale italiano anticontroriformista, che riguarda la Generale Riforma dell’Universo dei sette savi della Grecia ed altri letterati pubblicata per ordine di Apollo (centuria prima, ragguaglio LXXVII).

Confessio Fraternitas: Secondo Manifesto; (stampato in latino a Kassel da Wilhelm Wessel, 1615) che dichiara apertamente la sua posizione anticattolica ed antiasburgica, [7] l’oppressione Papato e l’opera nefasta dei Gesuiti. Breve riflessione sulla filosofia più segreta, redatta da Filippo da Gabella, studioso di filovia, con la Confessio della Confraternita R+C. La Confessio deriva in buona parte dalla Monas hieroglifica di John Dee, di cui riporta letteralmente i primi tredici teoremi.

La Monade Geroglifica di John Dee

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7. “Come ora possiamo, del tutto liberi e sicuri, proclamare il papa di Roma Anticristo…(omissis) così noi sappiamo con certezza che verrà il tempo in cui pubblicheremo e paleseremo impunemente…” ^
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Le Nozze Alchemiche di Christian Rosenkreutz

Il protagonista di questo singolarissimo libro, Christian Rosenkreutz, si presenta come un cavaliere invitato da una coppia di sposi nel loro castello, che chiaramente allude alla corte di Federico V ed Elisabetta d’Inghilterra nel Palatinato. Il racconto si svolge in sette giorni, nei quali il cavaliere vive numerose esperienze iniziatiche, che lo condurranno verso la conoscenza dei processi alchemici. Fra l’altro, riceve dai regali sposi tre insegne cavalleresche: il Toson d’oro, il Leone volante e la Pietra d’oro, che raffigura la Pietra Filosofale e la trasmutazione alchemica, ma nel contempo l’alleanza tra il Leone Palatino e l’Inghilterra. Egli, infatti, si presenta agli sposi come Cavaliere della Croce Rossa (chiarissima allusione alla rossa croce di San Giorgio d’Inghilterra e all’Ordine della Giarrettiera).

La metapolitica Rosicruciana

La più importante storica sulle origini del movimento rosicruciani ha messo in evidenza l’influsso dei liberali italiani afferma [8] che:

“Vi era in Italia – o, per essere più esatti, a Venezia – una situazione che aveva gran valore per coloro che, in Germania, speravano di aver trovato un nuovo capo in Federico V, elettore Palatino, con il presunto sostegno di Giacomo I: si trattava della corrente di sentimenti antipapali ancora esistente in Venezia in seguito al movimento di resistenza alle pretese di Roma, guidato da Paolo Sarpi, formatosi all’inizio del secolo, al quale Giacomo I e l’ambasciatore inglese a Venezia, Sir Henry Worton, erano stati vivamente interessati”.

Il notissimo Giordano Bruno, con il suo soggiorno in Inghilterra, aveva propagandato le nuove teorie di liberazione, sia dal dispotismo papale che dalla unicità della metafisica cristiana.

La cerchia di Traiano Boccalini, Paolo Sarpi, Tommaso Campanella aveva contatti in tutta Europa. Due discepoli di Campanella erano i tedeschi Tobias Adami e Wilhelm Wense, che erano amici intimi di Andrea Valentino, e portarono in Germania la Città del Sole, che fu pubblicata in traduzione latina a Francoforte nel 1623. I Manifesti rosicruciani, genuina espressione di una sorta di “congiura” europea di illuminati, scienziati e mistici spesso, ma non sempre in contatto fra loro.

Molti si appellarono, come Cartesio, al mitico movimento rosicruciani con la speranza di entrare a frane parte. Ma l’invisibile Confraternita non rispose mai, essendo per lo più un movimento spontaneo ed ideale che non necessitava, o così a quel tempo credette, di un’organizzazione comunitaria.

I Manifesti rappresentarono un fattore eversivo nella società del loro tempo. Invocavano una riforma generale, in quanto la Riforma religiosa aveva fallito e la Controriforma cattolica aveva preso una direzione sbagliata e contraria ai desideri di libertà e liberazione di un’elite che rimaneva, comunque, nella religiosità cristiana. La forza invocata dai rosicruciani era, infatti, la nostalgia di ritorno ad un mitico cristianesimo evangelico, in realtà mai esistito, che avrebbe dovuto far cessare i contrasti fra le varie sette cristiane. Inoltre l’auspicio che un monarca illuminato potesse, come ai tempi delle lotte fra papato ed impero, contrastare l’oppressione papista e mediare fra popolo e religione. Era la cosiddetta “Quarta Monarchia” su cui erano allora concordi anche i movimenti ermetici, alchemici, filosofici, che erano l’avanguardia colta dei liberali e dei riformatori, fra i quali non si può non ricordare Rodolfo II (1552-1612) [9], Paracelo (1493-1541) [10], Heinrich Khunrat (1560-1605) [11], Rabbi Loew (1525-1609) [12], Michael Mayer (1569-1622) [13], Robert Fludd (1574-1637) [14].

L’eterna utopia della tolleranza e dell’amore fraterno trovò definizione storica nel XVII secolo nel movimento Rosicruciano, sia secondo la tradizione ermetico-cabbalistica sia nella nuova forma di dedizione alla ricerca di conoscenza della natura e dell’universo, indifferentemente ricercata attraverso la scienza o la magia.

Questa particolare metapolitica ebbe il momento di speranza realizzativa nelle nozze regali (1613) di Federico V del Palatinato e di Elisabetta, figlia di Giacomo I d’Inghilterra). Un regno che si voleva vedere come l’inserimento nel centro dell’Europa, a contatto stretto con la cattolicissima monarchia asburgica, di una riforma troppo eversiva per la tiara e le corone. Alla morte di Rodolfo II, una parte della corte della sua Praga magica, si rifugia a Heidelberg, nel Palatinato, considerato luogo sicuro dalle mene asburgiche e la tirannia papista. Un’altra parte raggiunge quella di Christian d’Analth, un principe il cui medico fu Oswald Croll, il maggior discepolo di Paracelso. Michael Mayer si spinge alla corte del Margravio Maurice di Hesse-Cassel, che favorì la diffusione del pensiero rosacruciano, permettendo al suo tipografo, Wessel, la stampa dei manifesti rosicruciani [15]. A Praga il successore di Rodolfo II, Mattias II, si ribella all’esclusione dei riformati. Il 23 maggio 1618 i riformati gettano dalla finestra tre rappresentanti dell’Imperatore. È la famosa “defenestrazione di Praga”, che iniziò la guerra dei trent’anni (1618-1648). Mathias II muore l’anno seguente (1619) e l’elezione di suo nipote Ferdinando di Stiria, allievo dei Gesuiti, gli succede. La tolleranza religiosa instaurata da Rodolfo viene infranta ed il popolo boemo rifiuta Ferdinando ed elegge Federico V, capo dell’Unione protestante, al regno di Boemia. Secondo Francis Yates, il Palazzo Reale di Federico fu il centro intellettuale e politico del rosicrucianesimo nascente, distrutto poi dall’ignoranza, dal fanatismo e dalla superstizione.

La battaglia della Montagna Bianca, in cui l’elettore Palatino fu sconfitto e il sogno rosicruciano finisce, apre un’altra stagione nella cronologia della metastoria. Dopo la sconfitta, gli Asburgo faranno pubblicare dei disegni satirici in cui accomunano Federico al Rosicrucianesimo. Le intenzioni del Concilio di Trento, in cui si condannava sia la Riforma che l’Ermetismo sembrano definitivamente attuate. La tiara e la corona, che i Rosacroce avrebbero voluto attori della rinnovazione del mondo, del ritorno alla mitica età dell’oro, da allora in poi divennero i nemici da colpire in una guerra generazionale ancora in atto. Francis Yates [16] afferma che:

Negli anni successivi al 1620 le forze congiunte della potenza asburgica e della Controriforma cattolica giunsero quasi ad una vittoria assoluta. Pareva che la Controriforma stesse per essere annientata in Europa e che vi fosse poco posto al mondo per un Leone fallito, per l’ex re di Boemia, che, perdute tutte le sue terre e privato dell’elettorato, viveva all’Aja, nella miserabile condizione, propria del rifugiato…(omissis)… Per molti inglesi rappresentava il disonore e la vergogna: la vergogna per l’abbandono da parte degli Stuart, successori della regina Elisabetta, della sua funzione protettrice dell’Europa protestante”.

Da allora in poi le componenti ermetico-magiche del rosicrucianesimo cercarono altre metodiche che quelle dell’appoggio dei potenti per la loro Riforma Generale. Dopo le attese millenaristiche dell’euforia rosicruciana non cessarono le speranze della vicinanza di un’era nella storia del mondo. René Decartes (1596-1650) parte alla ricerca dei Rosacroce e durante la sua permanenza in Francia apparvero i manifesti che annunciano il soggiorno dei Rosacroce in Francia. Francesco Bacone in Inghilterra scrive la Nuova Atlantide per riproporre il mito della società perfetta, ma nel contempo propugna la trasformazione delle condizioni materiali di vita per mezzo della scienza.

Da Galileo a Boyle, la lotta contro la superstizione, l’oppressione e l’oscurantismo prende un indirizzo più radicale. L’ermetismo rinascimentale, che fu comunque un grandioso strumento di evoluzione intellettuale, civile, sociale e spirituale, era ancora legato a quella imprescindibile religiosità cristiana che il genio di Bruno seppe interrompere. Ma l’ermetismo fu la radice nascosta ed a volte negata dell’Illuminismo ed anche della nascente scienza.

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8. L’illuminismo ecc. (op.cit) Einaudi, Torino,1976, Cap.X° pg.156. ^

9. Imperatore del Sacro Romano Impero (1576-1612). Primogenito di Massimiliano II, educato alla corte di Filippo II di Spagna, eletto re d’Ungheria (1572) e di Boemia (1575) e assunta la carica imperiale, cercò di imporre una restaurazione cattolica, provocando la reazione dei principi riformati che si organizzarono nell’Unione evangelica. Rodolfo II concesse ai boemi, in prevalenza calvinisti, la libertà di culto con la Littera maiestatis (1609) e, trasferita la capitale imperiale da Vienna a Praga, riunì nel suo castello di Hrádcany persone di scienza e di cultura ermetica (John Dee,Keplero, Tycho Brahe) e artisti (Arcimboldo), rifiutando ogni contatto col mondo esterno. ^

10. Paracelso nasce nel 1493 a Einsiedeln, nel cantone svizzero di Schwyz. In realtà, il suo vero nome è Philipp Theophrast Bombast von Hohenheim; tuttavia, egli stesso lo muta in Philippus Aureolus Paracelsus Theophrastus Bombastus: l’appellativo “Paracelsus” costituisce un probabile riferimento al grande medico romano Aulo Cornelio Celso, vissuto nel I secolo, considerato uno dei padri della medicina antica, e noto anche per la sua notevole cultura in ogni ambito del sapere. La scelta di tale appellativo da parte dello scienziato svizzero sembra indicare la sua volontà di incarnare completamente la figura del “medico perfetto”, esperto in ogni ramo dello scibile in quanto iniziato al segreto ultimo dell’intera realtà. ^

11. Il mistico ed alchimista tedesco Heinrich Khunrath nacque a Lipsia nel 1560 ca. Fratello (probabilmente) del medico Conrad Khunrath (m. ca. 1614), anch’egli seguace di Paracelso, Heinrich studiò per diventare medico, dapprima all’università di Lipsia, poi a quella di Basilea, dove si laureò nel 1588.
In seguito egli esercitò la professione medica ad Amburgo (nel 1598) e a Dresda, dove morì il 9 settembre 1605.
La più famosa opera di K. fu l’Amphitheatrum sapientiae aeternae, un testo alchemico misto a magia naturale cristiana, scritto nel 1595, ma pubblicato postumo nel 1609 e condannato dall’università parigina della Sorbona nel 1625.
K., che si riteneva un adepto dell’alchimia spirituale, come Paracelso, era convinto che la strada alla conoscenza passasse attraverso una lunga e complessa iniziazione, mediata dall’aiuto divino e dalla riscoperta della pietra filosofale. ^

12. Il Maharal, l’illustre Rabbi Jehuida Löw, consigliere di Rodolfo II e creatore del leggendario Golem, l’automa di argilla, che per un errore del suo padrone si tramuta da umile servo in cieca violenza distruttrice. ^

13. Medico, alchimista, scrittore di materie tardo-umanistiche e difensore del movimento rosicruciano. ^

14. Medico, scienziato e filosofo, la sua opera maggiore fu Utriusque Cosmi (1617–21). Influenzato da Giordano Bruno e John Dee, influì a sua volta su Isaac Newton, di cui è nota la straordinaria passione e conoscenza ermetica. ^

15. È da notare che le casate dei principi tedeschi che favorirono l’illuminismo rosicruciani furono nel secolo successivo quelle che protessero la nascente massoneria. ^

16. L’illuminismo ecc. (op.cit) Cap.XIII pg.202 ^