Le influenze ermetiche e cabbalistiche sulla ritualità massonica

MassoneriaMolte delle radici delle componenti etico-morali dell’Ordine si trovano nei più antichi testi corporativi che ci sono stati tramandati, ma in essi non vi è traccia della complessa simbologia settecentesca, escluso naturalmente quella degli attrezzi da lavoro, che erano segnacoli specifici di tutte le componenti societarie corporative, anche se il compasso, ad esempio, era un simbolo comune a molte di esse, anche fra quelle che non lo usavano come strumento di lavoro. Da Gutemberg in poi il compasso figurava fra gli emblemi delle nuovissime corporazioni tipografiche, che usavano ben altri arnesi.

Le influenze ermetiche e cabbalistiche sulla ritualità massonica

di Vittorio Vanni

Molti autori fondamentali per la comprensione della ritualità massonica, come il Wirth, il Guenon, il Mosca ecc. hanno spesso messo in evidenza l’influenza della simbologia ermetica, sia nella rappresentazione grafica del tempio che nella cerimonialità che in esso si svolge.

Molte delle radici delle componenti etico-morali dell’Ordine si trovano nei più antichi testi corporativi che ci sono stati tramandati, ma in essi non vi è traccia della complessa simbologia settecentesca, escluso naturalmente quella degli attrezzi da lavoro, che erano segnacoli specifici di tutte le componenti societarie corporative, anche se il compasso, ad esempio, era un simbolo comune a molte di esse, anche fra quelle che non lo usavano come strumento di lavoro. Da Gutemberg in poi il compasso figurava fra gli emblemi delle nuovissime corporazioni tipografiche, che usavano ben altri arnesi.

Se la ritualità massonica si fosse formata gradualmente attraverso un secolo, ad esempio, potremmo pensare a una stratificazione metaforica indotta lentamente dai cosiddetti speculativi.

Ma i rituali massonici come noi li conosciamo, sconosciuti nella degenerazione moderna del 1717 si presentano nella forma simile a quella attuale già nel 1723, quando il Pritchard pubblicò la sua Masonry dissected, la prima divulgazione a stampa dei misteri dell’Ordine. Nel 1730 il grado di Maestro, i cui caratteri attuali erano sconosciuti nella Massoneria corporativa, era già completo ed è necessario osservare ancora che la Gran Loggia Unita d’Inghilterra non li formò, ma piuttosto li subì con estrema riluttanza.

Vi sono due metodi per approfondire lo studio della ritualità massonica. Quello simbolico, in quanto, secondo il principio semper et ubique della simbologia universale, le continue e ininterrotte metafore e anagogie del simbolo hanno una verificabile filologia storica.

Quello storico, in quanto isolando un dato periodo in un particolare sito geografico, possiamo trovare in essi i personaggi e le idee che formarono un contesto esoterico specifico.

Se si esplora il XVII secolo in Inghilterra, in cui emersero, attraverso la Massoneria, i filoni fino allora criptici della filosofia metafisica, possiamo intravedere delle tracce illuminanti dell’apparente improvvisazione del mondo rituale massonico.

Nonostante la Magna Charta e la relativa tolleranza religiosa e politica che si attribuisce impropriamente all’Inghilterra, i due secoli in questione non furono né pacifici né benevolenti.

Il XVII secolo vide la decapitazione di Carlo e la dittatura di Cromwell, la lotta fra cattolici e protestanti, la persecuzione degli uni e degli altri verso i puritani e i riformatori religiosi.

Inoltre il pensiero aristotelico, che era la base della teologia cristiana, era sospettoso e arcigno verso quello pitagorico e neoplatonico, riemerso nei due secoli precedenti.

Per quanto nel mondo anglosassone fossero più rare le persecuzioni consuete nei paesi latini, la possibilità di vita e di carriera degli eterodossi era legata al conformismo dei paradigmi sociali, teologici e politici dell’epoca.

Gli studi ermetici a Londra, fra XVII e XVIII secolo erano possibili solo in cerchie riservate, che usavano canali internazionali di cui oggi abbiamo notizie storiche confermate.

Per quanto città come Parigi, Ginevra, Zurigo, Amsterdam, Firenze fossero i maggiori centri di diffusione ermetica, Londra non era certo marginale in questo campo.

È auspicabile che la ricerca sull’origine della ritualità massonica esamini nel tempo questi canali di diffusione ermetica. Non si è trovato purtroppo chi sappia aggiornare le ricerche iniziate dalla grandiosa Amelia Francis Yates sulle influenze della Royal Society sulla nascita della Massoneria, e sulle ricerche segrete di Isaac Newton sull’alchimia.

Isaac praticò l’ermetismo per più di trent’anni e fu questo che ispirò il suo rinnovamento scientifico, che precorse le più futuribili teorie di un principio fisico unico universale.

Nonostante che la moderna storiografia abbia affrontato già da decenni le influenze della metafisica sui processi storici, un tale tipo di affermazione nel nostro ambito suscita ancora notevoli perplessità e a volte ricusazioni. Ciò deriva dall’impostazione eccessivamente pragmatistica che la massoneria italiana ha avuto dal secondo dopoguerra in poi, e dalle residue e obsolete impostazioni materialistico-positiviste che appartengono al passato ottocentesco della Massoneria.

Se a ciò si aggiunge il mancato aggiornamento culturale di molti fratelli, è con estrema fatica che i nuovi paradigmi culturali della nostra generazione si possono testimoniare e affermare.

Esistono ancora numerosi pregiudizi sull’alchimia, vista esclusivamente come una sorta di protochimica. L’alchimia è un termine che ingloba almeno tre forme di conoscenza e di applicazioni di questa. La teoria fondamentale è quella ermetica, che afferma la possibilità dell’uomo di superare i comuni limiti intellettuali, animici e spirituali, attraverso la pratica tradizionale della trasmutazione interiore.

L’alchimia applica i procedimenti di tale trasmutazione interiore alla materia, e la spagiria alla preparazione di medicinali di sintesi. Sono questi due ultimi procedimenti che hanno prodotto la sperimentazione chimica e iatrochimica, che rappresenta comunque delle applicazioni inferiori dell’arte ermetica. In questo senso anche la simbologia massonica porta, o dovrebbe portare, alla trasmutazione interiore, con delle affinità analogiche che la rendono simile o identica a quella dell’ermetismo.

La nostra società occidentale è, dal punto di vista delle applicazioni materiali, un prodotto della scienza.

Se, nei nostri tempi ristretti vogliamo mangiare, il forno a microonde ci permette di cuocere il nostro cibo rapidamente.

Se vogliamo rilassarci dopo i ritmi stressanti del nostro quotidiano, abbiamo i riproduttori di musica e i video registratori. Ogni attimo dell’infernale giornata che la modernità ci infligge è aiutato, per così dire, da una protesi scientifica della nostra volontà sacrosanta di vivere agiatamente, comodamente, e possibilmente in pace. Ma possiamo inserire un neonato in una macchina e formarne in breve una fisiologia adulta?

Possiamo infornare un uomo in un’altra macchina e donargli immediatamente una cultura accurata e aggiornata, un equilibrio psicologico, una maturità esperenziale, una spiritualità sia umanistica che metafisica, cioè trasformare una monade umana in un Massone?

Quest’utopia, bellissima come tutte le utopie, da cui attingiamo forza e vigore non è semplicemente raggiungibile attraverso il piegar di ginocchi di fronte ad un altare, dando segni o pronunciando parole con sussiego. La Parola e il Segno sono le manifestazioni esterne di un processo interiore, perché l’umanità necessita di segni visibili.

Ma la Massoneria non è un forno a microonde che sforna iniziati già cotti a puntino, ed il metodo massonico né un lungo processo di autotrasformazione.

Inoltre, una massima ermetica afferma che per fare l’oro ci vuole l’oro. L’uguaglianza degli uomini è assoluta nei diritti, nella dignità, nei bisogni, negli affetti, nell’emotività e nella fragilità che devono essere rispettate e amate in ogni uomo.

Ma non vi è uguaglianza nell’intelletto, nella volontà, nella capacità, nel talento, nel genio, nel destino.

Noi non sappiamo cosa abbiamo nel sacco che la roulette cosmica ci ha imposto sul dorso fino a quando la volontà e il destino non ci mettono alla prova.

L’ermetismo e la Massoneria hanno in comune questo metodo: provare l’uomo con il fuoco, come sul fuoco si saggia l’oro.

Se noi limitiamo questo processo all’osservanza, pur indispensabile, della liturgia, saremo dei Massoni, non degli iniziati.

La ritualità è una stampella cui dobbiamo necessariamente appoggiarci finché non guariremo dal nostro eccessivo claudicare, e il lavoro, l’impegno, la devozione nella pratica dell’Arte non è dissimile dal processo alchimico.

Qualcuno ha definito la Massoneria:

“un sistema morale velato in allegorie e illustrato da simboli”.

I simboli e le allegorie sono usati tradizionalmente in ambiti iniziatici per comunicare una conoscenza eterna senza i supporti effimeri della cultura generazionale.

Tutti i sistemi iniziatici che si sono succeduti nei secoli hanno usato gli stessi simbolismi, e ciò che si è perso in un contesto è rintracciabile comunque in un altro.

Nella Massoneria si rintracciano brani incompleti di una conoscenza totale dell’uomo, di una metodica micro-macrocosmica che indica il come, il quando e il perché.

Esaminare la ritualità massonica è un processo simile a quello dell’archeologo che con infinita pazienza di comparazione e ricostruzione fa rivivere mondi scomparsi attraverso la conoscenza.

Ma se questa volontà fosse solo storicistica e ritualistica, coloro che la perseguono sarebbero solo dei “soffiatori”, quei paleochimici che gli ermetisti deridevano.

Collazionare il simbolismo ermetico con quello massonico non può quindi essere opera da eruditi, ma da iniziati che cercano il fine ultimo della propria infinita iniziazione.

Ma è poi così necessaria l’iniziazione? La risposta giace in Genesi 1,27:

Così Dio creò Uomo in immagine sua propria, nell’immagine di Dio lui lo creò; maschio e femmina lui li creò”.

Che cosa è questa immagine? La parola israelitica usata in questo verso è lj-tselem; questa parola è usata anche per quegli “idoli” che gli ebrei non avrebbero dovuto adorare.

Ermeticamente, questa è l’essenza del Divino come fiato o spirito inalato nelle narici dell’uomo, come in Gen. 2,7. Le parole usate per alito della vita sono chiim tm n-neshameth… La prima parola neshamah intende alito in questo senso, ma è considerato anche, nella cabbalà, la parte più alta dell’anima tripartita.

La radice della parola è shem . Qui noi troviamo l’essenza dell’immagine e l’alito, shem può essere tradotto anche come “nome”. Ma cos’è poi è un nome? direbbe Shakespeare. Il nome è l’essenza della persona o dell’ente.

Ma lo Shem è molto più di un semplice nome. È l’essenza del quid che fu ispirato nella narice dell’uomo e nel frattempo l’immagine nella quale lui fu creato. Lo spirito è una scintilla, una parte dell’essenza Divina.

L’alchimia non opera nella materia, ma prima sull’anima transeunte dell’uomo, poi sul suo spirito eterno, scintilla divina.

L’insistenza del rituale massonico sulla Parola Perduta e mai più ritrovata, se non con una sostituzione inferiore, è la ricerca dello Schem , del volatile Mercurio, della Pietra Filosofale.

Ma la parola pronunziata nel rito è solo un’inutile emissione di fiato se non deriva dalla conoscenza interiore della Parola primigenia, che si ottiene con l’immane fatica della conoscenza, con il dolore quotidiano della coscienza di ciò che dovrebbe essere e non è.

Ma non dimentichiamo quanto questi concetti possano esser degenerati e strumentalizzati, dalla volgarità truffaldina degli occultisti, con le parole di un antico Fratello delle origini della Massoneria inglese, Elias Ashmole:

“Non è meno assurdo e strano veder come alcuni uomini, non possano fare a meno di annoverare gli autentici magi con i prestigiatori, i negromanti e le streghe… i quali con arroganza violano i confini della magia, a guisa di maiali che irrompessero in un bel giardino… per contraffare e corrompere l’ammirevole sapienza dei maghi, con i quali esiste una differenza grande come quella fra angeli e demoni”.

Dal Teatrum chemicum Britannicum di E. Ashmole.

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